Fino alle Europee, salvo imprevisti clamorosi, Giuseppe Conte sarà saldo sulla tolda di comando del M5s. Ma poi? La stragrande maggioranza dei parlamentari pentastellati è pronta a fare professione di fede assoluta sulla longevità politica del capo, a prescindere da quello che accadrà nelle urne. L’ex premier non si tocca. Eppure qualcuno, a microfoni spenti, con Tag43 si sbottona su subordinate, ipotesi alternative, scenari da “multiverso”. Sarà l’organizzazione territoriale che non decolla, saranno i magri risultati alle Amministrative, che pure non rappresentano certo un inedito in casa cinquestelle, saranno i sondaggi da troppo tempo inchiodati intorno al 15-16 per cento, fatto sta che il M5s, ormai diventato il “partito di Conte”, «non fa più sognare e al netto di alcune battaglie non indica più una prospettiva forte di cambiamento. Serve una sferzata», dice un eletto alla seconda legislatura dietro garanzia di anonimato.
Il futuro di Conte appeso al risultato delle Europee: l’asticella della salvezza è intorno al 20 per cento
E la sferzata non può certo essere la manifestazione stellata del prossimo 17 giugno a Roma sui temi del lavoro precario, con annesse recriminazioni circa la cancellazione del Reddito di cittadinanza. «Diciamo che al momento Conte è saldo anche perché il Pd di Elly Schlein ha iniziato a perdere mordente, è in chiara difficoltà e non sentiamo più la pressione che avvertivamo durante le prime, sfavillanti settimane della neosegretaria dem», riflettono dal corpaccione parlamentare M5s. Tuttavia il calo del Partito democratico potrebbe trasformarsi in un’arma a doppio taglio dalle parti di Campo Marzio: infatti, se il tuo principale competitor è appannato, ci si aspetta che il tuo risultato elettorale sia migliore. Ergo, l’asticella delle aspettative per le Europee rischia di alzarsi via via e di conseguenza la delusione diviene più probabile. «È difficile fare adesso il giochino del risultato sopra il quale saremmo soddisfatti e sotto il quale saremmo sconfitti. Però, di questo passo, ci si aspetta che Conte riesca a raggranellare una percentuale vicina al 20 per cento, se non qualcosa in più. Potrebbe andar bene anche il 18, ma credo che il 15 per cento sarebbe insoddisfacente e sotto saremmo di fronte a una sconfitta», azzarda un parlamentare cinquestelle, considerando tra l’altro che le Europee sono elezioni in cui conta molto il voto di opinione e normalmente il M5s è abbastanza a proprio agio su questo terreno.

L’ipotesi Appendino e l’eventuale ticket con Fico
In caso di risultato negativo, se Conte fosse messo in discussione, quali le possibili alternative? Due i campi, molto lontani tra loro, su cui si muovono i ragionamenti pentastellati. Da una parte sta emergendo sicuramente la figura di Chiara Appendino e in molti non escludono un eventuale ticket con Roberto Fico, nel solco di una certa continuità con l’avvocato di Volturara Appula e di un dialogo che rimarrebbe in piedi, magari a fasi alterne, con il Pd. «Sarebbe un bel mix perché Chiara è una giovane donna che ha già esperienza, mantiene brillantezza e comunque è apprezzata negli ambienti che contano. Oltre al fatto che piace molto a Beppe Grillo. Roberto invece rappresenterebbe il ritorno alle origini e alla purezza che abbiamo smarrito, pur in una prospettiva spiccatamente di sinistra». Dunque, si tratterebbe di una leadership (Appendino) o di un possibile ticket (Appendino-Fico) che darebbero entrambi agibilità al prosieguo nel tentativo (faticosissimo) di costruzione di un centrosinistra di governo. In effetti molti hanno notato l’attivismo mediatico e il movimentismo sui territori della ex sindaca di Torino, protagonista anche durante le ultime Amministrative (in Sardegna è andata con lo stesso ex presidente della Camera). La sua ascesa alla vicepresidenza del partito, benedetta peraltro dallo stesso Conte («Chiara Appendino è sicuramente una nostra persona che valorizziamo e ce la teniamo cara»), sembra ormai solo questione di (poco) tempo. Ma allora il fu “avvocato del popolo” ha deciso di tenerla più stretta a sé per neutralizzarne eventuali ambizioni di successione? Per la stragrande maggioranza degli eletti cinquestelle si tratta di fantasie, tuttavia fa specie che la stessa Appendino, parlando due giorni fa a Otto e mezzo, abbia sentito il bisogno di precisare e di smentire certe voci: «In questo momento c’è una ridefinizione dei comitati e della struttura del M5s, decideremo più avanti il mio ruolo. La leadership di Conte però non è in discussione».

