Continua l’appuntamento settimanale di Nove con il ciclo di docufilm dedicati al crimine italiano. Questa sera, sabato 30 ottobre 2021, alle 21.25, andrà in onda Matteo Messina Denaro – Il Superlatitante, uno speciale tutto dedicato alla figura del boss mafioso, considerato erede di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Tra i dieci criminali più ricercati al mondo, protagonista di alcune delle stragi più terribili d’Italia e riconosciuto come uno dei mandanti degli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (per i quali è stato condannato all’ergastolo), nessuno ha idea di dove si trovi e di che volto abbia oggi. Da anni, infatti, forze dell’ordine, procure e servizi segreti provano a stanarlo a partire da un identikit realizzato al computer. L’inchiesta dei giornalisti Nello Trocchia e Giovanni Tizian prova a ricostruire le sue origini, la sua latitanza e la rete di potere e imprenditoria che, oggi, lo finanzia e lo protegge.
Da un’inchiesta di Domani condotta da @GiovanniTizian e @Nellotro arriva in tv il documentario 'Matteo Messina Denaro – Il Superlatitante' con la narrazione di Nello Trocchia.
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Matteo Messina Denaro – Il Superlatitante: le cose da sapere sul documentario in onda stasera su Nove alle 21.25
Matteo Messina Denaro – Il Superlatitante: chi è Matteo Messina Denaro
‘U Siccu, Diabolik, Alessio e Matteo Cracolici. Questi sono solo alcuni dei soprannomi e degli pseudonimi con cui si è firmato Matteo Messina Denaro, nato a Castelvetrano nel 1962. Figlio di Francesco Messina Denaro, noto a tutti come Don Ciccio, è stato il capo del mandamento di Castelvetrano (subito dopo il padre) a partire dagli Anni ’80 e il rappresentante indiscusso della mafia nell’ex provincia di Trapani, fino a diventare uno dei boss più potenti di tutta Cosa Nostra, esercitando il suo potere anche nelle zone di Agrigento e, poi, Palermo. Secondo alcuni, dopo la morte di Riina, sarebbe stato eletto capo assoluto della cosca. Secondo altri, invece, Messina Denaro, al momento, si limiterebbe a gestire la propria latitanza, formalmente col solo ruolo di referente mafioso dell’area trapanese ma senza una partecipazione attiva alle dinamiche di Cosa Nostra. Sono stati diversi i delitti e le stragi in cui si è trovato coinvolto: nel 1991 fu tra i responsabili dell’assassinio di Nicola Consales, proprietario di un albergo a Triscina; un anno dopo, di quello di Vincenzo Milazzo, capo della cosca di Alcamo, freddato perché dimostratosi insofferente all’autorità di Riina, e della compagna Antonella Bonomo, incinta di tre mesi e strangolata qualche giorno dopo la morte del compagno. Ma non è tutto. Fu tra gli organizzatori delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, tra maggio e luglio del 1992, in cui persero la vita Falcone e Borsellino e, nel novembre del 1993, partecipò anche al sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, attuato per costringere il padre Santino a ritrattare le sue dichiarazioni su Capaci. Dopo oltre 700 giorni di prigionia, il bambino venne ucciso e sciolto nell’acido. Dopo l’arresto di Riina, il castelvetranese fu favorevole alla continuazione degli attentati dinamitardi, assieme ai boss Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Mise, dunque, a disposizione un suo uomo, Antonio Scarano, per fornire supporto al gruppo di fuoco palermitano che colpì Roma, Milano e Firenze, provocando dieci morti e 106 feriti, oltre a danni gravi al patrimonio artistico delle città.
Matteo Messina Denaro – Il Superlatitante: le tappe della latitanza
La sua latitanza è iniziata più di 27 anni fa, nell’estate del 1993, durante il biennio di sangue degli attentati dinamitardi. Durante una vacanza a Forte dei Marmi coi fratelli, si rese irreperibile e, da quel momento in poi, sparì nel nulla. Da subito venne emesso contro di lui un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, furto, detenzione e porto di materiale esplosivo, ma è stato tra il 1994 e il 1996, a seguito della testimonianza del collaboratore di giustizia Pietro Scavuzzo e dell’avvio dell’operazione Omega, che si è compreso il suo vero ruolo in Cosa Nostra. Scoperta che lo ha portato a una condanna all’ergastolo. Sono state diverse le volte in cui gli inquirenti hanno pensato di essere vicini alla cattura ma Messina Denaro è sempre riuscito a sfuggire, grazie a un network di protettori che si pensa possa comprendere anche uomini vicini ai servizi segreti. Mentre di lui si continua a non avere traccia, negli anni sono stati diversi i familiari e i fedelissimi finiti dietro le sbarre. Tra questi, il più noto è forse l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, arrestato nel 2004. Vaccarino riuscì a creare un contatto col latitante tramite pizzini (nei biglietti il boss si firmava Alessio) ma la comunicazione si interruppe con l’arresto di Provenzano. Tra il 2009 e il 2010, più di una trentina tra mafiosi e imprenditori trapanesi furono arrestati per averlo protetto, avergli fornito documenti falsi e aver gestito per suo conto estorsioni, incendi dolosi e spaccio di stupefacenti. Nel 2015, si diffusero voci di avvistamenti, mai confermati, tra la Germania e Castelvetrano. Si parlava di presunti problemi di salute e interventi di chirurgia plastica al volto e ai polpastrelli per non farsi riconoscere. Negli ultimi 3 anni, gli arresti dei fiancheggiatori hanno portato a Roma, a Milano, persino negli Stati Uniti ma mai direttamente al suo covo, che rimane ancora avvolto nell’ombra.