Gli umori intorno alla ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, sono pessimi. Dalla stampa arrivano ogni giorno attacchi mirati (Il Fatto Quotidiano conduce da giorni una campagna feroce) e i dossier sul tavolo, alcuni rilevantissimi come la riforma del reddito di cittadinanza e quella delle pensioni, cominciano ad accumularsi. In parlamento qualcuno della maggioranza sussurra: «Si deve dare una svegliata».
È una tra i pochi “tecnici” del governo Meloni
Voci interne al dicastero sottolineano che la ministra, una delle poche figure di profilo tecnico del governo Meloni, stia prendendo confidenza con la macchina amministrativa e burocratica. E che una delle lamentele del parlamentari, il ritardo nel varo del decreto Lavoro, sarà presto cancellata. Deputati e senatori più vicini alle materie in questione, infatti, attendono da un paio di mesi un decreto ad hoc annunciato per inizio anno. Di rinvio in rinvio si è arrivati alle porte di marzo senza nemmeno l’ombra di un testo. Ma ora, viene assicurato, ci siamo. Si è aspettato per reperire la quantità maggiore di risorse e quindi scrivere norme più sostanziose.

Evitato il ritorno alle regole della Fornero, per ora
Si vedrà. Anche perché, come detto, i dossier sul tavolo della ministra non sono pochi. C’è il capitolo pensioni. L’ultima legge di Bilancio è riuscita a evitare il ritorno alle regole della Fornero (tanto invise a Lega e Fratelli d’Italia) che scatteranno però dal primo gennaio 2024 senza un intervento ad hoc. Finora si sono tenuti degli incontri coi sindacati, ma al netto di qualche ipotesi lanciata sul tavolo – come l’idea per le donne di andare in pensione con quattro mesi di anticipo per ogni figlio – ancora non si vede una linea chiara di intervento.
Anticipo pensionistico per le donne, che fare?
E proprio in tema previdenziale, è congelato uno dei dossier caldi, cioè Opzione donna. L’ultima legge di Bilancio, infatti, ha di molto ristretto la platea delle potenziali beneficiarie dell’anticipo pensionistico. Esigenze di bilancio, era stato detto. Giustificazione non sufficiente per placare le ire dei sindacati e nemmeno i dubbi della maggioranza. Si rimedierà con il Milleproroghe, si era fatto capire. Ma niente da fare. Il decreto è stato approvato e la norma non è rientrata. Nelle scorse settimane la ministra ha incontrato i rappresentanti del Movimento Opzione donna, sottolineando «piena condivisione sulla necessità di ampliare la platea delle destinatarie dell’anticipo pensionistico. Una revisione che, però, ha la necessità di trovare le adeguate coperture finanziarie», ha fatto sapere il ministero in una nota. A quando una soluzione? «Il mio impegno è quello di dare una risposta certa il prima possibile».

Ad agosto con gli occupabili senza reddito si rischia il caos
Ma è sicuramente il dossier sul reddito di cittadinanza quello più pesante. Tra qualche mese, a luglio, arriverà lo stop al sussidio per i cosiddetti occupabili. A un’intervista a Libero (sul capitolo comunicazione torneremo più tardi) a precisa domanda su cosa accadrà da agosto la ministra ha risposto: «La linea di demarcazione non è così netta. La manovra prevede sette mesi di sussidio da spalmare nel 2023, quindi l’uscita dal reddito sarà progressiva nel tempo. Il punto è cosa sarà dato al posto del reddito di cittadinanza: politiche attive e di accompagnamento al lavoro più rispondenti alle esigenze del mercato». Bisognerà capire se basterà a chi si ritroverà fuori da meccanismi di sostegno.
I fari del Pd sull’Ispettorato nazionale del lavoro
La ministra invece sarebbe attiva per riportare al ministero le funzioni di controllo ora attribuite (con la riforma del Jobs act) all’Ispettorato nazionale del lavoro. Una manovra su cui ha acceso i fari il Partito democratico, che ha presentato anche un’interrogazione sul punto per capire le reali intenzioni della ministra. Il sospetto è che lo spostamento sotto l’ombrello del ministero sia un modo per aumentare la presa della ministra sulle funzioni dell’istituto.

La campagna stampa sul suo “regno”, l’Ordine dei consulenti
I fari invece, anche delle opposizioni, rimangono bassi sui vari articoli de Il Fatto Quotidiano che hanno come bersaglio proprio Calderone. Da giorni, infatti, il giornale di Marco Travaglio racconta della gestione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro (di cui Calderone è stata presidente prima di arrivare al governo e che ora è in mano al marito, Rosario De Luca) e in particolare della Fondazione studi e della srl associata, sdoppiate – è l’accusa – per eludere le norme sul lavoro per le realtà sopra i 15 dipendenti.
Pochi rapporti con la stampa: «Deve comunicare di più»
Certo, sono state presentate interrogazioni da Alleanza Verdi–Sinistra, M5s e Pd. Ma in questi casi è il minimo sindacale. Anche perché sempre Il Fatto, insieme con Domani, ha dato conto degli accertamenti della procura regionale della Corte dei conti del Lazio proprio sulle spese relative al Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, definito «il regno» dell’attuale ministra del Lavoro. Per ora dalle parti del Pd si predica prudenza. Nessuna intenzione, almeno al momento, di cavalcare la campagna, in attesa di sviluppi. Dalla parte della maggioranza, invece, le sorprese regalate dalla rassegna stampa mattutina creano imbarazzo. «Per fortuna non ci sono arrivati sopra gli altri grandi giornali», si sente dire. E proprio quello dei rapporti con la stampa è giudicato un altro problema. La ministra parla poco. Un’apparizione a Porta a porta, nel salone istituzionale di Bruno Vespa, e sei interviste ai quotidiani in cinque mesi. «Deve comunicare di più», dice qualcuno. Insomma, si torna al punto di partenza: «Si deve dare una svegliata».