Le critiche per il doppio pareggio con Svizzera e Irlanda del Nord che ha condannato la nazionale italiana di calcio ai playoff non si spengono. La paura di un’eventuale assenza alla Coppa del Mondo 2022 ricalca quella già vissuta nel 2018, quando la Svezia negò all’Italia dell’allora tecnico Ventura il pass per la Russia. Gli italiani guardarono gli altri disputare la competizione e adesso tutto vorrebbero, fuorché ripetere quell’esperienza. Così, archiviata la grande gioia per il campionato europeo vinto soltanto quattro mesi fa, la selezione di Roberto Mancini è di nuovo nell’occhio del ciclone. Sul banco degli imputati, soprattutto l’attacco, orfano, secondo i tifosi, di un vero numero 9. Quel centravanti in grado di firmare gol pesanti, trasformare in oro una palla sporca, magari l’unica della partita.
Italia senza attaccanti, la suggestione Joao Pedro
Da qualche giorno le fantasie dei tifosi hanno preso la via della Sardegna. Ad accenderle, il direttore sportivo del Cagliari, Stefano Capozzucca, che ha spiegato come Joao Pedro, brasiliano d’origine, abbia la cittadinanza italiana. Il passaporto comunitario è arrivato grazie al matrimonio in Sicilia tra il numero dieci rossoblù e la moglie Alessandra, conosciuta nel 2011 ai tempi dell’esperienza al Palermo. Una soluzione, forse azzardata, a cui non si era però mai pensato. Numeri alla mano, il capitano del Cagliari una chance effettivamente potrebbe meritarla. Quest’anno sono stati otto i sigilli in serie A, 13 le presenze: quarta posizione in classifica marcatori, al pari di Zapata, davanti ad attaccanti del calibro di Dzeko, Lautaro, Osimhen e Ibrahimovic. Un bottino equamente distribuito, con tre penalty, due colpi di testa, sette gol dentro l’area e uno dalla distanza. In carriera sono 98 gli acuti totali, 81 in 246 quelli con il Cagliari. Numeri importanti per un calciatore duttile, in grado di fare la prima punta o giocare a supporto di un compagno, forte anche dai piazzati e dotato di una gran tecnica. Dovesse sbarcare in Azzurro, sarebbe il quarto oriundo della gestione Mancini, dopo Jorginho, Emerson Palmieri e Toloi.
Mario Balotelli, il rapporto con Mancini e i gol in Turchia
Nell’immediato post gara del match pareggiato 0-0 dall’Italia sul campo dell’Irlanda del Nord, che ha condannato la squadra di Mancini a dover disputare i playoff, è stato il suo il nome più rimpallato sui social. Possibile che, a distanza di tre anni dall’ultima apparizione in azzurro, Mario Balotelli possa ancora avere chance di tornare a vestire la maglia della nazionale? La risposta è: difficile. Lumezzane, Inter, Manchester City, Milan, Liverpool, di nuovo Milan, poi Nizza, Olympique Marsiglia, Brescia, Monza e ora Adana Demirspor. La carriera di Super Mario è un po’ un richiamo a Jules Verne. A 31 anni, però, Balotelli oggettivamente sembra ben lontano da quel giovane calciatore in grado di disintegrare la Germania con una doppietta in semifinale a Euro 2012. Da quelle reti, a marzo saranno passati dieci anni, scanditi da più bassi che alti. Basta guardare le maglie vestite negli ultimi anni, tra serie B e campionato turco, per capire come il Balotelli di oggi non sia lo stesso. Quest’anno, in Turchia, ha segnato cinque gol in 13 gare di Super Lig. Ciò nonostante, sui social, dove gode sempre di un grande seguito, il suo nome è riemerso con prepotenza. Ad alimentare le fantasie, oltre ai numeri, il forte legame con Mancini. Tra i due c’è un «rapporto speciale», come lo ha definito lo stesso attaccante. Nel 2007 fu il tecnico a farlo esordire tra i professionisti con la maglia dell’Inter, poi sempre il Mancio lo chiamò al City e insieme vinsero il titolo in Premier. Un rapporto di amore e odio, in perfetta linea con il personaggio, fatto di eurogol e giocate capolavoro, ma anche di liti furibonde. Eppure se c’è un solo uomo che sa gestire Balotelli, quello è Mancini.
