Emancipazione, libertà e rinascita. La rivoluzione guidata dalla stilista inglese Mary Quant negli Anni ’60 ha sconvolto i codici della moda. La regista Sadie Frost ha deciso di celebrarla con un documentario, Quant, nei cinema britannici a partire dal 29 ottobre. Un viaggio entusiasmante attraverso le tappe di un’ascesa che, dalla prima boutique a Chelsea, l’ha portata a diventare un’icona di stile senza tempo. E a sdoganare tendenze che, negli anni, si sono trasformate in veri e propri pilastri del fashion system. Dalla minigonna ai primi outfit gender fluid, passando per il mascara waterproof e le tasche. Un’eredità che continua a ispirare le collezioni del fast fashion e dell’haute couture.
Mary Quant e la minigonna, simbolo di una donna ottimista e ribelle
Mary Quant è nota soprattutto per aver creato la minigonna. Un capo che voleva essere un manifesto. E così è stato. Colorata e audace, portava con sé lo spirito di un’epoca affamata di novità e leggerezza e popolata di giovani ragazze decise a ribellarsi contro una società che le voleva identiche alle loro madri. «Ha dato il via a un percorso di rinascita, dando alle persone il coraggio di combattere per rimanere fedeli a loro stesse e ai loro ideali», ha spiegato al Guardian Jenny Lister, curatrice d’arte del Victoria and Albert Museum. Tra corsi e ricorsi storici, la gonna corta è rimasta una grande protagonista delle passerelle, portando con sé tutto il background di valori che l’ha consacrata a must del guardaroba femminile. Come dimostrato dalle recenti sfilate della settimana della moda di Parigi, da quella curata da Maria Grazia Chiuri per Dior fino a quella di Pieter Mulier per Alaïa.
Mary Quant e l’invenzione del casual-chic da lavoro
«I vestiti incarnano l’immagine di quel che vogliamo diventare». Quando le donne iniziarono a lavorare e a pianificare il proprio percorso professionale non avevano idea di come vestirsi. Ed ecco che arrivò a salvarle Quant, con una gamma di soluzioni a metà tra lo chic e il casual. «È stata la prima a pensare a indumenti da poter indossare per prendere l’autobus o per raggiungere il posto di lavoro a piedi», ha sottolineato la retail manager Jane Shepherdson. «Ha fatto sì che lo stile diventasse malleabile e flessibile. Le sue creazioni hanno permesso alle clienti di svegliarsi al mattino e andare ovunque volessero, senza preoccupazioni».
Quando i collant diventarono mainstream
Forse in pochi sanno che fu proprio la couturier britannica a rendere mainstream i collant, mettendo un punto all’egemonia delle fastidiose calze autoreggenti. Perfetti da indossare sotto gonne e vestiti e ideali per sdrammatizzare i look troppo seriosi, ne creò una collezione che andò a ruba, con modelli multicolore. Il loro appeal non si è mai affievolito. Anzi: guardando alle vetrine, tra modelli impreziositi da diamanti e il ritorno delle tinte pastello, sembra proprio non abbiano intenzione di sparire dai radar.
Quant e la rivincita delle tasche
Per quanto siano ancora molto sottovalutate, le tasche rimangono un salvavita. Lo aveva capito molto bene Quant che, anticipando molti stilisti, ha dato a questo dettaglio così poco considerato l’importanza che meritava. Ergendolo a emblema di modernità e elogiandone la praticità. Grazie a lei, infatti, le ragazze che andavano a ballare o uscivano con le amiche facevano a meno della borsetta.
Quant e la folgorazione per l’athleisure
La pandemia ha consolidato l’abitudine di indossare la tuta anche al di fuori delle quattro mura di casa. Senza il tocco di Quant, probabilmente, tutto questo non sarebbe successo e felpe e pantaloncini da corsa sarebbero rimasti prerogativa degli atleti. Durante un viaggio negli Stati Uniti, rimase affascinata dalla filosofia dell’athleisure, che puntava a rendere indossabili, in contesti formali, capi originariamente destinati solo ed esclusivamente alle attività sportive. Un’idea che convertì in una serie di pagliaccetti da adulto, raffinati ibridi tra un vestito lungo e una tuta da ginnastica.

Il look genderless, dai Sixties alla Gen Z
Il gender fluid non è una moda di oggi. Da trendsetter quale era, la stilista ha anticipato i brand che, oggi, riempiono le relle di giacche da donna dal taglio maschile ed eleganti gonne da uomo. Ridisegnando blazer oversize e i classici maglioni in lana da cricket, ha dato forma al desiderio di proporre soluzioni che valicassero le etichette di genere. Modelli che continuano a far innamorare le fashion victim della Generazione Z, sempre pronte a farne razzia su Depop.
Addio tacchi alti
Le londinesi degli Anni 60 lavoravano tutto il giorno e si divertivano tutta la notte. Non potevano, quindi, che indossare scarpe basse. Quant le trasformò da accessorio demodé a must have. Lavorare, passeggiare e ballare nella Swinging London fu tutta un’altra cosa.

Il maglione diventa glamour
Quest’autunno il maglione a coste è davvero ovunque. Ma la sua prima apparizione la fece proprio negli Anni 60. Nella sua biografia, Quant descrisse il momento in cui indossò per la prima volta quello di un bambino di otto anni, rimanendone rapita. Da lì a poco, sarebbe diventato un elemento imprescindibile nei suoi abbinamenti. Soprattutto in coppia con gli scamiciati a fantasia.
Miracolo waterproof
Allo sconvolgimento delle abitudini nell’abbigliamento doveva corrispondere anche una spinta innovativa nel make up. Per questo motivo, Quant decise di lanciare anche una linea di cosmetici, tra cui un nuovissimo mascara waterproof. Adolescenti e ventenni si innamorarono di quel prodotto miracoloso che permetteva loro di commuoversi o ridere fino alle lacrime e mantenere un trucco impeccabile.