Streep-tease

Redazione
05/11/2021

Nonostante la tregua raggiunta al Consiglio federale, la "mozione Bud Spencer" non si impone. L'ultimo a dire la sua è Roberto Maroni che dà ragione a Giorgetti: la Lega dovrebbe aderire al Ppe. La mappa dei governisti-Meryl del Carroccio.

Streep-tease

Sovranisti contro governisti-europeisti, giorgettiani contro salviniani o, se si preferisce, Bud Spencer contro Meryl Streep. Nonostante la tregua (apparente) raggiunta al Consiglio federale, dove il segretario ha riportato l’ordine e le gerarchie, le divergenze nella Lega continuano a serpeggiare, soprattutto per quanto riguarda la collocazione del Carroccio in Europa.  Per il momento Giancarlo Giorgetti, dopo aver derubricato l’intervista a Bruno Vespa a “incidente”, ha ribadito la sua piena fiducia nel segretario. Niente spaccature insomma, almeno fino all’assemblea programmatica fissata per l’11 e 12 dicembre.

Maroni è per l’avvicinamento della Lega al Ppe, Salvini fa muro

Se tra i sostenitori della mozione Bud Spencer c’è Claudio Borghi, l’ultimo ad aderire ufficialmente alla corrente Meryl Streep è stato Roberto Maroni: «È un’attrice che apprezzo molto», ha detto l’ex presidente di Regione Lombardia a Repubblica, spiegando perché la Lega farebbe bene ad aderire al Ppe. «Converrebbe anche a Salvini che potrebbe prendere il posto di Silvio Berlusconi», è il ragionamento di Maroni. «Diventare così il leader di un centrodestra moderato in Italia in grado di dialogare con le forze di centro che non hanno tanta forza. Lasciando a Giorgia Meloni il ruolo della destra». Un consiglio che per il momento è destinato a restare inascoltato visto che al Consiglio federale il segretario sulla questione è stato tranchant: «Il Ppe non è mai stato così debole, è impensabile entrare nel Partito popolare anche perché è subalterno alla sinistra. E noi siamo alternativi alla sinistra». Il piano europeo di Salvini è chiaro: abbandonare Identità e democrazia (dove siede anche l’estrema destra di AfD) e creare un nuovo gruppo con l’ungherese Fidesz di Viktor Orban e il polacco Pis di Mateusz Morawiecki, leader con cui Salvini si è sentito in videoconferenza un paio di giorni fa.

Maroni: «Salvini ascolta troppo gli yes man di cui si circonda»

Un progetto che Maroni, la cui collaborazione con la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha provocato qualche mal di pancia nel Carroccio, boccia. Scegliendo i sovranisti, fa notare l’ex ministro dell’Interno, si rischia l’isolamento. Ma, aggiunge, «la Lega è l’ultimo partito leninista ed è vero che la linea la decide il segretario, è giusto che sia così. Chi non è d’accordo dovrebbe andarsene». Condizionale d’obbligo, perché alla fine, secondo Maroni, «Giorgetti resterà dentro la Lega anche se controvoglia. Se ci sarà un braccio di ferro alla fine cederà. Non penso che si dimetterà da ministro. Salvini proporrà un accordo che lo rafforzerà come segretario e Giorgetti se ne farà una ragione». Insomma la corrente Bud Spencer avrà la meglio. Se non altro perché, nonostante il calo nei sondaggi, sarebbe difficile sfiduciare dall’oggi al domani un segretario che ha preso in mano un partito al 4 per cento portandolo al 34 per cento delle Europee del 2019 e che ora veleggia intorno al 19. Il fatto è che Salvini, a differenza di Bossi, dà «troppo poco ascolto a quelli che non la pensano come lui. Ascolta solo gli yes man di cui si circonda», fa notare Maroni. Meglio farebbe a ricominciare ad ascoltare «le sezioni, gli imprenditori, la gente. E quelli come Giorgetti che lo criticano, ma sanno fare politica».

L’ala giorgettiana: dai ministri Garavaglia e Stefani ai governatori Zaia e Fedriga

Il titolare del Mise può contare su una truppa abbastanza nutrita. Dell’area governista, infatti, fanno parte il ministro al Turismo Massimo Garavaglia, la ministra alle Disabilità Erika Stefani, la sottosegretaria alla Transizione ecologica Vannia Gava e quella al Lavoro Tiziana Nisini e il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni considerato vicino a Giorgetti. Se da Roma si passa in Lombardia, al Pirellone siedono il fedelissimo di Giorgetti Guido Guidesi, assessore per lo Sviluppo economico, Davide Caparini, assessore al Bilancio e Massimo Sertori assessore agli Enti locali. Infine il presidente della commissione Sanità in Regione, Emanuele Monti. Sempre filo Giorgetti c’è anche l’ex candidato sindaco di Varese Matteo Banchi. In regione Lombardia invece Salvini ha tra i “suoi” l’assessora alla Famiglia, Alessandra Locatelli, e il suo collega alla Comunicazione, Sviluppo Città metropolitana e Giovani Stefano Bolognini, che è pure commissario milanese della Lega. Tra gli eletti lombardi sono considerati di area giorgettiana ci sono i deputati Dario Galli, Silvana Comaroli e Cristian Invernizzi e il senatore Stefano Candiani. Senza contare i presidenti di Veneto e Friuli Venezia-Giulia, Luca Zaia (che non ha ricevuto a Padova il presidente del Brasile Jair Bolsonaro, ufficialmente per impegni presi precedentemente, accolto invece da Salvini a Pistoia) e Massimiliano Fedriga, convinti sostenitori della linea Green Pass e il presidente del Trentino Maurizio Fugazzi. Più cauto, invece, il lombardo Attilio Fontana. Hanno buoni rapporti con Giorgetti anche l’ex sottosegretario all’Economia Massimo Bitonci e Raffaele Volpi, ex numero uno del Copasir. Mentre a Strasburgo i nomi più spesso accostati al ministro sono quelli di Cinzia Bonfrisco e Gianna Gancia.