Lorenzo Lucca, un enfant prodige dalla Serie B
Sei gol in 12 gare in Serie B, con la maglia del Pisa. Un fisico statuario oltre i due metri, tecnica e colpi che hanno già scomodato il solito, frettoloso paragone con Zlatan Ibrahimovic. Lorenzo Lucca sta rapidamente stupendo tutti. Continuasse così, impiegherebbe persino poco a scalare i gradini della Nazionale. Nato a Montichiari e cresciuto nelle giovanili del Torino, Lucca si è imposto la scorsa stagione al Palermo. Dopo un inizio complicato, fatto di spezzoni, critiche e zero gol, il gigante classe 2000 si è sbloccato, chiudendo a 13 reti. Poi il salto in B, con il Pisa e la chiamata dell’Under21. Ventidue minuti giocati contro il Montenegro, 67 sul campo della Bosnia e poi, alla terza gara con la maglia azzurrina, il primo sigillo, nell’1-1 contro la Svezia. Il 12 novembre scorso, invece, gol e assist per Lucca che è entrato in entrambe le marcature segnate dall’Italia contro l’Irlanda a Dublino. Mancini, che per i giovani ha un occhio particolare, su di lui aveva detto «avrà la sua chance». Resta solo da capire quando. E in un tourbillon di gol, in serie C, c’è persino chi si candida ad essere il nuovo Lucca. Luca Moro, 2001 in forza Catania, ne ha firmati 14 in 12 dodici gare nel Girone meridionale, uno con l’Under20. Ma forse qui stiamo correndo un po’ troppo.
Gianluca Scamacca, un gigante sul punto di esplodere
Soltanto 5 anni fa era stato inserito dal Guardian tra i migliori sessanta talenti nati nel 1999. Oggi, dall’alto del suo metro e 95, Gianluca Scamacca resta un gigante sul punto di esplodere. Non gli manca nulla: forte nel gioco aereo, molto tecnico nonostante il fisico, il centravanti del Sassuolo a oggi non è esattamente un goleador. Il valore, comunque, non si discute. A testimoniarlo, l’interesse di Inter e Juventus e una carta d’identità comunque dalla sua parte. Prodotto delle giovanili di Lazio e Roma, nel 2015 andò al PSV Eindhoven. Due anni e il rientro in Italia, acquistato dal Sassuolo, che non lo molla più, ma lo presta in giro: Cremonese, Pec Zwolle, Ascoli e Genoa. Qui i primi sprazzi: con 8 reti in 26 gare in A. Così il Sassuolo ha deciso finalmente di tenerlo. Una scelta fin qui ripagata da tre gol. In nazionale maggiore ha giocato soltanto 39 minuti complessivi: 29 contro la Lituania e 10 sul campo dell’Irlanda del Nord. A 23 anni è già la chiusura di un cerchio, essendo uno dei pochissimi calciatori nella storia italiana a poter vantare presenze con tutte le nazionali: Under 15, 16, 17, 18, 19, 20 e 21. Per il posto fisso, tuttavia, l’impressione è che ci voglia qualcosa in più.
Giacomo Raspadori, baby campione d’Europa
Paragonato prima a Totò Di Natale e poi, forse troppo presto, a Totò Schillaci, Giacomo Raspadori è già campione d’Europa, convocato a sorpresa per l’Europeo 2020. Mancini in estate lo ha preferito a Moise Kean sebbene nella rassegna gli toccherà soltanto uno spezzone contro il Galles. Ciò nonostante, il tecnico continua a convocarlo e dargli spazio: sette presenze in azzurro, coronate da una rete nel 5-0 contro la Lituania dello scorso 8 settembre. In serie A, invece, il classe 2000 ha segnato nove volte in 51 gare e sei di queste reti sono arrivate nelle 27 partite dello scorso anno. Anche lui veste la maglia del Sassuolo, ma rispetto al collega di reparto praticamente da sempre. Per lui si parla dell’Inter, ma il solo gol segnato in campionato è bottino da arrotondare necessariamente.
