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Occhio non vede, Stretto non duole

Dopo l’ultimo naufragio al largo di Calais, Johnson accusa Parigi di non controllare le frontiere e annuncia insieme a Macron una stretta sui passeur. Dimenticando la fallimentare politica migratoria dei rispettivi governi e dell’Europa.

25 Novembre 2021 12:2625 Novembre 2021 12:29 Redazione
naufragio manica e lo scaricabarile di Londra e Parigi

Sono 27 le vittime del naufragio di mercoledì nel canale della Manica. Diciassette uomini, sette donne – una incinta – e tre giovani di cui ancora non è stata resa nota l’età. Migranti curdi, iracheni e iraniani che cercavano di raggiungere le coste inglesi. Un flusso che nonostante il potenziamento dei controlli di Parigi continua senza sosta. Da gennaio al 20 novembre, 31.500 migranti hanno cercato di lasciare le coste francesi, 7.800 sono stati tratti in salvo. Secondo il governo britannico nei primi 10 mesi del 2021 almeno 22 mila persone sono riuscite a raggiungere il Regno Unito, 27.500 secondo altre stime. Tre volte di più di tutto il 2020.

Johnson e Macron assicurano una stretta contro i passeur

Il premier britannico Boris Johnson ha spronato la Francia a fare di più per limitare i flussi di migranti: «Abbiamo qualche difficoltà a persuadere alcuni nostri partner, in particolare, i francesi, a fare tutte le cose che la situazione secondo noi richiede», ha dichiarato. Oggi invece il governo britannico ha proposto a Parigi pattugliamenti comuni sulle coste francesi. In una conversazione telefonica Johnson e il presidente francese Emmanuel Macron si sono impegnati a «intensificare gli sforzi» e di «considerare tutte le opzioni sul tavolo» per fermare i passeur. Il problema dunque sarebbero solo ed esclusivamente i trafficanti. Lo aveva ribadito parlando a Libération anche Didier Leschi, direttore dell’Ofii (Office Français de l’Immigration et de l’Intégration) e delegato dello Stato proprio a Calais: i passeur «cercano di mantenere i campi vicino alle coste per reclutare con più facilità potenziali “clienti”». Considerare i trafficanti come l’unica causa di queste tragedie però non è solo riduttivo ma miope. Come fa notare il sempre Libé, è lo Stato che dovrebbe creare luoghi sicuri dove accogliere e gestire i profughi evitando che cadano nelle mani di criminali pronti a sfruttarli. Cosa che finora, a Calais (ma anche altrove), non è accaduto. Per questo monta la rabbia dei volontari delle Ong attive nella zona. «Quando si dice che le frontiere uccidono, è veramente così», ha detto a Le Monde Alexine Fougner, 27 anni e impegnata in una associazione che aiuta i migranti dei campi a ricaricare i cellulari.

Alle frontiere esterne dell’Europa sono morte dal 1993 a oggi almeno 50 mila persone

Tra l’altro Parigi negli ultimi mesi ha intensificato i controlli e gli sgomberi dei campi di fortuna – come denunciato da Human Rights Watch – nei pressi di Calais e Dunkerque, tra cui quello di Grande-Synthe dove vivevano almeno 1500 migranti in attesa di imbarcarsi. Macron mercoledì ha assicurato che «la Francia non lascerà che la Manica diventi un cimitero». Anche se di fatto lo è già. Un dramma, l’ennesimo, che come sempre riguarda tutta l’Europa. Dal 1993 le frontiere esterne dell’Ue hanno visto la morte di almeno 50 mila persone, la maggior parte nel Mediterraneo. Dal 1999 a oggi più di 300 persone hanno invece perso la vita cercando di attraversare la Manica. Senza dimenticare la tragedia che si sta consumando al confine tra Bielorussia, Polonia e Lituania e sulla rotta balcanica. A cui finora l’Europa ha risposto con un silenzio imbarazzante e costruendo muri.

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