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Al tavolo con l’algoritmo

La logistica sta esplodendo. Cosa fare? Al ministero del Lavoro si insedia una task force per arginare l’illegalità, mentre i sindacati pensano a una certificazione per tracciare gli appalti.

22 Giugno 2021 11:2222 Giugno 2021 11:24 Ulisse Spinnato Vega
logistica: come sanare la situazione

Ora si tratta di scendere nell’inferno della logistica e mettere mano a un settore in cui quasi tre aziende su quattro presentano irregolarità, un buon terzo è a rischio di infiltrazioni criminali e in cui i colossi esternalizzano per poi voltarsi spesso dall’altra parte. Il comparto, 1,3 milioni di lavoratori, di cui 700 mila autisti, è dominato da otto-nove grandi player che hanno in mano il 65 per cento del mercato. Si tratta di marchi celebri come Fedex, Tnt, Bartolini, Sda, Gls o Dhl, quasi tutti controllati da capitali stranieri. Sotto di loro, gli appalti sul trasporto si sbriciolano in una miriade di subappalti: una scala discendente di padroni e padroncini sempre più piccoli, un piano inclinato che conduce al precariato e allo sfruttamento selvaggio, fatto di lavoro interinale, somministrato, a intermittenza. E buste paga da fame.

Il contratto nazionale firmato un anno fa sarà valido fino al 31 marzo 2024

Il Ccnl logistica, trasporto e spedizione è stato rinnovato dalle 23 associazioni datoriali del settore appena un mese fa ed è valido fino al 31 marzo 2024. Tuttavia, troppo spesso il contratto diventa una foglia di fico dietro cui fioriscono accordi peggiorativi con turni e orari massacranti, applicati da finte cooperative che non badano alle tutele e alle garanzie per i lavoratori. La tragedia di venerdì mattina, davanti ai cancelli del centro logistico Lidl di Biandrate, nel Novarese, è solo la punta dell’iceberg di una guerra tra poveri che non può essere più abbandonata alla logica del massimo ribasso e alla regolazione degli algoritmi che ormai rappresentano, di fatto, i “direttori del personale” in molti settori connessi alle piattaforme informatiche e alla new economy.

governo e sindacati per sanare logistica
Uno sciopero nella logistica (dal siti di S.I Cobas).

La task force del ministero del Lavoro

Al ministero del Lavoro si è da poco insediata una multi Agenzia, una task force composta da Inps, Inail, Ispettorato nazionale del lavoro e Agenzia delle entrate, che proverà a cavare il ragno dal buco. Il titolare di via Veneto, Andrea Orlando, ha fotografato senza fronzoli la situazione: «C’è il rischio di avere sulla carta un bel contratto firmato e poi un algoritmo digitale che scandisce orari e turni. Un algoritmo dentro il quale nessuno è in grado di guardare e che diventa il vero contratto da rispettare». Certo, la materia attiene principalmente al terreno della contrattazione e della dialettica tra le parti sociali, tuttavia potrebbe essere utile una norma primaria che puntelli alcuni principi chiave.

Tra le ipotesi una certificazione di sostenibilità sociale

Tra gli addetti ai lavori, in analogia con quanto avviene in altri settori, si ragiona ad esempio su una sorta di certificazione di sostenibilità sociale, come il Durc contributivo e fiscale, per distinguere le vere cooperative dalle false. Ciò condurrebbe a una tracciabilità della esternalizzazione e dell’appalto di cui anche i giganti in testa alla filiera, gli “over the top”, sarebbero in qualche modo responsabili. Aldo Milani è coordinatore nazionale del Si Cobas, lo stesso sindacato cui apparteneva Adil Belakhdim. Interpellato da Tag43, la sua reazione rispetto a possibili innovazioni normative è disincantata: «Si possono pure fare nuove leggi, ma qui il problema sono gli scarsi controlli e le eventuali sanzioni, davvero irrisorie. Il contratto viene disapplicato, aumentano evasione fiscale e contributiva, inoltre le grosse società utilizzano sistemi di scatole cinesi per gonfiare i costi fittizi e far sparire i soldi. In questo modo è facile aggirare le norme».

La via dell’internalizzazione 

Inoltre, aggiunge Milani, «sui lavoratori aumenta via via la pressione di due fattori: da una parte l’automazione e dall’altra il reclutamento di manodopera immigrata sempre meno qualificata o spesso irregolare. Ciò accade mentre i colossi si rivolgono a società di security e a bodyguard per sedare le proteste. Ma la cosa più grave è che ci sono anche dipendenti, precari e ricattati, disposti, una volta finito il turno a 30 euro al giorno, a menar le mani contro i loro colleghi in agitazione». Infine il sindacalista di base tratteggia la via d’uscita: «Bisogna internalizzare e costringere i giganti ad assumere direttamente i lavoratori. Inoltre, le grandi aziende devono interloquire con le sigle realmente rappresentative, serve agibilità sindacale per noi. Altrimenti anche l’internalizzazione rischia di essere fatta a condizioni peggiorative».

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