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Idea: perché non ci sposiamo?

Mediobanca e Mediolanum stanno pensando alla possibile fusione. La prima ha bisogno di difendersi per non soccombere a Del Vecchio, l’azienda di Doris (e Berlusconi) potrebbe avere in futuro problemi di assetti.

14 Giugno 2021 11:4114 Giugno 2021 12:37 Paolo Madron
prove di fusione Mediobanca Mediolanum

Come dicono in questi casi gli esperti, sulla carta fa senso. Nella fattispecie, visto che stiamo parlando di matrimoni tra aziende, l’unione che fa senso (ma visto che l’espressione ha anche una connotazione negativa, meglio dire che ha un suo perché) è quella tra Mediolanum e Mediobanca. Se ne sta parlando in questi giorni nelle segrete stanze, ma che poi si faccia è da vedere. Naturalmente, come di prammatica, i protagonisti smentiscono. Certo è che, tra tanti matrimoni scombiccherati, questo avrebbe le carte in regola per far felici i contraenti.

Mediobanca è da tempo sotto attacco di Del Vecchio

Che sono, in ordine rigorosamente alfabetico, Massimo Doris, figlio di Ennio, quello del bastone, del cerchio e della banca intorno a te, ora amministratore delegato di Mediolanum. E Alberto Nagel, figlio della tradizione di piazzetta Cuccia, dove mise piede un secolo fa, era il 2 aprile del 1991, e lì ha percorso tutta la scala gerarchica fino a diventarne nell’ottobre del 2008 il numero uno. Un vecchio insomma, anche se anagraficamente vecchio non è, poiché il da sempre brizzolato Alberto ha compiuto la scorsa settimana 56 anni. Due più di Doris, che il compleanno l’ha fatto mercoledì 9 giugno. Visto che la congiunzione astrale è la stessa, si direbbe che i due siano nati per stare insieme. Gemelli, se pur diversi.

prove di fusione mediobanca e mediolanum in funzione anti Del Vecchio
Il patron Luxottica, Leonardo Del Vecchio (Getty Images).

La linea del Piave per difendere le Assicurazioni Generali

Ma cos’è che, zodiaco a parte, li spingerebbe all’unione? Bè, il fatto che ciascuno nel suo ha qualche problema. Quello di Nagel si chiama Leonardo Del Vecchio, arrivato come un treno in corsa a turbare i delicati equilibri che reggono la complessa architettura di Mediobanca, di cui in men che non si dica è diventato primo azionista. Si racconta nel quadrilatero della finanza milanese, che quadrilatero non è più visto che gli sviluppi urbanistici della Milano verticale hanno delocalizzato anche il potere, che il patron di Luxottica si sia piccato per il rifiuto opposto ai suoi piani di conquista dello Ieo, l’istituto oncologico fondato da Umberto Veronesi a cui Enrico Cuccia teneva quasi più che alle Generali. Sta di fatto che da allora Del Vecchio ci ha preso gusto: ha investito una montagna di soldi sulla più blasonata delle nostre banche d’affari, ha chiesto e ottenuto dalla Bce di poter salire fino al 20 per cento del suo capitale. Come è noto, la partita è di quelle che da sole cambiano la configurazione di un sistema: Mediobanca è la linea del Piave che difende le Assicurazioni Generali. Se cade la prima cade anche la seconda. Questione di vita o di morte insomma. Del Vecchio, nonostante l’età (ha appena compiuto 86 anni), è mosso da giovanile baldanza. Ma deve fare i conti con Nagel, che è un campione assoluto di resilienza. Poi magari spiegheremo perché.

Massimo Doris deve pensare ai futuri assetti di Mediolanum

Intanto cambiamo scena, e andiamo a Basiglio, dove nella berlusconiana Milano Tre (non è lontano da Rozzano e dallo Ieo della discordia) storicamente Banca Mediolanum ha la sua sede. Lì quali sono i problemi che angustiano il capoazienda? Doris ne ha uno contingente: il cognato, Oscar di Montigny (ha sposato la sorella Sara con la quale ha prolificamente figliato), è un papabile del centrodestra nella corsa a fare il sindaco di Milano. Ora che Mediolanum finisca giocoforza sui giornali visto che di Montigny è un suo manager, una specie di capo delle relazioni esterne, non piace proprio a Massimo. Ha paura che in sedicesimo possa tornare lo spettro del conflitto di interessi che ha pesato come un macigno sull’impero dell’amico, nonché suo socio, Silvio Berlusconi.

prove di fusione medibanca mediolanum
Ennio Doris, fondatore di Banca Mediolanum (Getty Images).

La prossima inevitabile uscita di scena di Ennio Doris e Silvio Berlusconi

Ma questo è il meno. Il più viene guardando avanti. Il padre Ennio sta per compiere 81 anni, il Cavaliere suo grande sodale (si incontrarono da giovani a Portofino e lì scoccò la scintilla degli affari) è alla soglia degli 85. Entrambi non hanno proprio una salute di ferro. Massimo, che è uno accorto, ha capito che è il caso di pensare al futuro. Insieme, la sua famiglia e la Fininvest, controllano il 70 per cento della Banca. Ma quel patto di sindacato che fino al 2019 le teneva unite ora non c’è più. Metti che un giorno i figli di Berlusconi decidano di vendere tutto? Metti che all’interno della famiglia Doris i numerosi nipoti non vadano d’accordo? Di qui l’idea di sedersi con Nagel intorno a un tavolo. Mediolanum, tra l’altro, già possiede una quota del 3 e passa per cento di piazzetta Cuccia. Fininvest invece la sua l’ha appena venduta a Unicredit, che l’ha subito girata a Del Vecchio. Altro segnale che i barbari sono alle porte.

Con la fusione Mediolanum diventerebbe il primo azionista di Mediobanca

Le due grandezze, poi, suggeriscono che potrebbe trattarsi di un matrimonio senza eccessivi scompensi. Mediobanca capitalizza in borsa 8,7 miliardi. Mediolanum più di 6. Se si va come è scontato a carta contro carta, gli azionisti della prima verrebbero diluiti di circa la metà, compreso l’arcinemico Del Vecchio che si vedrebbe retrocesso a un 7 per cento. Dall’altra parte, Mediolanum diventerebbe il primo singolo socio di piazzetta Cuccia. Sinergie oltre ai numeri e alle percentuali? Interpellato in proposito, un analista che vuol restare anonimo parla di grandi opportunità, specie per quel che riguarda la rete di vendita nel mondo dell’High Net Worth Individual, che tradotto nel linguaggio del marmista di Velletri (che ha di recente  sostituito la casalinga di Voghera) sono coloro che hanno molti soldi da investire. Si tratterebbe quindi di una fusione insieme difensiva ed espansiva. Nagel ha capito che la sua proverbiale resilienza (forte dei risultati è sopravvissuto a Geronzi, Bolloré e mille altri cambiamenti) stavolta non basterà da sola a salvargli la poltrona. Doris che è meglio essere vescovo di una diocesi più grande che monsignore nella parrocchia di Basiglio. Se sono rose, magari senza troppe spine, fioriranno.

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