Mef, il totonomi per il successore di Franco

Stefano Iannaccone
08/09/2022

A Tremonti piacerebbe ma a Meloni meno. Niente di fatto per Panetta che preferisce rimanere in Bce e poi puntare a Bankitalia. Restano in ballo Grilli e Siniscalco. I possibili candidati al ministero dell'Economia di un futuro governo di centrodestra.

Mef, il totonomi per il successore di Franco

Che in un futuro governo di centrodestra ci possa essere un ritorno al ministero dell’Economia e delle finanze è un fatto più che probabile. Da Domenico Siniscalco a Vittorio Grilli, passando per Giulio Tremonti, i nomi che si rincorrono nei corridoi di palazzo hanno tutti dei trascorsi a via XX Settembre. E quindi hanno i titoli per ambire a sostituire Daniele Franco. La situazione è comunque in divenire, per ovvie ragioni: di mezzo ci sono ancora le elezioni, non proprio un dettaglio.

Mef, il totonomi per il successore di Franco
Giulio Tremonti (da Fb).

Scendono le quotazioni di Tremonti

Da quanto apprende Tag43, però, sono in ribasso le quotazioni di Tremonti al Mef dove ha dettato legge per anni con i governi presieduti da Silvio Berlusconi. Finora, infatti, sembra essere stato più sponsor di se stesso che un vero papabile. In ogni dichiarazione pubblica, il candidato di Fratelli d’Italia discetta della sua visione del mondo, di cosa possa essere utile all’Italia, a cominciare dalla revisione del Pnnr, perché «è stato scritto in un’altra epoca». Così tra un attacco al presidente del Consiglio, Mario Draghi, a cui rinfaccia di non aver tutelato da governatore di Bankitalia il proprio Paese nella crisi del 2011, e una proposta per rilanciare l’economia, Tremonti parla delle proprie ricette con l’auspicio di tornare alla tolda di comando in via XX Settembre. Solo che la leader di Fdi, Giorgia Meloni, non è intenzionata ad assecondare i desiderata tremontiani. E per varie ragioni. Prima di tutto di immagine: sarebbe un ritorno al passato che presterebbe il fianco agli attacchi degli avversari. Già oggi in molti, a sinistra, descrivono Tremonti come il ministro di un governo che ha portato «in bancarotta il Paese». Non proprio il massimo per chi tenta di accreditarsi in Europa, fornendo garanzie sulla tenuta dei conti. C’è poi una valutazione personale: il tributarista di Sondrio ha fama di avere un caratteraccio poco incline al compromesso. Con il rischio di alimentare tensioni in una coalizione che già nasce tra mille divisioni. Insomma, Meloni è convinta di aver già dato una possibilità a Tremonti con la candidatura alle elezioni. Magari può ambire a qualche altra casella governativa, ma non rappresenta certo la prima scelta al Mef.

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Fabio Panetta tra Klaus Regling e Paolo Gentiloni (Getty Images).

Fabio Panetta ringrazia ma declina l’offerta

Il preferito è in realtà Fabio Panetta, attuale componente italiano del direttivo della Banca centrale europea. Per Meloni sarebbe un grande colpo per rassicurare l’Ue, piazzando alla gestione dei conti un profilo così apprezzato nelle istituzioni europee. Il terreno è stato già sondato, Panetta ha manifestato la sua gratitudine per l’offerta, ma ha gentilmente declinato sostenendo di voler continuare la sua esperienza in Bce. Secondo i rumors, tuttavia, le sue mire sono altre e cioè sostituire Ignazio Visco, in scadenza di mandato nel 2023, come governatore della Banca d’Italia. I vertici di Fdi sono vigili, nell’auspicio di un ripensamento. Intanto si sono messi in moto per vagliare altri nomi.

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Vittorio Grilli nel 2013 (Getty Images).

Corsa a due tra Siniscalco e Grilli

Al momento si profila una corsa a due tra Siniscalco, 68 anni, e Grilli, 65 anni, entrambi già ministri. Siniscalco, ex direttore generale del Tesoro, è stato voluto al Mef da Berlusconi nel 2004 al posto – guarda caso – di Tremonti. I suoi rapporti con l’allora presidente del Consiglio non sono mai stati eccezionali. Dopo un anno dalla nomina infatti, rassegnò le dimissioni. Troppo ampie le divergenze sulle politiche economiche da portare avanti. A distanza di 17 anni potrebbe esserci il ritorno dopo nuove esperienze professionali, tra cui quella in Morgan Stanley, e l’idea caldeggiata nel 2018 da più parti di portarlo al Mef con il governo gialloverde. Grilli ha dei punti in comune con Siniscalco, a partire dal fatto di essere stato alla guida dipartimento del Tesoro. Inoltre, pure lui ha vissuto una parentesi da numero uno a Via XX Settembre, nel governo Monti, dal luglio 2012 all’aprile 2013. Inizialmente era il vice del bocconiano che aveva preferito tenere l’interim del ministero. Alla fine del compito nelle istituzioni è andato a Londra, lavorando per Jp Morgan. Le entrature nei poteri che contano sono eccellenti: era molto stimato da Leonardo Del Vecchio che lo avrebbe voluto in Mediobanca.

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Lorenzo Bini Smaghi (Getty Images).

Il centrosinistra punterebbe su Bini Smaghi

Ma il toto-Mef non riguarda solo Meloni, anche il centrosinistra valuta l’idea di mettere sul tavolo qualche nome forte. Nell’ipotesi di vittoria di Enrico Letta, alquanto irrealistica leggendo i sondaggi, la pista più calda porta direttamente a Lorenzo Bini Smaghi, ex componente del comitato esecutivo della Bce, salito alla ribalta della cronaca per l’ostilità di Berlusconi nei suoi confronti durante la crisi del 2011, tanto da averne chiesto le dimissioni. Per questo la prospettiva di un suo approdo al ministero appare remota, se non impossibile: servirebbe l’affermazione elettorale del Pd.