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Spazio ai giovani

Per la prima volta gli studenti di una scuola spagnola costruiranno e lanceranno in orbita un nanosatellite. Costato un milione di euro, il progetto vuole individuare metodi utili per consentire agli astronauti di non accusare guai fisici al rientro dalle missioni.

10 Dicembre 2021 14:53 Redazione
Una scuola di Madrid lancerà un nanosatellite nello Spazio

Da qualche mese a questa parte, 29 studenti dell’istituto madrileno Las Musas sono diventati protagonisti di un particolare progetto. Affiancati da due astrofisiche israeliane, Ana B.Heller e Shimrit Maman, dedicano tempo, energie e impegno alla costruzione di SpYsat Urania, un sofisticato nanosatellite che, entro la fine dell’anno scolastico, verrà lanciato nello Spazio. Un’operazione da oltre un milione di euro, che nessuna scuola in Europa, prima d’ora, aveva mai pensato di poter intraprendere.

Com’è nato il progetto SpYsat Urania

Se l’iniziativa si sta concretizzando, il merito è dei numerosi attori che, con ruoli diversi, vi hanno preso parte. A partire da SpacePharma, una delle case farmaceutiche più note di Israele, che si occuperà di fornire la tecnologia utile al lancio e al monitoraggio della situazione in orbita, e l’Istituto Nazionale di Tecnica Aerospaziale che sovrintenderà al controllo della parte logistica. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto economico, tra gli investitori figurano, in prima linea, l’Ambasciata di Israele e il Ministero dell’Istruzione, oltre a diverse aziende tanto israeliane quanto iberiche che, catturate dall’eccezionalità dell’iniziativa, hanno scelto di stanziare fondi. 

Hoy te invitamos a seguir por Youtube la presentación del proyecto educativo STEM “Las Musas y las estrellas” en el @IESLasMusas de Madrid, promovido por la Embajada de Israel. Alumnos fabricarán y lanzarán nanosatélite y harán estudios medioambientales con imágenes de satélite. pic.twitter.com/PHsBMyyZax

— Israel en España (@IsraelinSpain) March 24, 2021

Spysat Urania, pronto per andare in orbita

Tutto è partito in piena pandemia quando, direttamente da Tel Aviv e grazie a Zoom, la dottoressa Heller ha iniziato a guidare la classe nella progettazione del nanosatellite. Il tutto nel rispetto di una rigida tabella di marcia: due lezioni a settimana in videoconferenza e una serie di incarichi assegnati ai diversi gruppi di alunni, quasi si trattasse di una start-up. I ragazzi, quindi, sono occupati di ogni particolare: dalle attività più pratiche alla gestione del marketing e della comunicazione. E ora, sbrogliata la parte teorica, si avvicina l’inizio della seconda fase. Con l’arrivo di Heller in Spagna, entrerà in funzione, dalla prossima settimana, un laboratorio messo in piedi nell’edificio scolastico. Creato ad hoc, raccoglierà dati e informazioni utili a completare la ricerca per cui è stato intrapreso il progetto, ha spiegato Heller a El Pais: «Quando gli astronauti ritornano dalle missioni, si ritrovano con molta meno massa muscolare, capacità visive più deboli, una pelle delicatissima. Come il resto del mondo, anche noi ci siamo chiesti se esistano soluzioni per evitare tutto questo e stiamo studiando duramente per individuare metodi funzionali a resistere a questi viaggi interplanetari. È inutile limitarsi a fare esperimenti sulla Terra, serve lavorare nello Spazio. Ecco perché lanceremo il nostro piccolo satellite di 35 centimetri».

Porfin tenemos nuevo prototipo!!! 🤩🛰 pic.twitter.com/owNMlR1E4Y

— EspYSat Urania (@EspYSatUrania) November 15, 2021

Puntare sulle giovani generazioni e sulle nuove tecnologie

Al momento, i ragazzi e le ragazze di Las Musas stanno cercando di capire quale sia l’orbita da prendere in considerazione e quanta energia sarà necessaria al nanosatellite per funzionare. «Sono felici di essere stati coinvolti in una sperimentazione che li mette di fronte alla pratica, non solo a un mucchio di nozioni», ha sottolineato il preside José Antonio Expósito. «Stanno imparando a pensare in grande e molti hanno trovato nell’ingegneria aerospaziale la strada da percorrere per il futuro». Quando termineranno il loro percorso di formazione, accanto ad esami e valutazioni, si porteranno dietro una grande esperienza: «Abbiamo voluto puntare sulla nuova generazione, sulla curiosità degli adolescenti, per far capire al mondo della scienza che, nei prossimi dieci anni, bisognerà guardare a loro per fare dei passi in avanti», ha aggiunto Yossi Yaman, dirigente di SpacePharma. «E, per farlo, bisogna investire nella tecnologia e prestare il fianco alle strutture spaziali, dotandole di tutto il necessario per ottenere risultati rilevanti».

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