«Ambiente di lavoro pericoloso per l’incolumità dei dipendenti addetti a tale lavorazione». Così i giudici del tribunale di Prato pubblica le motivazioni della sentenza che ha portato alle condanne per i titolari della ditta di Montemurlo dove lavorava la 22enne Luana D’Orazio e per un tecnico della manutenzione esterno. La 22enne perse la vita perché i capelli si impigliarono all’interno del macchinario dove lavorava, che l’aveva poi trascinata all’interno senza possibilità di fuga.
Luana D’Orazio, la mamma commenta le motivazioni della sentenza per le condanne
Ruotando a una velocità di 25 metri al minuto, l’orditoio non avrebbe lasciato scampo alla ragazza «Morendo per asfissia da schiacciamento della gabbia toracica con meccanismo compressivo» si legge nelle carte presentate dal tribunale. In più, il giudice fa riferimento a un ponticello elettrico «Per far funzionare l’orditoio con la saracinesca abbassata, e l’assenza di protezione su una staffa sporgente, la stessa in cui restarono incastrati gli abiti della giovane operaia», modifiche che – secondo i giudici – avrebbero causato la morte della giovane.

Per i due imputati a processo sono state concesse le attenuanti per «il tempestivo adempimento alle prescrizioni imposte dalla Asl per mettere in sicurezza i macchinari posti sotto sequestro» e per la somma di 1 milione e 100 mila euro offerta ai familiari come risarcimento. L’azienda è oggi in piena attività.
Cosa dice la sentenza
Stando a quanto si legge nella sentenza, la ragazza sarebbe morta per via dello schiacciamento della gabbia toracica dovuto alla compressione del macchinario. Per la giovane non ci fu nulla da fare quel 3 maggio 2021, quando avvenne l’incidente sul lavoro. Solo dopo, dalle indagini emersero le criticità e le presunte manomissioni sul macchinario.

Le condanne sono di 2 anni per Laura Coppini e di 1 anno e 6 mesi per il marito Daniele Faggi, che hanno patteggiato. Per il tecnico manutentore si procederà con il rito ordinario. La mamma di Luana ha commentato così la sentenza: «Non ho parole, mi aspettavo più rispetto».