Non si arrenderanno. Anche se potrebbero rimanere loro poche ore. È il drammatico videomessaggio diffuso stamattina ai media occidentali dal maggiore Serhiy Volyna della 36esima Brigata Marina, le cui forze stanno resistendo asserragliate nelle acciaierie Azovstal di Mariupol. Il maggiore ha chiesto assistenza internazionale per i 500 soldati feriti e il migliaio di civili – donne e bambini – che si nascondono da giorni nei sotterranei della fabbrica. «Questo è il nostro ultimo discorso al mondo. Potrebbe essere l’ultimo in assoluto», ha ricordato Volyna. «È possibile che ci siano rimasti solo pochi giorni o ore». E, ancora: «Chiediamo ai leader mondiali di aiutarci. Li esortiamo a organizzare una esfiltrazione per portare i civili e i feriti in un Paese terzo».
«I feriti stanno marcendo in un seminterrato»
La situazione è drammatica. I russi «ci superano nell’aria, nell’artiglieria, nei carri armati», ha aggiunto il maggiore che comprensibilmente non ha riferito il numero di soldati che si trovano all’interno dello stabilimento, tra uomini della brigata Azov, della guardia nazionale ucraina e della guardia di frontiera. Nonostante lo spirito combattivo resti alto, la situazione dei feriti è gravissima: «Stanno marcendo in un seminterrato», senza medicine e sono assistiti nei tunnel sotterranei con cure mediche minime.

L’appello a Joe Biden per salvare militari e civili dalla trappola di Mariupol
In una intervista al Washington Post, Volyna ha assicurato che i suoi uomini non ripeteranno l’errore di fidarsi dei russi e delle loro promesse. Una volta arresi, e il maggiore ne è convinto, il nemico aprirebbe il fuoco. La situazione nella città è «tragica», tanto che Volyna si è rivolto direttamente a Joe Biden affinché li liberi da questa «trappola». «Speriamo vivamente che il presidente Biden ci ascolti e ci aiuti a risolvere questa situazione», ha ripetuto Volyna al Post. «Riteniamo che sia una delle poche persone che può davvero risolvere questa situazione in breve tempo». Senza assistenza e tagliati fuori dal mondo, soldati e civili fanno affidamento l’uno sull’altro per sopravvivere. Volyna ha raccontato di dormire due o tre ore per notte in uno scantinato con i compagni. «Risparmiamo acqua, ci sosteniamo a vicenda, cerchiamo di aiutarci l’un l’altro il più possibile». Nonostante tutto il morale resta alto. «Siamo consapevoli di ciò che ci circonda ma continuiamo a svolgere le nostre missioni». Anche perché, ha ripetuto: «Quello che sta accadendo qui va oltre ogni umana comprensione».
L’appello del maggiore su Facebook: «Dobbiamo sapere che il mondo ha fatto il possibile»
Un appello che il maggiore aveva già lanciato il 18 aprile su Facebook. «Da più di 50 giorni ci difendiamo eroicamente, nonostante le schiaccianti forze nemiche e i continui bombardamenti», aveva scritto Volyna. «Mariupol è ancora una città ucraina, non importa cosa dica la propaganda russa. combattiamo in feroci battaglie ogni giorno e impediamo alle truppe nemiche di avanzare. Questo a costo di sforzi sovrumani ed enormi perdite». Ma, aggiungeva, «abbiamo bisogno di aiuto. Il nemico ha circondato la città e tiene in ostaggio centinaia di migliaia di civili. Nei nostri bunker militari ci sono donne con i bambini, anche neonati. Per lo più sono parenti dei nostri militari, che sono ricercati dai russi. Senza riscaldamento, acqua, cibo. I nostri feriti muoiono ogni giorno tra tormenti insopportabili, perché medicine, disinfettanti e anestetici sono finiti da tempo». E, ancora: «Chiediamo al mondo aiuto per evacuare i feriti, i bambini, le donne e i cadaveri. Chiediamo ai leader mondiali, alle personalità pubbliche e religiose di non essere indifferenti di fronte alle persone che sono cadute nella trappola di Mariupol contro la loro volontà». Infine l’invito accorato a non credere alle promesse dei russi che hanno assicurato la salvezza per chi si arrende. «Non c’è dubbio che questa sia una bufala per distruggere le truppe ucraine a Mariupol senza combattere». «Non ci arrenderemo e combatteremo fino alla fine», ha assicurato il marine. «Ma la nostra fedeltà non è stata sufficiente per salvare Mariupol. La città deve essere liberata immediatamente. Per fare questo, abbiamo bisogno di armi pesanti. L’Ue e gli Usa possono fornircele. Mariupol può essere salvata. Siamo pronti a combattere fino all’ultima goccia di sangue. Ma dobbiamo sapere che il mondo ha fatto tutto il possibile per questo. Allora siamo pronti a fare anche l’impossibile per il nostro Paese».