Qualche appunto sulla polemica di Meloni a Bali con la figlia

Lia Celi
17/11/2022

L'ultima cosa per cui si può criticare la premier è di aver portato a Bali sua figlia, una bambina. Anzi, ogni summit dovrebbe averne una come osservatore. Perché è dalle bambine che dipende il nostro futuro. Solo un appunto: Meloni lasci perdere i toni maternalistici.

Qualche appunto sulla polemica di Meloni a Bali con la figlia

Sono ben consapevole di arrivare dopo la classica puzza, ma se la polemicuzza da chat di classe su Meloni che si è fatta accompagnare dalla sua piccola Ginevra al G20 di Bali si è già sgonfiata, a me il nervoso è rimasto. Poter sfogare le proprie paturnie su un newsmagazine non è come poter offrire a un figlio una mini vacanza in Indonesia, ma ognuno ha i privilegi che si è meritato e li usa come può.

Qualche appunto sulla polemica di Meloni a Bali con la figlia
Meloni al G20 di Bali (da Fb).

Perché a ogni vertice mondiale dovrebbe esserci una bambina come osservatore

Sì, nervoso. Perché l’ultima cosa per cui si può criticare la premier, unica giovane donna in un consesso di attempati leader maschi, è di aver portato con sé sua figlia, una bambina. E non solo perché i suoi omologhi maschi si sono fatti scortare in giro per il mondo da familiari, affini e collaterali, ma anche perché, a mio avviso, a ogni vertice ad alto livello dovrebbe esserci una bambina come osservatore. Esiste al mondo di qualcosa di meno considerato delle bambine? C’è una categoria più sfruttata, oppressa, venduta, picchiata, derisa, tenuta nell’ignoranza, quando non soppressa ancora prima di nascere, nei Paesi dov’è permesso l’aborto selettivo? Le bambine patiscono tutti i mali che colpiscono i bambini maschi nei rispettivi Paesi, più quelli strettamente legati all’essere femmina in tre quarti del Pianeta: stupro, schiavitù sessuale, matrimoni precoci, gravidanze non volute, medicina negata o insufficiente. Ma si dà il caso che senza di loro, senza le donne di domani, il mondo il futuro se lo scorda, che si faccia o no la pace in Ucraina, si risolva o meno la crisi dei migranti e si arrivi a una soluzione per il caro-energia o per il riscaldamento globale.

Qualche appunto sulla polemica di Meloni a Bali con la figlia
Andrea Giambruno, compagno di Giorgia Meloni, con Ginevra alla cerimonia del giuramento (Getty Images).

La condizione delle bambine è il vero termometro della civiltà e del progresso

La condizione delle bambine è il vero termometro della civiltà e del progresso, perché se stanno meglio loro stanno meglio tutti, e se stanno meglio tutti stanno meglio loro. Per questo ci vorrebbe una piccola convitata di pietra a tutti i summit internazionali, a tutti i G di qualunque numerazione, per ricordare ai Grandi che se le loro decisioni non avranno ricadute positive per le bambine del mondo, in ultima analisi non sono che transazioni d’affari tra adulti privilegiati, ancora in stragrande maggioranza maschi, di cui beneficeranno soprattutto i loro simili nell’immediato futuro, lasciando una buona fetta dell’umanità a combattere contro la fame e il sottosviluppo, di cui le bambine sono le prime vittime.

Giorgia Meloni e il biglietto della figlia: «Cara mammina, sono felice che hai vinto». La piccola avrebbe lasciato un fogliettino alla leader
Il messaggio di Ginevra alla madre (Facebook).

Il ruolo di madre non comporta solo doveri ma anche intensi piaceri

Ora, non credo proprio che Meloni abbia pensato ad affidare questo ruolo di memento alla sua Ginevra, quando ha deciso di imbarcarla sull’aereo per Bali. Non solo sarebbe stato ingiusto, ma quel tipo di afflato non fa parte della sua cultura. Nel comunicato in cui ha rimbalzato da par suo i fervorini partiti da Repubblica e Stampa – in uno le si ricordava, in tono biblico, che c’è un tempo per lavorare e uno per accudire, nell’altro la si rampognava per non essersi ritagliata tre giorni senza figlia per divertirsi a Bali (con Xi e Biden, tutta vita proprio) – si è limitata a dire che a) come fa la madre sono affari suoi (applausi, neanche Astrosamantha era riuscita a essere così tranchant in una situazione analoga) e che b) ha diritto di fare la premier «senza privare mia figlia di una madre» (e qui gli applausi sono meno fragorosi). Ma solo per quel tono patetico, vorrei dire maternalistico, che sottintende che un lavoro prestigioso e di responsabilità confligga con i doveri di madre. E che nell’essere madre ci siano solo doveri, e non anche molti e intensi piaceri. Sono sicura che Giorgia Meloni ha portato con sé la sua bimba tanto per non privarla della mamma, quanto per non privare se stessa della gioia di averla vicina, dell’orgoglio di poterle offrirle qualcosa di bello, emozionante, speciale e, last but not least, istruttivo. Non del genere «figlia mia, un giorno tutto questo sarà tuo», anche perché, ora come ora, non è un gran augurio, e magari Ginevra non seguirà le orme materne ma si dedicherà alla scienza o all’arte. Ma più tipo: «Guardali, li chiamiamo Grandi ma sono solo dei baccalà in giacca e cravatta che se la tirano. Vado, li sistemo e torno. Poi tu e io ci facciamo un super-bagno in piscina».