La guerra nel Donbass tra Ucraina e separatisti appoggiati dalla Russia prosegue sottotraccia. Qualche settimana fa le esercitazioni militari russe lungo il confine orientale dell’ex repubblica sovietica e in Crimea, penisola annessa da Mosca nel 2014, avevano fatto pensare in Occidente al primo atto di una possibile escalation. Tanto più che Stati Uniti e Gran Bretagna avevano inviato navi militari verso il Mar Nero.
Il fallimento degli accordi di Minsk
Poi, con la fine delle manovre russe, era tornata la calma. Ma nel Donbass si continua a combattere, le schermaglie sono quotidiane, insieme con i morti: in sette anni di guerra, oltre 13 mila. Gli accordi di Minsk firmati nel 2015 sono rimasti sulla carta e le parti si accusano a vicenda di voler boicottare il processo di pace. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo aver cercato durante i primi anni del suo mandato il compromesso con Mosca, da qualche mese sembra aver cambiato linea, alzando il tiro nei confronti del Cremlino.
L’arresto di Medvedchuk, il miglior alleato di Putin nel Donbass
Esempio del nuovo approccio, è stata la decisione di colpire direttamente il miglior alleato di Vladimir Putin, principale esponente e sponsor dell’opposizione filorussa, forte soprattutto nelle regioni dell’est e del sud del Paese: Victor Medvedchuk. Il politico e oligarca, 66 anni e una lunga carriera alle spalle, è finito agli arresti domiciliari con accusa di alto tradimento e parte dei suoi asset sono stati confiscati. Zelensky ha parlato di un passo decisivo per la de-oligarchizzazione dell’Ucraina, ancora imprigionata nei soliti schemi tra poteri forti e corruzione dilagante. Prendendo di mira Medvedchuk, ha mandato un segnale chiaro sia a tutti gli altri magnati della finanza, che da dietro le quinte tirano le leve della politica e dell’economia sia a Kiev e dintorni, sia a Mosca. La mossa chiama, infatti, in causa direttamente Putin, visto l’ottimo rapporto, anche personale, con Medvedchuk: il presidente russo è il padrino della figlia Daryna, nata nel 2004.
❗ Victor Medvedchuk, Putin’s key Ukraine ally, has been recently charged with treason. Read a recent material prepared by @AtlanticCouncil to see what our editor-in-chief @yermolenko_v has to say about it: https://t.co/s4XQRR43qj pic.twitter.com/qteDJU1PLS
— UkraineWorld (@ukraine_world) May 14, 2021
Il ruolo di Medvedchuk nella rivoluzione arancione
Il braccio di ferro tra Ucraina e Russia passa anche attraverso i simboli e Medvedchuk è uno di questi, visto che sin dai tempi della Rivoluzione arancione (2004) ha incarnato lo stretto legame tra le regioni del sudest ucraino, quelle russofone, storicamente tendenti verso Oriente, e Mosca. È stato prima nemico del presidente filoccidentale Victor Yushchenko e poi molto vicino al suo successore Victor Yanukovich.
Dopo il cambio di regime a Kiev e il colpo di stato, almeno secondo il Cremlino, che ha spostato il baricentro ucraino verso Occidente, Victor Medvedchuck si è preoccupato di ricostruire l’opposizione filorussa nel Donbass e più generalmente nel sudest, costruendo nuove formazioni eredi del Partito delle regioni di Yanukovich. Durante la presidenza di Petro Poroshenko e i primi due anni di Zelensky alla Bankova, la sede del presidente a Kiev, è riuscito a coagulare gli elettori filorussi intorno a un partito, variegato e con tante anime, che nel 2019 alle parlamentari è diventato il secondo a livello nazionale. Con oltre il 13%, solo quello pigliatutto di Zelensky ha fatto meglio. A Est, però, il partito di Medvedchuk e degli altri oligarchi del Donbass è il primo, senza rivali.
Chiuse le televisioni controllate da Medvedchuk
Forse anche per questo il capo di Stato, in difficoltà nei sondaggi e con un governo traballante, ha deciso di colpire direttamente uno dei suoi avversari più agguerriti, facendo chiudere anche le televisioni direttamente e indirettamente da lui controllate. Il sospetto che si tratti però di uno dei classici episodi di giustizia selettiva che fanno parte della storia ucraina degli ultimi vent’anni è molto forte. Ogni presidente, da Yushchenko a Yanukovich e Poroshenko, ha tentato, invano a dire il vero, di silenziare i propri nemici politici attraverso i tribunali, controllati in ultima istanza dalla Bankova. Yanukovich, ad esempio, aveva sbattuto in galera Yulia Tymoshenko, l’eroina della rivoluzione del 2004 che nemmeno l’Unione Europea era riuscita a far liberare.
La storia, insomma, si ripete e difficilmente lo sbandierato processo di de-oligarchizzazione avviato da Zelensky andrà a toccare i mostri sacri del sistema ucraino, da Rinat Akhmetov a Victor Pinchuk, solo per far due nomi storici. Medvedchuk, al contrario, appare il bersaglio perfetto al momento giusto, anche se resta da vedere quali saranno le reazioni del Cremlino, con il quale Zelensky dovrà trovare un accordo proprio sulla sorte dello storico alleato.