La mistica degli underdog. L’Inter si approssima alla finale di Champions League a Istanbul calata nel ruolo che tutto sommato apprezza, quello di sfavorita. I pronostici sono sbilanciati completamente dall’altra parte del campo, con un peso tale da dare l’impressione che per il Manchester City il campo possa essere in pendenza favorevole. E sì, in effetti sarà parecchio come giocare in salita per la squadra di Simone Inzaghi e per lo stesso allenatore, che questa stagione l’ha disputata in condizioni di quasi perenne avversità. Un po’ perché ci ha messo del suo, specie in campionato con quel numero esagerato di sconfitte (12) da squadra di metà classifica che rimarrà comunque una macchia. Ma soprattutto perché la fiducia dell’ambiente nerazzurro nei suoi confronti è stata sempre condizionale.
La conferma di Inzaghi era messa in dubbio dall’ad Marotta
Si dimentica tutto molto in fretta, eppure si dovrebbe tenere memoria del fatto che, ancora dopo avere eliminato il Benfica e essersi guadagnati l’accesso al derby di Champions in semifinale, la conferma dell’allenatore non veniva garantita dall’amministratore delegato Beppe Marotta. E adesso che il mondo è cambiato intorno a Inzaghi rimane questa sfida, che in termini di pronostico sembra chiusa e proprio per questo presenta le condizioni più favorevoli per i nerazzurri. Che del resto, se si parla di pronostici, venivano dati già spacciati in un girone eliminatorio che comprendeva Bayern Monaco e Barcellona, dunque figurarsi se non se lo tengono stretto il ruolo degli sfavoriti. Resta il fatto che la finale è un’altra cosa. Bisogna tirare una riga su tutto quanto è stato fatto fin qui, da entrambe le parti in gioco, e giocarsi una partita che deve fare la storia. E si tratta di una storia di contrasti è indicato da diversi elementi.

Il City ha alle spalle il fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti
Il Manchester City è una delle squadre più ricche del mondo, mentre l’Inter è seduta su un debito di proporzioni gigantesche. Parte da qui la disparità di confronto che ha effetto sulla forza delle squadre messe in campo. Il City ha alle spalle il fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, cioè la famiglia regnante degli Al Nayan. E da Abu Dhabi, oltre a mettere il City al centro di un sistema multiproprietario di club denominato City Football Group (che controlla altri 12 club di 12 Paesi diversi: New York City, Melbourne City, Yokohama Marinos, Montevideo City Torque, Girona, Sichuan Jiuniu, Mumbai City, Lommel, Troyes, Palermo, Bahia e Club Bolivar, quest’ultimo soltanto con lo status di “associato”), hanno costruito negli anni una squadra esageratamente forte e smodatamente costosa. I dati di Transfermarkt pubblicati a inizio stagione 2022-23 collocavano la squadra guidata da Pep Guardiola in testa alla classifica mondiale del valore imputabile al cosiddetto “parco giocatori”, che nel mese di settembre 2022 veniva stimato in 1,04 miliardi di euro. Un valore che nel frattempo si è incrementato a 1,05 miliardi di euro, dopo una stagione che ha visto il City vincere la Premier e portarsi a un passo dalla prima Champions League della sua sua storia.

Haaland vale (almeno) 170 milioni, Grealish costato come tutta l’Inter
Per avere un’idea delle proporzioni dell’incremento basta guardare l’esempio di Erling Braut Haaland, che dopo una prima stagione da marziano nel campionato più competitivo al mondo ha visto salire da 150 a 170 milioni di euro la quotazione data dal sito specializzato. Nella medesima graduatoria l’Inter si piazzava a settembre in 12esima posizione (appena dietro all’Arsenal e prima fra le italiane) con un valore di 604,5 milioni di euro. Da allora il valore è addirittura sceso a 534,45 milioni di euro. E di certo i valori stimati da Transfermarkt non sono un parametro particolarmente affidabile (per dire: la stima fatta su Haaland, coi tempi che corrono, è largamente approssimativa per difetto), ma servono comunque a dare un’idea del dislivello di forze in campo. Un dislivello che si misura soprattutto in termini di possibilità economiche. Reso ancora più evidente se si pensa che il solo Jack Grealish è stato pagato dagli inglesi 115 milioni di euro, cioè quanto è costato tutto l’undici titolare dell’Inter.

Zhang e la scure del prestito da rimborsare al fondo Usa Oaktree
La proprietà del Manchester City, se volesse, potrebbe comprarsi la proprietà cinese dell’Inter e mettere nel pacchetto la società nerazzurra. E se non compie spese come questa o altre è soltanto perché sia l’Uefa sia la Premier League pongono un tetto alla capacità di spesa. Viceversa, la famiglia Zhang deve rimborsare entro maggio 2024 al fondo statunitense Oaktree un prestito da 275 milioni di euro gravato di un interesse del 9 per cento. Se la proprietà cinese non dovesse riuscire nell’intento, l’Inter passerebbe nelle mani di un fondo americano esattamente come successo al Milan, che fu trasferito nelle mani di Elliott Management a luglio 2018. E non è soltanto una coincidenza se, proprio in queste ore che precedono l’appuntamento di Istanbul, il presidente interista Steven Zhang abbia lanciato pubblicamente un appello al fondo Usa per la rinegoziazione del debito. Lo fa attraverso i giornali, forse per portare su un terreno non esclusivamente finanziario la questione. Chissà se gli americani apprezzeranno.

I guai con lo sponsor Digitalbits, Paramount+ raccattato all’ultimo
Di sicuro il presidente nerazzurro vuole usare la forza dei risultati ottenuti nelle ultime stagioni (e l’essere giunti in finale di Champions è comunque un eccellente traguardo) come strumento di persuasione verso il soggetto prestatore. Un ultimo elemento che dà idea del dislivello può essere sintetizzato da un interrogativo: quante altre volte nella storia della Champions League è successo che una finalista rischiasse seriamente di presentarsi in campo senza sponsor sulla maglia? Dopo i guai economici di Digitalbits, cancellato dalle divise per non aver pagato 24 milioni al club, è arrivata la piattaforma streaming statunitense Paramount+, che per comparire sul petto dei calciatori nell’ultima sfida di campionato giocata contro il Torino e durante la finale di Champions ha versato nelle casse nerazzurre 10 milioni. Anche questo è un indice di quanto l’Inter sia underdog nella partita di sabato. E gli underdog non vanno mai sottovalutati.
