In Lettonia, c’è una comunità di poco più di duecento persone che, ogni giorno, prova a preservare dall’estinzione l’antica lingua livone. Un idioma misterioso di vocali, dittonghi e trittonghi, costruito su una grammatica complicata, fatta di casi, nomi senza un genere e coniugazioni senza il futuro. A differenza del lettone, che appartiene alla famiglia delle lingue baltiche, il livone fa riferimento al gruppo ugrofinnico, più diffuso in Russia.
Storia della minoranza etnica più piccola d’Europa
Ad oggi i conoscitori del livone compongono la minoranza etnica più piccola d’Europa, ma non è sempre stato così. Per secoli, la lingua è stata tenuta in vita dai pescatori che si muovevano lungo le rotte orientali e da una comunità di oltre 30mila persone. Nonostante le vicissitudini storiche, comunque, i Livoni hanno profuso grandi sforzi per preservare l’idioma, sia nel passaggio dal controllo tedesco a quello russo, sia in seguito all’integrazione, a cavallo del ventesimo secolo, nella Repubblica di Lettonia.
A great @BBC_Travel story about one of the smallest ethnic groups in Europe – the Livonians/ Livs/ Līvlizt who speak a Finno-Ugric language and inhabit the Western coast of Latvia.https://t.co/kWsHem1hL5 via @BBC_Travel
— Latvia in the UK (@LVembassyUK) May 17, 2021
A innescare la graduale sparizione, tuttavia, sono stati gli effetti della seconda guerra mondiale e, soprattutto, di decenni di occupazione sovietica. Molti indigeni persero la vita tra arresti e deportazioni, altri fuggirono in Svezia per salvarsi la vita. Quando, nel 1991, la Lettonia ottenne finalmente l’indipendenza, la comunità livone era frammentata e la lingua troppo contaminata dalle influenze. «È stato il momento in cui la variante originale è scomparsa», ha spiegato alla BBC Davis Stalts, nipote di uno degli ultimi madrelingua nativi. «L’Unione Sovietica ci ha cancellato, neppure la Germania ci era riuscita in 700 anni».
La recente riscoperta del Livone
Di fronte a un quadro così pessimistico, resta, però, una speranza. Recentemente è tornato l’interesse per il livone, alimentato dalla creazione di una serie di programmi e corsi finanziati dallo Stato e da diverse associazioni straniere. Molti degli iscritti appartengono alle generazioni più giovani, che hanno il desiderio di riscoprire un’identità che nessuno ha saputo raccontare. Proprio come ha fatto Dženeta Marinska, proprietaria di una pensione a Kolka: «Ho deciso di studiare il livone perché lo sentivo parlare quando ero piccola, avevo dei ricordi precisi, ma lontani», ha raccontato sempre alla BBC. «Sono felice e orgogliosa di poterlo usare, di capirlo. E quando cantiamo tutti insieme, è emozionante».
Proprio la musica sta contribuendo in maniera importante alla tutela della lingua. Diversi sono i gruppi folk e i cori che intrattengono il pubblico con pezzi della tradizione. I NeiUm, ad esempio, un mix di avanguardia e storia che punta a conquistare i giovani. «Cantiamo in livone, ma usiamo beat e le basi della musica elettronica ed etnica». Così la sopravvivenza non appare impossibile. Almeno agli occhi di Stalts: «Non so se la comunità continuerà a esistere, ma credo proprio che la lingua non morirà così velocemente. La gente si sta accorgendo dell’importanza di salvaguardare le radici e sta prendendo consapevolezza di quanto questa cultura abbia ancora da dare».