La vecchia guardia: Ciro Immobile, Andrea Belotti e Moise Kean
Eppure guardando certe statistiche, la ricerca frenetica di un numero nove non dovrebbe costituire priorità. Uno ha segnato 239 gol in carriera, di cui 161 con la maglia della Lazio, e in nazionale ha insaccato la sfera 15 volte in 54 occasioni. L’altro è attualmente a quota 137 con i club, 107 con la casacca granata del Torino, mentre in azzurro è andato a segno 12 volte in 41 gare. Ciro Immobile e Andrea Belotti non hanno bisogno di presentazioni. Soprattutto sulla scarpa d’oro 2019-2020, però, sono piovute feroci critiche dopo le ultime prestazioni con la maglia dell’Italia. Entrambi in nazionale non hanno brillato, neanche all’Europeo, e in tanti hanno imputato a loro le colpe di un attacco che ha faticato, soprattutto negli ultimi mesi. Mancini si è affidato ciecamente ad entrambi ma non ha avuto le risposte sperate e con il play-off alle porte il problema si fa serio. Nonostante ciò, realisticamente sembra impossibile anche solo pensare a un’Italia senza Immobile. Ciro pure quest’anno è ai primi posti della classifica marcatori di serie A, con dieci gol in undici gare. Meno prolifico, il Gallo Belotti che con due reti in otto partite appare lontano parente del calciatore che un paio di stagioni fa faceva brillare gli occhi ai presidenti di mezza Europa. A loro si aggiunge Moise Kean, attaccante che dal suo ritorno alla Juventus ha disputato solo sette partite all’attivo e gonfiato due volte la rete. Prima ancora della nazionale, il classe 2000 dovrà imporsi stabilmente in bianconero.
Gli outsider: Okaka, Esposito e Yeboah
Se per un verso sono ovviamente poche le chance di vederli con la maglia della Nazionale italiana, per un altro risalto va dato al periodo vissuto da alcuni attaccanti italiani all’estero. Tra loro spicca 32enne Stefano Okaka, passato a settembre dall’Udinese al Basaksehir, in Turchia. Lì è andato a segno sette volte in dieci gare, guadagnandosi la vetta della classifica marcatori, con lui Andrea Bertolacci, centrocampista ex Milan in forze al Fatih Karagümrük. Più giovane e più vicino geograficamente parlando, Sebastiano Esposito, 19enne calciatore dell’Inter, sta vivendo una discreta annata in prestito al Basilea: quattro gol in sette gare di campionato. In Grecia dal 2018, ha trovato la sua dimensione Federico Macheda, ex enfant prodige del ex Manchester United che in Italia ha sempre faticato. Al Panatinaikos è andata meglio, 37 gol in 104 partite. Uno solo quest’anno. Secondo posto in classifica marcatori nella Bundesliga austriaca, invece, per il classe 2000 Kelvin Yeboah, nato in Ghana e naturalizzato italiano. Allo Sturm Graz, ha realizzato nove reti. Per la serie, il futuro è suo.
La soluzione falso 9: chi può fare il finto centravanti
C’è, infine, l’alternativa falso nove, la formazione priva del centravanti. In pole, ci sarebbero Insigne e Chiesa, seguiti da Berardi. Una scelta coraggiosa, che potrebbe tradursi nella perdita di imprevedibilità sulle corsie esterne. Più indietro, per motivi diversi, Zaniolo e Bernardeschi. Un ventaglio ampio, per un solo obiettivo: andare al prossimo mondiale, nonostante Cristiano Ronaldo.