Elezioni, Renzi rischia di correre da solo: dal Pd a Calenda nessuno lo vuole imbarcare

Stefano Iannaccone
27/07/2022

Il Pd non vuole imbarcarlo. L'amico Calenda temporeggia. Rimasto solo Renzi, autore del 'conticidio' e del capolavoro Draghi, rischia di non entrare nemmeno in parlamento. La parabola dell'aspirante Macron di Rignano.

Elezioni, Renzi rischia di correre da solo: dal Pd a Calenda nessuno lo vuole imbarcare

Comunque la si veda, è stato l’uomo che ha mosso il destino della legislatura. Tranne quando è arrivata la crisi definitiva, che ha portato allo scioglimento delle Camere. Eppure Matteo Renzi, nonostante il ruolo indiscusso di kingmaker, rischia di non mettere nemmeno piede nel nuovo Parlamento. La sua eccessiva centralità non ha giovato a consolidare i rapporti con gli altri leader. Troppe trame ordite a fari spenti, quasi una conferma della sua imprevedibilità. Che in politica è una dote, e può tramutarsi in un difetto. Specie per chi si chiama Matteo Renzi.

Le manovre dalla caduta dei gialloverdi alla nascita del Conte bis

Insomma, ha fatto tutto e il contrario di tutto, dimostrando una fiuto politico raro. Una dote spaventosa, soprattutto per chi deve averci a che fare. Il suo ruolo era chiaro già nel 2018, quando con il “niet” all’alleanza con il Movimento 5 stelle, spalancò la strada alla stagione dei “pop corn”, ossia a osservare, divertito, l’azione del governo gialloverde di Giuseppe Conte. Azzoppando, di fatto, subito il suo erede alla guida del Pd, Maurizio Martina. Il vero leader era ancora lui, Renzi, seppur dimissionario. Sembrava una mossa suicida, che lo avrebbe relegato ai margini. Macché. L’ex Rottamatore avrà tanti difetti, ma non pecca in fantasia: ha saputo quindi riprendersi la scena con un colpo a sorpresa nell’estate del Papeete. Mentre Matteo Salvini provocava la crisi, tra un sorso di mojito e un ballo in spiaggia, Renzi negli uffici del Senato meditava la mossa del cavallo, attuata con il beneplacito dato alla nascita Conte bis. E la benedizione all’alleanza con i nemici di sempre del M5s. Un’inversione a U rispetto a poco più di un anno prima. Il modo perfetto per abbattere le ambizioni dell’altro Matteo, che già si immaginava a Palazzo Chigi con i «pieni poteri» che aveva invocato al termine di un comizio.

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Carlo Calenda (da Fb).

Il conticidio e il “capolavoro” di Mario Draghi a Palazzo Chigi

Il senatore di Rignano, nel frattempo diventato leader della neonata Italia viva, ha avuto l’occasione di divertirsi, attirando su di sé la luce della ribalta, tenendo sulle spine gli alleati, sia Pd che 5 stelle. Nell’auspicio di dare spinta al suo progetto politico, immaginandosi il Macron italiano. Per questo all’inizio del 2020 stava preparando il benservito a Conte, che aveva digerito l’estate precedente giusto per garantire che la legislatura proseguisse per oliare la macchina del suo nuovo partito. Il nodo era la Giustizia, la riforma Bonafede per l’esattezza. Poi c’è stata la pandemia e il progetto renziano ha trovato la sua realizzazione solo tra dicembre 2020 e gennaio 2021. Quello che i fan di Conte chiamano il “conticidio”, per intendersi, ma per Renzi è stato un capolavoro: azzerare tutto il sistema di alleanza e portare il Migliore, Mario Draghi, a Palazzo Chigi. Ancora una volta l’occhio era rivolto ai sondaggi, sperando in un balzo che non è mai arrivato.

Elezioni, Renzi rischia di correre da solo: dal Pd a Calenda nessuno lo vuole imbarcare
Enrico Letta (da Fb).

Il Pd lo snobba, Calenda temporeggia

Così, dopo aver raggiunto l’apice della centralità politica, l’ex presidente del Consiglio è entrato in una fase interlocutoria: sul Quirinale non è stato il protagonista assoluto, Luigi Di Maio è stato più decisivo di lui. E nulla ha potuto nemmeno con la crisi innescata dai 5 stelle colta subito dal centrodestra per far cadere l’esecutivo di unità nazionale. La fantasia non è bastata di fronte ai numeri. E ora? Al di fuori dei giochi parlamentari, dei ribaltamenti di situazione, Renzi appare un tantino smarrito. Perché serve il consenso che si è prosciugato negli anni. E per rientrare nelle Camere si scrutano l’orizzonte delle alleanze. Ma il Partito democratico di Enrico Letta non è intenzionato a imbarcarselo, «ha i consensi in negativo, toglie voti non ne porta», sussurrano negli ambienti dem. Carlo Calenda dialoga, cerca di capire le intenzioni, un po’ ha la tentazione di cercare questa pazza esperienza di un’alleanza «degli antipatici». Ma deve far bene i conti per non dilapidare quanto costruito con la sua Azione in questi mesi, visti i sondaggi positivi. Quindi Renzi balla da solo in questa estate, provando a realizzare un altro colpaccio. Non tanto per modificare gli equilibri in Parlamento, ma per scavalcare quel muro del 3 per cento, la soglia elettorale che lui fece fissare al suo fedelissimo, Ettore Rosato. Il padre del Rosatellum. Oppure strappare un’intesa per entrare in coalizione con qualcuno all’ultimo minuto. Non proprio una parabola macroniana, insomma.

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