M5s, le tappe della rottura tra Conte e Di Maio

Stefano Iannaccone
20/06/2022

Fino all'estate 2019 tra i due regnava il sereno. Poi con la prima Manovra giallorossa sono cominciate le divergenze, le frecciate, e le smentite. Ora tra Di Maio e Conte si sta consumando l'ultimo atto. Le tappe della rottura in casa M5s.

M5s, le tappe della rottura tra Conte e Di Maio

Il divorzio ufficiale sarà sancito a breve. Questione di giorni, settimane al massimo, dicono fonti interne. Ma ormai le strade di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio hanno preso direzioni diverse. E dire che ancora nell’estate del 2019, davanti ai fotografi, i due andavano a braccetto, tanto che l’allora capo politico del Movimento 5 stelle definiva l’avvocato di Volturara Appula una «perla rara». E lo volle ancora a Palazzo Chigi per l’alleanza giallorossa. Si parla di meno di tre anni fa, che – come è noto – in politica possono equivalere a un’era geologica.

M5S, tensioni sul doppio mandato. Per Di Maio si «rischia di diventare forza politica dell'odio». E sulla questione interviene Beppe Grillo
Giuseppe Conte.

La prima Manovra giallorossa e il primo allontanamento tra Di Maio e Conte

Difficile indicare una data di inizio del duello, tra l’ex presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. Di sicuro la Manovra del 2020, la prima del governo giallorosso, ha segnato un passaggio importante sul deterioramento dei rapporti politici e personali. Era l’ottobre del 2019, quando Il ministro degli Esteri non prese bene la posizione troppo filo-Pd del presidente del Consiglio, chiedendo che fossero accolte le proposte del Movimento 5 stelle nella Legge di Bilancio, dal carcere agli evasori al niet sulle multe per i commercianti che non usano il pos. Per Di Maio era un’esagerazione perché i costi di commissione erano troppo alti. «Chi non fa squadra è fuori», commentò Conte, mettendo Di Maio e Matteo Renzi sullo stesso piano. «Come Movimento 5 stelle non possiamo non negare che certi toni usati in questi giorni, a seguito delle nostre legittime richieste, ci addolorano», rispose il ministro degli Esteri. Insomma, le divergenze sulla linea politica resero palese la tensione che, del resto, covava già da qualche settimana. Una ruggine preesistente, probabilmente fin dalla formazione del Conte bis. Di Maio voleva Riccardo Fraccaro nel ruolo di sottosegretario a Palazzo Chigi, Conte non ne voleva sapere. Ma Fraccaro e la Legge di Bilancio sono stati solo la scintilla, l’inizio di un litigio strisciante.

M5s, le tappe della rottura tra Conte e Di Maio
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (Getty Images).

Le crepe sul Mes, eterno spauracchio del Movimento

Altro atto di discordia è stato, a dicembre 2019, il dibattito sul Mes, eterno spauracchio del Movimento. In quell’occasione Di Maio indossava i panni dell’euroscettico: non gradì la linea assunta da Conte, ritenuta «la stessa di Gualtieri». Quindi troppo europeista per il ministro degli Esteri. Certo, i due protagonisti smentirono le tensioni. «Nessun malumore», affermò Conte. «Il presidente ha messo a tacere le falsità diffuse dall’opposizione. Abbiamo apprezzato la posizione ribadita circa la logica di pacchetto», fu l’aggiunta del numero uno della Farnesina. Nel frattempo, a gennaio 2020, Di Maio si dimise da capo politico del M5S, riprendendosi un ulteriore spazio di autonomia. Di sicuro va cerchiata in rosso un’altra data: il 9 maggio 2020, giorno della liberazione di Silvia Romano, dopo l’anno e mezzo di prigionia nelle mani degli Shabaab. Conte in quel caso diede l’annuncio via tweet, cogliendo di sorpresa addirittura la Farnesina che non era a conoscenza dell’operazione. Il modus operandi di Palazzo Chigi non andò giù a Di Maio e ai suoi fedelissimi. Anche perché nel messaggio su Twitter non veniva nemmeno citata la Farnesina, che pure per mesi aveva lavorato per sbloccare la situazione. Il ministro fece notare la cosa, il premier fece spallucce: mediaticamente era passato all’incasso. L’evento ha segnato uno spartiacque decisivo, è stato il vero punto di non ritorno. Le solite smentite sulle tensioni sono risultate via via meno credibili. Anche perché in Parlamento si andavano a rafforzare fazioni opposte: contiani e dimaiani.

M5s, le tappe della rottura tra Conte e Di Maio
Luigi Di Maio (da Fb).

La tregua imposta dalla pandemia e l’appoggio di Di Maio a Draghi

La tregua della pandemia è cessata non appena l’emergenza sanitaria si è affievolita. La battaglia è proseguita a colpi di retroscena, di ripicche e dissensi in Parlamento, dove i gruppi di Camera e Senato hanno sempre contato su una nutrita pattuglia di pretoriani del ministro degli Esteri, importante nella scelta di appoggiare il governo Draghi. In realtà la mossa decisiva va attribuita a Beppe Grillo, che intervenne a favore dell’intesa ottenendo in cambio la nascita del ministero della Transizione ecologica. Facendo un favore a Di Maio e scontentando un bel po’ Conte, che comunque mandò il boccone giù. In attesa di prendersi la guida del M5s. Del resto proprio il co-fondatore ha fatto sempre da pendolo, da negoziatore tra i due litiganti, nonostante l’indole notoriamente irruente.

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Giuseppe Conte (da Facebook).

Conte e il pasticcio nella corsa al Quirinale

In questo continuo precipitare del rapporto, c’è stato un momento sorprendente: lo scorso anno, proprio a fine giugno, è stato proprio Di Maio a fare da mediatore per salvare la leadership di Conte accusato da Grillo  di «inadeguatezza». Ma la funzione di paciere del ministro non ha cambiato lo scenario. Le scintille sono proseguite, dalla riforma Cartabia fino al sostegno dell’esecutivo Draghi. L’elezione del Presidente della Repubblica ha rappresentato l’epilogo: Di Maio, favorevole proprio all’elezione di Draghi al Colle, stoppò la candidatura di Elisabetta Belloni, dopo che Conte aveva in mano l’accordo con Salvini per mandarla al Quirinale. Erano già pronti gli annunci, insomma. L’uscita del ministro degli Esteri, come è noto, mandò su tutte le furie il leader del Movimento 5 Stelle, pronto a processare il rivale interno. Sembrava giunto il momento del redde rationem, poi la Russia ha attaccato l’Ucraina. Così lo scontro finale è stato rinviato. E bisogna scrivere solo la parola fine alla forzata convivenza dopo tre anni di logoramento. Con Grillo che adesso ha voltato le spalle all’ex golden boy di Pomigliano, sposando la causa dell’avvocato.