È stato condannato a due anni e quattro mesi di reclusione il 52enne accusato di stalking da parte della conduttrice sportiva Mediaset Marialuisa Jacobelli. Il processo si è svolto con il rito abbreviato. Il presunto stalker era stato arrestato nel luglio 2022. Secondo le accuse, l’uomo non avrebbe accettato la fine della loro relazione e sarebbe passato alle minacce e alla violenza.
Marialuisa Jacobelli, presunto stalker condannato a 2 anni e 4 mesi
Per la Jacobelli l’incubo sarebbe andato avanti per diverse settimane. La sentenza ha riconosciuto le attenuanti legate al risarcimento del danno e quelle generiche. Infatti, il 52enne è stato sottoposto a cure in una comunità dove starebbe scontando i domiciliari. Al momento la giornalista non ha rilasciato dichiarazioni in merito alla vicenda.

Stando alle accuse, il 52enne, dopo una breve relazione, avrebbe fatto subire alla conduttrice violenze psicologiche e fisiche. Il tutto sarebbe partito da una foto postata sui social. Il presunto stalker avrebbe iniziato a insultarla fino a farsi lasciare. «Il 23 gennaio per il mio compleanno organizzò un week end a Parigi (…) dopo aver visto una mia foto su Instagram, ha iniziato a insultarmi con le solite frasi ‘Sei una m…a’ e ‘Ti rovino’. Da quel momento ho capito che dovevo troncare la relazione» aveva fatto mettere nero su bianco la giornalista sportiva nella denuncia. Poi, sarebbero partite le azioni di stalking da gennaio a giugno 2022, finché la Jacobelli non ha denunciato tutto alle forze dell’ordine.
La ricostruzione degli inquirenti
Nel periodo successivo alla rottura della loro relazione, il 52enne avrebbe inviato 600 mail, effettuato 278 telefonate, senza contare le altre 1.072 all’utenza intestata alla madre della Jacobelli e si sarebbe appostato circa 1.422 volte. Il gip aveva disposto la misura cautelare in carcere per via del «Pesante turpiloquio afferente la sfera sessuale, aggressioni fisicamente condotte, messaggi ripetuti e sempre mortificanti, ossessiva volontà di conoscere movimenti e frequentazioni».

Dopo un periodo a San Vittore, con il parere favorevole della procura e della Jacobelli, l’uomo era stato poi trasferito in una comunità.