Tira sempre più forte il vento di scissione nel M5s. Sul tavolo, e non è un mistero, c’è il progetto di costruire da zero una creatura sulla falsariga del Movimento ma con a capo Giuseppe Conte. E chi ci starebbe? Di sicuro al suo fianco c’è Vincenzo Spadafora. Come ha ammesso in una intervista all’Huffington Post l’ex ministro dello Sport pentastellato, «una parte del gruppo parlamentare potrebbe pensare a un nuovo progetto politico». Parole non pronunciate a caso e che suonano come una minaccia: ci sono almeno 25 deputati pronti a strappare con il Movimento. La questione dunque è sul tavolo, basta un segnale per scatenate l’inferno. Un altro indizio: una fedelissima di Spadafora, la deputata Vita Martinciglio, era stata la prima a lanciare il sasso nello stagno, facendo riecheggiare proprio la parola “scissione”. Il risultato sarebbe la formazione di un newco che possa accantonare la bad company pentastellata dilaniata dalla guerra intestina tra Davide Casaleggio e i parlamentari, con Conte finito nel mezzo e Beppe Grillo in disparte per i ben noti problemi in famiglia.

Spadafora suona la sveglia e Conte risponde
Spadafora si è infilato nel vuoto grillino, dettando i tempi. Facendo anche da pungolo allo stesso ex presidente del Consiglio, con cui vuole collaborare. La strategia, secondo quanto apprende Tag43, prevede due scenari. Il piano A di Spadafora è restare nel Movimento, ma compiendo le mosse giuste per prendersi il partito, affiancando Conte nel percorso verso la leadership. «Basta una strategia decisa per scalarlo, solo che adesso occorre un’accelerazione», si osserva nel giro dei fedelissimi dell’ex ministro. E non è un caso che dopo la sveglia suonata da Spadafora l’avvocato di Volturara Appula abbia aperto lo scontro con Casaleggio. Il tempo delle diplomazie insomma è stato accantonato.
Il Piano B: una nuova creatura tutta contiana
Poi c’è un piano B. Per alcuni sarebbe addirittura la soluzione migliore: lasciare alla deriva il marchio del Movimento e rifare tutto daccapo, a partire dalla forma-partito, quindi con la possibilità di ricorrere al 2 per mille per il finanziamento e cancellando la norma dei due mandati. Tutto azzerato per lasciare indietro delle zavorre, tipo le dispute con Casaleggio. La rotta è stata abbozzata in alcuni confronti privati a Montecitorio: con la scissione è possibile costituire un gruppo parlamentare alla Camera (bastano 20 deputati). Questo significa avere a disposizione risorse economiche per l’aspetto legislativo e la comunicazione. A quel punto si partirebbe con la nascita di un partito tutto contiano, che sarebbe appetibile anche per molti dei fuoriusciti. «In tanti sono andati via in polemica con Vito Crimi oppure perché il capo politico li ha espulsi», ricorda una fonte interna.

La soluzione, sulla carta, è molto comoda, ma lo stesso Spadafora preferisce, al momento, tenerla congelata. Vuole restare nei 5 stelle finché possibile. Il simbolo del Movimento ha infatti un valore in termini di storia e di marketing politico, a cui non vorrebbe rinunciare. E poi c’è il timore sui progetti nati da scissioni: non hanno mai avuto un grande successo. Da Bersani a Renzi, la storia è nota. «La verità», spiega un fuoriuscito, «è che Conte ha perso il momento giusto per fare un partito suo». E ora deve fare i conti con quel c’è.