Il duo ‘anti-sistema’ Raggi-Di Battista per riconquistare i delusi
L’altro campo, diverso da quello in cui si muovono Appendino o Fico, è appannaggio di due figure ancora carismatiche in seno al partito: Alessandro Di Battista e Virginia Raggi. Un altro possibile ticket? “Dibba”, come si sa, è fuori da tempo dal M5s, ma coltiva buoni rapporti con Conte. “Virgi” invece è dentro (nonostante tutto), ma ha rapporti freddi con il presidente pentastellato. «È un caso che l’altra sera siano andati in televisione assieme? Sì, va bene gli ottimi rapporti tra i due, ma qui gatta ci cova». Il sospetto di una manovra concertata sta iniziando a serpeggiare dalle parti degli eletti. L’ex premier ha bisogno di nomi forti da schierare alle Europee e Di Battista farebbe al caso suo, visto che peraltro avrebbe ancora una “cartuccia da spararsi” in termini elettorali. Ma l’ex frontman del M5s che fu è in tutt’altre faccende affaccendato: va ospite fisso a La7, è sempre in giro ad animare incontri sulla questione palestinese, sta portando avanti lo spettacolo di teatro civile sul caso Assange. E soprattutto sta coltivando la sua associazione Schierarsi che per ora resta ancorata a un impegno culturale e civile, ma più avanti chi lo sa. «Non credo accetterebbe una candidatura di Conte e non penso rientrerebbe all’ovile così. Ma se Conte dovesse cedere il passo… chissà…», sibila un deputato. Raggi, a sua volta, è tornata molto attiva e visibile non solo grazie alla protesta contro l’inceneritore di Roma. Si è mobilitata anche su scenari internazionali con una raccolta firme per un referendum contro l’invio di armi all’Ucraina «e potrebbe pure essere incoraggiata da Alessandro nel tentativo di riprendersi, loro due assieme, il Movimento dopo un eventuale crollo di Conte». Sarebbe un ticket, questo, che a differenza di quello Appendino-Fico getterebbe definitivamente alle ortiche ogni ipotesi di alleanza strutturale con il Pd, ricollocando il M5s in una posizione anti-sistema, da “battitore libero” rispetto allo scenario politico, e tentando così di riguadagnare una fetta dei delusi che oggi sono rifluiti nell’astensionismo, con l’obiettivo di riportare il partito ben al di sopra della soglia psicologica del 20 per cento.

Resta l’incognita del vincolo dei due mandati
Appendino, Raggi, Di Battista e Fico. Quattro “vecchie glorie” della casa che però, se si esclude “Dibba”, non possono più contare su una ulteriore ricandidatura. A meno che non cambino le regole. È vero che si può fare il leader di partito senza avere una carica elettiva e gli esempi passati non mancano. Ma qui torniamo alla vexata quaestio del vincolo dei due mandati che rimane materia incandescente dalle parti di Campo Marzio. Qualcuno giura che il dossier presto o tardi sarà riaperto, ma difficilmente accadrà prima delle Europee.