Un fantasma si aggira per i corridoi di Palazzo Chigi. È lo spettro del virus Sars-CoV-2, la cui ombra è improvvisamente tornata dalla Cina a spaventare il governo italiano. La bomba si è innescata negli ultimi giorni, quando la Regione Lombardia, preoccupata dalla crescita dei contagi oltre la Muraglia, ha pensato bene di controllare i passeggeri dei due voli partiti da Pechino e atterrati all’aeroporto di Milano Malpensa il 26 dicembre. Ebbene, nel primo velivolo sono risultati positivi al Covid 35 passeggeri su 92 (il 38 per cento), mentre nel secondo 62 su 120 (il 52 per cento). Risultato: l’Italia è stato il primo Paese in Europa a reintrodurre, attraverso un’ordinanza del ministro della Salute, Orazio Schillaci, l’obbligo di tamponi negli aeroporti per controllare i viaggiatori in arrivo dalla Cina. Siamo di fronte a una risposta sanitaria, necessaria per stroncare sul nascere ogni possibile recrudescenza della pandemia, oppure abbiamo a che fare con una mera mossa politica, volta a rafforzare la posizione di Roma nel blocco occidentale, al fianco degli Stati Uniti e sempre più lontana dal Dragone? La domanda da un milione di dollari è proprio questa. E sorge tanto più spontanea considerando sia l’attuale situazione geopolitica sia quella sanitaria. L’Italia, infatti, non è soltanto il primo Paese dell’Europa a innalzare (fragili) barriere contro lo spauracchio del Covid reintrodotto dalla Cina. Il governo italiano ha fatto capire di voler farsi promotore di una sorta crociata comune, chiedendo a Bruxelles di assumere iniziative simili sull’intero territorio europeo.

Ignorata la situazione Covid, spesso disastrosa, dei Paesi di provenienza dei migranti
I dubbi sollevati dagli esperti sono seri e da prendere in considerazione. L’assunto base è che, poiché in Cina il virus sta circolando come non mai, da quelle parti potrebbe nascere una variante inedita, distante dal ceppo Omicron e, chissà, pure in grado di bypassare la protezione dei vaccini in uso in Occidente. Il punto è che dubbi del genere, se utilizzati come bussola, dovrebbero essere validi sempre e in ogni circostanza, e non solo nell’ambito del picco pandemico cinese. In altre parole, è vero che la Cina ha riaperto le frontiere dopo tre anni di rigidissima Zero Covid Policy (in realtà la data chiave è l’8 gennaio), alleggerendo le norme sui viaggi nel bel mezzo dell’ondata che sta travolgendo il Paese, ma restano tuttavia almeno due aspetti da considerare. Il primo: nel periodo compreso tra il primo gennaio 2022 e il 28 dicembre 2022 sono sbarcati in Italia 102.574 migranti, la maggior parte, quasi 21 mila, di nazionalità dichiarata egiziana. Seguono 18 mila tunisini, 14.583 bengalesi. E poi: siriani, afghani, ivoriani, guineani, pakistani e altri ancora. Tutto ciò, tralasciando ogni discorso di politica migratoria, per dire semplicemente che nel corso degli ultimi mesi sono arrivate in Italia decine di migliaia di persone, provenienti da Paesi dei quali abbiamo ignorato la situazione Covid. Se possibile, visti i disastrati sistemi sanitari ed economici delle nazioni elencate, dei dati di quelle nazioni sapevamo e sappiamo ancor meno rispetto ai numeri, seppur ambigui, trasmessi dalla Cina. Certo, la gran parte dei migranti arrivati in Italia via mare è stata sottoposta al tampone naso-faringeo, e quindi controllato come i passeggeri di Malpensa provenienti dalla Cina, ma, in ogni caso, non sono mai scattati allarmi così dirompenti.

Occhio al messaggio sui vaccini poco efficaci: pane per la propaganda no vax
Allo stesso tempo, nell’ultimo anno sono giunti in Italia migliaia e migliaia di viaggiatori intercontinentali, provenienti anche da zone in cui l’epidemia imperversava fino a pochi mesi prima (pensiamo all’India o anche agli Stati Uniti). C’è poi da considerare un altro aspetto. Se, come più e più volte ripetuto in passato – anche da attuali esponenti dell’esecutivo italiano – le persone vaccinate non devono avere il terrore del contagio, a che pro scatenare una simile isteria (senza, per altro, avere ancora la certezza dell’esistenza di una qualche variante Covid più aggressiva, e dunque potenzialmente pericolosa)? Ovviamente, il vaccino non azzera le possibilità di essere infettati ma, così facendo, Roma rischia di offrire un’enorme cassa di risonanza alle teoria del popolo no vax, in parte già attivatosi sui social per far notare il cortocircuito narrativo adottato dal governo. Spostandosi sul lato geopolitico, invece, è interessante concentrarsi sui Paesi che hanno fin qui imposto controlli o test negativi ai viaggiatori provenienti dalla Cina: oltre agli Stati Uniti, anche India, Giappone, Corea del Sud, Italia, Taiwan, ossia fin qui tutti alleati di ferro di Washington. Last but not least, imporre misure simili potrebbe essere controproducente, a meno di non tracciare ogni singolo viaggiatore proveniente dalla Cina, visto che un passeggero proveniente da Pechino potrebbe tranquillamente fare scalo a Londra, restarci qualche giorno, e poi volare in un Paese terzo. Non a caso Giorgia Meloni durante la conferenza stampa di fine anno ha chiesto una comunione d’intenti europea.