Pierfrancesco Majorino ha scelto di scalare, dal versante più difficile, la montagna più dura del Giro d’Italia del centrosinistra tornato all’opposizione: la Lombardia, contesa tra il leghista Attilio Fontana e la candidata del Terzo polo Letizia Moratti. Per competere in una sfida col baricentro spostato a destra, il Pd ha deciso di puntare su un sincero esponente della sinistra interna. Una candidatura debole, sottotono, sostengono i critici. Ma fortemente identitaria. Un dettaglio da non sottovalutare visto che la partita di Majorino per Palazzo Regione sarà un test importante per i dem che cercano di porsi come punto di riferimento del campo progressista in via di ricostruzione.
Le forze del centrosinistra lombardo mi hanno chiesto di essere il candidato della coalizione alla Presidenza di Regione Lombardia. Sono onorato ed emozionato.
(segue qui)https://t.co/2AYrLri2ds— Pierfrancesco Majorino (@pfmajorino) November 17, 2022
La sfida di Majorino: scalare la Lombardia da sinistra
Quarantanove anni, milanese doc, un passato nella sinistra “moderata” della gioventù comunista (Fgci) prima di entrare nei Ds, Majorino è stato vicino a Livia Turco, con la quale durante il suo mandato da ministro della Solidarietà sociale ha collaborato tra il 1998 e il 2001 occupandosi di politiche giovanili. Tenendo però sempre il capoluogo lombardo come spazio d’azione politico. Eurodeputato dal 2019, e precedentemente assessore alle Politiche sociali («la più rognosa di tutte le cariche», era solito ripetere) nelle Giunte di Giuliano Pisapia e Giuseppe Sala, Majorino è ora chiamato a un compito improbo. Ma dall’importante prospettiva politica. In primo luogo, Majorino intende ricostruire il ponte tra Pd e il civismo; in secondo luogo, la sua candidatura è l’unica che, per il comune afflato sociale, potrebbe aprire uno spiraglio di pace col Movimento cinque stelle. Infine, al di là del risultato, la Lombardia è una platea importante per la sinistra dem in vista del Congresso primaverile del Pd.

L’assessore attento alle periferie
Nel centrosinistra lombardo tanti descrivono Majorino «umile» e dedito al lavoro. Da assessore era tra i pochi membri della giunta a conoscere, e financo a vivere, le periferie. Nel 2016 propose addirittura di vendere lo stadio di San Siro per finanziare un’opera di riqualificazione. Figlio di Porta Romana, cioè di una Milano un tempo considerata periferica e via via diventata centro, ironicamente al confine con quella Ztl in cui il Pd nazionale pare essersi trincerato, Majorino si è spesso battuto per i migranti, da lui difesi con l’impegno per l’accoglienza e nel 2019 con il sostegno alla Capitana Carola Rackete nel pieno del suo braccio di ferro con Matteo Salvini. Una scelta di campo netto che lo ha portato a sostenere apertamente lo ius soli, chiedendone l’approvazione durante il governo Conte II, e in Europa a rifiutare il voto ideologico sull’equiparazione tra nazismo e comunismo. Il suo amico scrittore Giuseppe Genna ricorda una frase che ripeteva da ragazzo: «È col dolore e con la gioia che si confronta l’idea di sinistra». Parole che suonano come un programma.
Dico che sono contro l'equiparazione banale tra #comunismo e #nazismo che fa piangere sul piano storico innanzitutto. E da ieri mi trovo a dover spiegare che PERÒ detesto lo stalinismo, i gulag, la repressione dell'Ungheria e compagnia terrificante.
Tempi moderni.— Pierfrancesco Majorino (@pfmajorino) September 22, 2019
La rete di Majorino: da Cappato a Landini
Con l’associazione Casa Comune, a partire dal 2019, Majorino ha raccolto attorno a sé i volti più noti dell’intellighenzia progressista e di sinistra milanese per proseguire le sue battaglie in città dopo lo sbarco all’Europarlamento. Attorno all’associazione che porta il nome del progetto di Mikhail Gorbaciov per un’Europa di pace dopo la Guerra Fredda si sono radunati, negli anni, l’attivista Marco Cappato, lo scrittore Antonio Scurati, il leader Cgil Maurizio Landini, l’ex presidente di Emergency Cecilia Strada, il disegnatore Makkox, e il presidente della Casa della Carità don Virginio Colmegna. Questi i “mondi” che Majorino vuole mettere insieme, andando oltre il tentativo, naufragato, di coalizione civica, politico-imprenditoriale e strettamente urbana messa insieme da Giorgio Gori nel 2018. Majorino vuole testare la capacità del Pd di aggregare attorno a sé la sinistra radicale, gli ecologisti, le associazioni di volontariato per il sociale, i lavoratori delle periferie, i movimenti cattolici progressisti, le Onlus per i diritti civili come i Sentinelli.
Il tentativo di riconquistare il terreno ora occupato dal M5s
Vincere puntando, come dice Genna, su quella «sinistra realista e ideale, che ha la fraternità come perno centrale» è sempre stata l’ambizione di Majorino. Che mira a portare il centrosinistra sul terreno oggi egemonizzato da Giuseppe Conte, quello dell’ecologismo, del pacifismo, della lettura da sinistra del messaggio sociale e politico di Papa Francesco. Indicativo che prima di annunciare la sua candidatura alle Regionali, abbia partecipato alla Marcia della Pace di Roma del 5 novembre scorso, al fianco della Rete Pace e Disarmo e di oltre 400 altre associazioni. Tra i membri del Pd solo Rosy Bindi, altra esponente apprezzata dalla Base che non si ritrova nei dem di Enrico Letta, ha ricevuto gli stessi applausi di Majorino, raccontano i presenti alla manifestazione.

L’impresa si preannuncia difficile, ma per Majorino e i suoi la sfida non è soltanto quella di accedere a Palazzo Regione, anzi. In primo luogo ci sarà il derby con Azione-Italia Viva in campo con Letizia Moratti. In secondo luogo le Regionali saranno un modo per testare i rapporti di forza nel Pd in vista delle Europee 2024. Dal cui risultato il partito capirà la direzione da prendere per una ricostruzione tanto annunciata ma per ora rimasta lettera morta. «Le Regionali potrebbero di fatto diventare la pre-campagna delle Europee del 2024, aumentando il consenso personale di Majorino», sottolinea il direttore di Affari Italiani Milano Fabio Massa ricordando come nello “Stato nello Stato” lombardo ogni sfida si intrecci alle altre. E una sinistra confusa e da ricostruire è il terreno ideale su cui un politico dal curriculum chiaro come Majorino può seminare.