Alla fine è stato lui l’unico a pagare lo scotto dello spoil system sulle nomine targato centrodestra. Almeno in seno alle agenzie fiscali. Marcello Minenna sconta probabilmente la sua vicinanza al M5s e lascia l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, salutando uno stipendio da 240 mila euro lordi. Barese, 51 anni, economista, commercialista, revisore dei conti, esperto di mercati finanziari e obbligazionari, studioso dell’applicazione di modelli matematici alla finanza, bocconiano, professore alla stessa Bocconi e alla London Graduate School of Mathematical Finance: Minenna è uomo dalle competenze indiscusse e dalle notevoli risorse personali, per quanto non immune nel suo percorso da qualche scivolone e, secondo i detrattori, affetto da spiccati sintomi di megalomania egotica.
Il Savonarola della Consob
Medaglia d’oro come più giovane laureato della Bocconi nel 1993 e nominato Ufficiale della Repubblica nel 2020, dopo un avvio di carriera in Procter&Gamble, già nel 1996 vince un concorso, entra in Consob e viene collocato all’Ufficio ispettorato. L’allora presidente Tommaso Padoa Schioppa lo assegna a gruppi di lavoro presso il ministero del Tesoro, all’epoca retto da Carlo Azeglio Ciampi, e Minenna si fregerà per sempre di essere stato un allievo dell’ex Capo dello Stato. La sua carriera via via lievita nell’authority di vigilanza dei mercati e lievitano anche le grane: dal 2007 è responsabile dell’Ufficio analisi quantitative e pian piano si costruisce l’immagine di Savonarola che denuncia i comportamenti della Consob da lui bollati come anomali o comunque succubi dei soggetti finanziari vigilati. Diventa l’eroe delle associazioni dei consumatori e dei piccoli investitori. E al tempo stesso la spina nel fianco dell’allora presidente Giuseppe Vegas, già esponente di spicco di Forza Italia. Attorno a Minenna iniziano a fiorire veleni, indiscrezioni, anche esposti in procura. Qualcuno lo definisce “la talpa” in Consob, per i suoi difensori si tratta invece di una enorme macchina del fango messa in moto a protezione dei soliti poteri forti e Milena Gabanelli lo considera addirittura «mobbizzato». Fatto sta che Minenna attacca e denuncia, ad esempio, il colpo alla trasparenza del mercato scaturito dalla cancellazione degli scenari probabilistici sui derivati e sulle attività finanziarie (si trattava di prospetti di previsione che gettavano luce sui possibili rischi di un investimento e sulle probabilità di guadagni o perdite in base a determinati modelli matematici).

Idolo del M5s e paladino dei piccoli investitori
Vegas finisce così sulla graticola in questa sorta di faida interna all’autorità e il funzionario Consob diviene nel frattempo l’idolo del M5s appena entrato in Parlamento. La creatura di Grillo vede in lui il paladino dei piccoli investitori in Borsa contro i soliti potentati che sono la perfetta punching ball del M5s barricadero nell’era del renzismo. Minenna assurge al ruolo di prezioso consigliori dei cinquestelle sui temi economici e finanziari, suggeritore della strategia sul Fiscal compact e per la creazione di una Banca pubblica degli investimenti. Ma veste i panni di chioccia pure nella battaglia grillina sulle perdite riferite ai derivati di Stato, crociata che consente al Movimento di chiamare in causa addirittura Mario Draghi in relazione ai tempi in cui era direttore generale del Tesoro, e di mettere all’angolo l’allora responsabile Mef del debito pubblico, Maria Cannata. Senza dimenticare gli scandali della fusione Unipol-Fonsai e di Banca Etruria, sui quali la competenza tecnica di Minenna si trasforma in un’arma perfettamente funzionale alla narrazione pentastellata contro i sancta sanctorum dell’inciucio tra politica e alta finanza.
La breve esperienza nella Giunta Raggi come assessore al Bilancio
Con i suoi modi cortesi, un master alla Columbia University di New York e l’attività da editorialista per i maggiori quotidiani italiani, oltre che per Wall Street Journal e Financial Times, Minenna ha facile ascendente nei confronti di Beppe Grillo e dei suoi, malgrado il fare azzimato e un po’ impettito. Peraltro, il Parlamento chiama lui ogniqualvolta voglia conoscere i rischi dei derivati in pancia al Tesoro, il cinquestelle ha fame e bisogno di competenze economiche, ma non dispiace nemmeno la storica vicinanza di Minenna alla Cgil. D’altronde, il padre dell’economista pugliese era stato un importante funzionario Anas e si vociferava che fosse addirittura il gancio di Massimo D’Alema nel colosso pubblico delle strade. Così, quando il M5s deve far fronte alle prime responsabilità importanti di governo, all’indomani dei trionfi alle amministrative del 2016, è in primis Luigi Di Maio a corteggiare e a volere Minenna nella Giunta del Campidoglio, accanto a Virginia Raggi. Anche perché l’ex Consob conosce già la macchina, essendo stato membro della segreteria tecnica del prefetto-commissario, Francesco Paolo Tronca. Inizialmente l’economista non accetta e si ritrae. Poi cede e prende la delega di assessore al Bilancio e alle Partecipate. Ma con la sindaca il feeling non scatta mai e dopo poche settimane, nell’estate 2016, Minenna lascia per divergenze sulla gestione delle aziende capitoline e per i veleni attorno al cosiddetto “raggio magico” e alla figura di Raffaele Marra. Le voci di palazzo hanno sempre favoleggiato di una sua cura maniacale per l’aspetto e la forma fisica. Tanto che, si dice, anche nell’ufficio in Campidoglio Minenna non mancasse di fare regolarmente flessioni ed esercizi a corpo libero per tenersi tonico.

Gli scivoloni alle Dogane e la scure dello spoil system meloniano
Da direttore delle Dogane, invece, scivola sulla buccia di banana delle auto sequestrate al crimine e assegnate discrezionalmente a politici, manager e personaggi celebri senza gare né aste pubbliche: dalla Tesla Model S per l’ex ministro Roberto Cingolani alle Mercedes di Mariastella Gelmini e Renato Brunetta. Una pratica stigmatizzata dal Tesoro che dà poi il via alle restituzioni. Mentre Il Foglio, per citare un altro caso, ha svelato la vicenda dell’assunzione come dirigente dell’Agenzia, con stipendio da 110 mila euro l’anno, dell’ingegner Lorenzo Monti, fratello di Nina Monti, editor del blog di Beppe Grillo. Insomma, incidenti di un percorso che ora si interrompe sotto la scure dello spoil system in salsa meloniana.