Nessuna minaccia di disdire in massa gli abbonamenti alla pay tivù. Nessuna geremiade sull’ipotesi che colpendo un club così importante possa crollare l’intero sistema calcistico. Nessuna ricerca di precedenti esternazioni imbarazzanti da parte di chi ha istruito l’indagine sui conti del club. Nessuna isteria social né mobilitazione di opinionisti. Non c’è stato nulla di tutto ciò come conseguenza dell’annuncio dato dalla Premier league inglese sulle presunte violazioni commesse dal Manchester City in materia di Fair play finanziario (Fpf). Si è avuta soltanto la presa d’atto delle conclusioni cui è giunta l’investigazione condotta dalla principale lega calcistica al mondo, maturate dopo una lunga analisi sugli esercizi di bilancio del periodo che va dal 2009-10 al 2017-18. E tale presa d’atto è stata mostrata innanzitutto dal club, finito sotto investigazione che ha reagito in modo composto a una notizia che con ogni probabilità aveva messo in conto.
Sanzioni, revoca dei titoli o retrocessione
Stupore di maniera, temperato disappunto e fiducia nel lavoro che verrà svolto dalla commissione indipendente nominata dalla Premier league. Questo si trova nel comunicato ufficiale del City. Né tanta compostezza è stata scalfita dalle ipotesi di sanzioni che sono circolate e che vanno dalla revoca dei titoli conseguiti sul campo alla retrocessione. Tutto quanto mantenuto entro un tono di reciproco rispetto fra le parti, per quanto ci si possa aspettare che giunga una fase più calda del confronto in cui la serenità dei toni verrà messa da parte. E partendo da questa presa d’atto verrebbe da dire che, facendo un paragone con ciò che succede in Italia intorno al caso delle plusvalenze della Juventus, l’Inghilterra sia un altro mondo. E invece non è così. Perché se si allarga l’analisi oltre il caso inglese e si guarda alle altre grandi leghe europee, si scopre l’amara verità: che l’altro mondo siamo noi. Un mondo a parte.

All’estero i conti dei club vengono passati al setaccio
La panoramica è impietosa. E racconta che nei Paesi coi quali ci si dovrebbe confrontare calcisticamente, il controllo sulla gestione economica e amministrativa dei club è demandato all’associazione che ne tutela gli interessi: la Lega professionistica. Quanto è successo in Premier league col Manchester City lo testimonia proprio in questi giorni. I conti dei club vengono passati al setaccio dall’organizzazione che difende al tempo stesso l’interesse di ciascuno e l’interesse comune. E poiché ciascuno deve contribuire all’interesse comune, anziché approfittarne, ecco che se qualcuno degli associati sbaglia bisogna sanzionarlo, anche con severità. Perché il suo agire ha sabotato l’interesse comune, e perché il principale bene posto a tutela dell’interesse comune è la lealtà competitiva.
Chi infrange le regole va punito a tutela dell’interesse comune
Se qualcuno ha violato le regole, e grazie a questa violazione ha ottenuto benefici indebiti a scapito di chi si è comportato virtuosamente e nel pieno rispetto delle regole, ecco che la sanzione è sacrosanta. Nello specifico: se un club si è potenziato senza rispettare i parametri di sostenibilità finanziaria, e grazie a questa slealtà ha ottenuto successi sportivi a danno di concorrenti che per rispettare quei parametri non hanno avuto margine per potenziarsi, allora quel club va sanzionato dal soggetto che tutela l’interesse comune. Che in quel caso non è più l’interesse comune di tutti, ma l’interesse comune di tutti meno uno.

Anche in Francia e nella Liga spagnola le cose vanno così
Così funziona un’associazione d’interessi che si rispetti. E così funziona non soltanto la Premier league. Anche la Ligue 1 francese ha un sistema di controlli molto severo, demandato a un organismo interno che con qualche enfasi viene definito «gendarme finanziario». Si chiama Direction National du Contrôle de Gestion e il sentir pronunciare il suo acronimo (Dncg) incute timore ai club. E quanto alla Liga spagnola, sotto la presidenza di Javier Tebas ha adottato un rigido sistema di controllo amministrativo che in molti casi ha stoppato le manovre dei club sul mercato dei trasferimenti.
Dal Chievo al Parma, le prove non impeccabili della Covisoc
E invece in Italia cosa succede? Succede che l’ente deputato a controllare i conti dei club è di emanazione della Federazione italiana gioco calcio (Figc). L’ente si chiama Covisoc (Commissione di vigilanza sulle società di calcio) e ha il compito di stabilire se le gestioni dei club siano in linea coi parametri per il rilascio delle licenze nazionali. La storia della Covisoc è fatta di prove non impeccabili. Dal Chievo in poi il dossier delle plusvalenze registra una sequenza sconfortante E casi come quelli del Parma, che a stento portò a conclusione la stagione 2014-15 prima di fallire, aggiungono un tono non edificante. Ma al di là della casistica, rimane il dato di fatto che l’ente deputato al controllo amministrativo dei club professionistici italiani, compresi quelli di Serie A, è espresso dalla federazione e non dalla Lega di Serie A.

L’emblematico conflitto sull’indice di liquidità
Il dettaglio basterebbe per segnare lo scarto abissale fra la cosiddetta “Confindustria del calcio italiano” e le altre leghe di punta del calcio europeo (per non dire delle leghe professionistiche nordamericane, che in materia di controlli sono ancora più rigide). Ma non è ancora tutto. Perché non soltanto la principale lega del nostro calcio è ben lieta di delegare a un ente esterno il controllo sulla gestione dei suoi associati, ma anche si oppone ai tentativi della Figc di rafforzare i meccanismi di controllo. Il conflitto messo in scena nell’estate 2022 sul tema dell’indice di liquidità, che la federazione avrebbe voluto più severo, è il segnale più potente di questo stato delle cose. E dà la misura di quale sia l’auto-percezione di ruolo che la Lega di Serie A coltiva: un fortino in cui regna l’ordine del caos. Fatto di gente che passa il tempo a litigare e chiede soltanto d’essere lasciata libera di farlo, capeggiata da un presidente eletto con maggioranza risicatissima per fare da bidello a una classe riottosa dove non vogliono andare più nemmeno i supplenti. Figurarsi controllare i conti delle società, che infatti continuano a andare a picco.