«Collabora con i secessionisti», Medici senza frontiere lascia il Camerun
Accusata di essere complice dei separatisti, dopo l'arresto di cinque dottori, Medici senza frontiere è stata costretta a lasciare il Camerun. L'organizzazione non riprenderà l'attività finché non verranno rilasciati i colleghi detenuti dalle autorità locali.
Accusata da mesi di prendere le parti dei secessionisti nella guerra civile che, da anni, si combatte nell’area sud-occidentale del Camerun, l’ong internazionale Medici Senza Frontiere è stata costretta a sospendere le sue attività e reclamare ancora una volta il rilascio di quattro medici del suo staff arrestati tra dicembre e gennaio nei pressi di un checkpoint, mentre soccorrevano un paziente con gravi ferite da arma da fuoco.
A tre mesi dall’arresto di 4 membri del nostro staff per lo svolgimento delle loro attività mediche, sospendiamo le attività nel Sud Ovest del #Camerun e chiediamo il rilascio immediato dei colleghi detenuti ingiustamente. https://t.co/rJ5AD6av3p https://t.co/iHPEnMk6PL
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) April 6, 2022
Una decisione complicata per reclamare il rilascio dei propri medici
Il provvedimento, annunciato martedì 5 aprile, coinvolgerà le regioni anglofone a ovest del Paese, luoghi dove i separatisti combattono da tempo contro lo Stato per la conquista dell’indipendenza. Non si tratta di una prima volta: la onlus, infatti, già nel 2020, era stata costretta ad adottare la stessa misura nella zona nord-occidentale. «Ci troviamo in una posizione davvero difficile: da un lato il nostro intervento è assolutamente necessario, dall’altro, invece, chi fornisce assistenza medica rischia di essere perseguitato solo perché colpevole di fare il proprio lavoro», ha spiegato al Guardian Sylvain Groulx, responsabile di MSF per l’Africa centrale.

I dottori che, ormai da cinque mesi, si trovano in carcere, non avrebbero compiuto alcuna violazione. Spiegano che nel trasferire il soggetto soccorso avrebbero seguito con attenzione tutte le procedure. Questo, però, pare non essere bastato e, trascinati in centrale dalla gendarmeria, sono stati posti sotto custodia cautelare e indagati con l’accusa di aver collaborato con i separatisti.

Medici senza frontiere via dal Camerun: quali solo le conseguenze per i civili?
La decisione finirà, inevitabilmente, per avere gravi ripercussioni sui cittadini. Nel corso dei combattimenti, gli sfollati hanno toccato quota 500 mila e, negli ultimi mesi, sono diventati sempre più frequenti gli attacchi alle scuole e alle strutture sanitarie che, tra le restrizioni imposte dalle milizie e la scarsità di mezzi a disposizione, si sono ritrovate a dover potenziare le operazioni di soccorso. E non finisce qui. La regione sud-occidentale, infatti, sta facendo i conti anche con una drammatica epidemia di colera che, solo nella scorsa settimana, ha registrato 100 nuovi casi. Uno scenario che ha visto MSF in prima linea nel coordinamento e nella gestione degli interventi che, almeno per il momento, non riprenderanno fino alla scarcerazione degli operatori.

A nulla pare siano serviti i confronti con le autorità e i tentativi di salvataggio messi in atto: la faccenda è ancora in progress e, al momento, lontana da una soluzione utile. «Per garantire l’accesso alle cure e agli aiuti umanitari in condizioni di sicurezza per il nostro team e per i pazienti, in Camerun come in qualsiasi altro posto al mondo, siamo obbligati a tenere i contatti con tutti gli attori coinvolti, tanto quelli statali che quelli non statali», ha concluso Groulx, «ecco perché questo modus operandi non può essere in alcun modo visto come mancanza di imparzialità o simbolo di collusione con le parti coinvolte nelle violenze perpetrate nelle zone anglofone».