Eh sì che Giuseppe Conte aveva ampiamente messo le mani avanti sugli esiti del voto amministrativo già settimane fa: «Abbiamo avuto pochissimi giorni per affrontare questa tornata elettorale comunale», facendo notare di essersi insediato appena il primo agosto. Anche i suoi fedelissimi avevano provato a costruire un cordone di protezione attorno al presidente. «Questo è il momento della semina», aveva detto ad esempio il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli. Eppure, risultati così deludenti per il M5s, soprattutto dove ha scelto di correre da solo in nome della purezza originaria, non possono che contribuire a riscaldare la brace sotto la graticola su cui è seduto l’ex premier. Il presidente pentastellato ha gioco facile nel sostenere che ancora il suo MoVimento non ha preso forma e nel rimandare al vero redde rationem che sarà quello delle Politiche, ma la navigazione di questo ultimo scorcio di legislatura sarà adesso ancora più tempestosa. E con vari fronti interni sui quali sarà necessario coprirsi.
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Flop M5s: i dimaiani pronti a presentare il conto a Conte
«I dimaiani, che non vedono l’ora di infilzare l’ex capo del governo, a questo punto probabilmente esigeranno almeno un loro nome tra i vicepresidenti», profetizza a Tag43 un deputato stellato che chiede l’anonimato. Dunque, sfumerebbe il sogno dell’avvocato di Volturara Appula di farsi una prima linea della classe dirigente tutta a propria immagine e somiglianza, mentre il ministro degli Esteri potrebbe piazzare un uomo all’Avana per marcare stretto il neo-leader cinquestelle. D’altra parte, Conte avrebbe volentieri utilizzato le sconfitte del M5s in formato extra-bipolare per rivendicare la bontà dello schema che predilige l’alleanza con il Pd: il consenso a una sola cifra a Torino, dove il Movimento governava, e i disastri di Milano e Trieste parlano chiaro. «Però il buon risultato della Raggi gli rovina la festa e nelle altre città in cui andavamo con il centrosinistra, esclusa forse Napoli, il M5s è ridotto al ruolo di junior partner, per non dire che è totalmente ininfluente. Anche in Calabria è un’ecatombe», aggiunge il parlamentare.

Il risultato di Virginia Raggi è un’arma per Di Battista
Anzi, la performance della sindaca uscente di Roma, ben oltre qualunque previsione della vigilia, rischia di essere un ulteriore impaccio nei piani di Conte. Sicuramente, per esempio, le percentuali di “Virgi” (19 per cento dei consensi) consentiranno ad Alessandro Di Battista di sparare dall’esterno a palle incatenate contro la linea di un M5s a suo dire troppo remissivo, silente e accucciato sotto la sedia di Draghi al mero scopo di difendere le poltrone. Il voto alla Raggi è, per paradosso, l’unico risultato dignitoso dei pentastellati in questa tornata e non si tratta certo di un esito che può ascriversi alla linea della fedeltà al Pd e al governo delle larghissime intese. C’è dunque da scommettere che l’ex deputato vellicherà la pur minoritaria corrente interna al Cinquestelle che ancora fa riferimento a lui o comunque lo ascolta con forte interesse.
Il nuovo M5s pronto ad alzare i toni della polemica in maggioranza
A questo punto Conte in qualche modo dovrà rispondere. Al netto di una sicura accelerazione sulla definizione degli organismi interni, l’ex premier cercherà la convergenza sul candidato di centrosinistra a Torino e Roma (difficilissima in entrambi i casi) e alzerà la soglia di polemica interna alla maggioranza sulle scelte del suo successore a Palazzo Chigi. L’appoggio a Draghi non è ovviamente in discussione, ma una guerriglia con il coltello tra i denti potrebbe essere funzionale all’esigenza di definire meglio il profilo del nuovo M5s. Insomma, il professore pugliese accentuerà di sicuro i toni su alcune battaglie e temi identitari per i pentastellati. Chi si aspetta un Movimento più remissivo, perché indebolito dal voto, su fronti come il Reddito di cittadinanza o la transizione ecologica è destinato a rimanere deluso. Il parlamentare cinquestelle prevede: «Le frizioni nei confronti di Cingolani, ad esempio, potrebbero diventare un vero e proprio logoramento. E poi ci sono questioni più specifiche, ma non meno importanti, come la cedibilità, in stile superbonus, dei crediti fiscali di Transizione 4.0: su questo il M5S alzerà il tiro. Ne vedremo delle belle».