Una Giorgia per amica, da corteggiare, e un Partito democratico da affossare, come l’avversario principale. Nemmeno il tempo di formare il nuovo governo e la strategia del Terzo polo, spinta con vigore da Matteo Renzi, è stata definita: ampia disponibilità al dialogo con la prossima maggioranza, con toni molto benevoli verso Giorgia Meloni, e bastonate alla principale forza di opposizione. Il leader di Italia viva, dunque, ha rotto il sostanziale silenzio che ha caratterizzato gran parte della sua campagna elettorale, mettendosi in scia alle posizioni del leader dell’alleanza, Carlo Calenda, che aveva tracciato la rotta di un’opposizione pronta a votare vari provvedimenti condivisi. A cominciare dal nucleare. C’è stata la chiara apertura al confronto sulle riforme istituzionali: «Un dovere partecipare al tavolo», è la posizione assunta subito dopo il voto. Ma non è solo un approccio di cortesia, visto che la porta è stata aperta, in concreto, sull’eventuale elezione diretta del presidente del Consiglio. Con la realizzazione della famosa formula del sindaco d’Italia, tanto cara a Renzi. Mentre gli altri partiti di centrodestra, come Lega e Forza Italia, frenano sulla riscrittura della Costituzione, i centristi si mostrano interessati.

La volontà di aggredire politicamente il Pd, per annientarlo
E la questione non attiene solo alle riforme. Di recente il fondatore di Iv ha fatto un passo in avanti, auspicando una veloce formazione del governo a guida Meloni, ribadendo che «se farà cose giuste, saremo con lei», allontanando ancora una volta l’aura di estremista: «Non ci sono fascisti alle porte». Parole che da il Giornale, per ovvi motivi molto vicino alla maggioranza, sono state colte come «un segnale di apertura», che va oltre l’iniziale fair play di una legislatura. Così se il Terzo polo ha assunto una postura non proprio critica nei confronti del centrodestra, mostrando il volto buono, d’altra parte c’è la volontà di aggredire politicamente il Pd, per arrivare al suo annientamento. Spazzando via l’ipotesi di renderlo un interlocutore, visto che saranno condivisi i banchi parlamentari dell’opposizione. La strategia della cannibalizzazione mette d’accordo i due leader terzopolisti, Calenda e Renzi. «Dopo la concorrenza a Forza Italia, ora tocca al Pd», ammette una fonte a Tag43. Quindi da un lato è pronto a partire il corteggiamento della classe dirigente, cercando di ingrossare i numeri parlamentari e realizzare con i dem operazioni simili a quelle che hanno portato Mariastella Gelmini e Mara Carfagna (più tanti altri) all’interno di Azione. «Se la segreteria del Pd dovesse andare a Elly Schlein, mezzo Partito democratico verrebbe da noi», ha avvisato Renzi, spalmando metaforicamente le braccia per accogliere gli amici di un tempo.

Pressing per portare con i centristi Marcucci, Lotti e altri delusi
Uno dei profili è quello di Andrea Marcucci, ex capogruppo al Senato che non è stato eletto dopo la sconfitta nell’uninominale di Livorno, Pisa e Viareggio. Al momento non ci sono segnali in questo senso: Marcucci è intenzionato a restare nel Pd, così come i tanti ex renziani delusi, basti pensare a Luca Lotti, non ricandidato da Enrico Letta. Ma il pressing si farebbe più intenso di fronte al prolungamento dell’impasse nel principale soggetto di opposizione o comunque di uno spostamento a sinistra della linea politica. E soprattutto il progetto terzopolista è quello di svuotare il Pd da un punto di vista elettorale, al netto delle fuoriuscite, approfittando della crisi di identità che sta attraversando i dem con il conseguente vuoto di potere, dato che Letta è di fatto un segretario a tempo. Attende solo la celebrazione del congresso per salutare la comitiva. Secondo l’analisi renziana bisogna fare presto, magari assestando un altro duro colpo già alle Regionali del 2023 (si voterà nel Lazio e in Lombardia), per evitare che ci possa essere una riorganizzazione. «Non dimentichiamo», osservano all’interno di Italia viva, «che la nostra ragione sociale è quella di prenderci lo spazio politico del Pd. Non è un mistero che puntiamo a renderlo come i socialisti francesi». Uno spauracchio che agita i sonni dei dirigenti del Pd: il sostanziale dissolvimento elettorale dello storico partito del centrosinistra, proprio come avvenuto Oltralpe a favore di altre forze politiche. Dalle parti del Pd, peraltro, c’è la consapevolezza della strategia del Terzo polo, come ha chiaramente detto il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci: «Renzi sogna la distruzione del Pd».
