Quando ho sentito che a Trevignano c’era una santona che moltiplicava la pizza ho pensato: ecco finalmente il leader spirituale che fa per me. Il tizio dei pani e dei pesci aveva il suo fascino, per carità, ma nell’applicazione della taumaturgia all’alimentazione collettiva era un po’ troppo elementare, e poi il pesce moltiplicato va pure pulito (il Vangelo non specifica se il miracolo comprendeva anche squamatura e sfilettatura: nel caso, se ne può riparlare). Altre religioni non sono tanto famose per moltiplicare il cibo, quanto per vietarlo, ridurlo o circoscrivere il menu a una ciotola di zuppa. Ma una religione fondata sul mantra «c’è pizza per tutti», quella sì che avrebbe offerto una nuova speranza a me e all’umanità tutta. Nel Segno della Pizza («nel nome del Forno a legna, del Pomodoro e della Mozzarella santa») la stragrande maggioranza della popolazione mondiale si sarebbe potuta riconoscere e abbracciare, lasciando alle altre fedi solo le minoranze celiache e/o allergiche al lattosio, e abbattendo finalmente i sanguinosi steccati innalzati da oltre 2 mila anni di scismi, scomuniche e anatemi.

Un sacco di orpelli triti e sfruttati: prima o poi devi scappare
Invece la veggente Maria Giuseppa Scarpulla, alias Gisella Cardia, come molti dilettanti del misticismo, ha voluto strafare. In cinque anni di attività sul lago di Bracciano, anziché costruire una religione sull’unica idea veramente moderna, forte e universale (avere tutta la pizza che vogliamo, e in questo mondo), vi ha aggiunto un sacco di orpelli triti e sfruttati: la statua della Madonna che piange sangue, le scritte in pseudo-aramaico sui muri, i messaggi soprannaturali, le stigmate, le profezie apocalittiche, le guarigioni farlocche. Tutta roba che può funzionare a lungo solo se sai gestirla con consumata abilità e con l’aiuto di uno staff preparatissimo e ben organizzato, come a Medjugorje. Se no arriva presto il momento in cui devi caricare in tutta fretta i bagagli sull’auto, nascondere i soldi nell’orlo del vestito e filare a tutta velocità verso il confine di Stato, come sembra abbia fatto sorella Gisella.

A piangere sangue sono sempre le riproduzioni sacre da quattro soldi
Il primo prodigio a venire impallinato dalla realtà, ovviamente, è stato la la statua che sanguina, installazione che gli acchiappagonzi avrebbero dovuto mettere in soffitta da quando esistono i laboratori di analisi in grado di stabilire in quattro e quattr’otto l’origine di qualunque liquido – sangue di maiale, nel caso della statuetta di Trevignano. Anche se il fenomeno più sconcertante non è che una statua della Madonna pianga sangue, ma che in Italia ci sia sempre una folla pronta a tergere le sue lacrime a suon di bigliettoni, anziché con un kleenex, come sarebbe più ragionevole. Per inciso, mi sono sempre domandata come mai a piangere siano invariabilmente riproduzioni sacre da quattro soldi in gesso o plastica, e non raffigurazioni pittoriche o scultoree di qualche interesse, non dico capolavori, ma nemmeno croste realizzate da qualche Teomondo Scrofolo da sacrestia.

È vero che se si mettesse a piangere sangue la Pietà di Michelangelo, la Santa Vergine stessa rischierebbe di incorrere nelle sanzioni previste per chi imbratta beni culturali nel ddl contro gli eco-vandali proposto da Fratelli d’Italia. Mentre le statuette delle madonnine sanguinanti, vanto dell’artigianato nostrano, potrebbero essere sostenute dal ministero del Made in Italy, soprattutto se il sangue viene da una sana macelleria italiana e non è frutto di qualche diavoleria sintetica.
Predicare l’apocalisse imminente? Ormai nel 2023 lo fanno tutti
Pure con le profezie millenaristiche Gisella Cardia ha toppato di brutto. Se c’è un modo infallibile per passare inosservati nel 2023 è predicare l’apocalisse imminente. Lo fanno tutti, dal vicino di casa al premio Nobel. Accendi la tivù e c’è uno che non solo annuncia la fine del mondo, ma ti dice esattamente quanto manca e dove comincerà. L’unico dubbio è quale tipo di apocalisse arriverà per prima, se quella nucleare o quella climatica o quella pandemica. I bookmaker inglesi raccolgono scommesse sui quattro Cavalieri: attualmente sono dati per vincenti Guerra e Carestia. Se una veggente vuole veramente distinguersi dalla massa deve predicare l’ottimismo e la fiducia nel futuro, invadendo coraggiosamente il campo dei motivatori, dei life-coach e dei consulenti finanziari alla Bernie Madoff.

L’unico dogma che resiste alla fine è quello di Wanna Marchi…
Gisella Cardia avrebbe potuto sbaragliarli tutti, agitando gioiosamente lo stendardo «in hac pizza vinces». Ma non se l’è sentita, e ha preferito ripiegare sul solito armamentario teo-folcloristico da bigotti, che in Italia conta fedeli estimatori dai tempi boccacceschi di frate Cipolla, e le ha comunque fruttato un gruzzoletto in grado di assicurarle una confortevole latitanza, pare, in Romania: niente male per un’imprenditrice fallita armata solo di una statuetta da quattro soldi e una boccetta di sangue di maiale. Ma a questo punto l’unico dogma che resiste, icastico ma inossidabile, è quello enunciato da una sua geniale collega, Wanna Marchi, nell’iconica docu-serie Netflix a lei dedicata: «I coglioni vanno inculati!».
