Giù gli occhiali

Redazione
09/12/2021

La grande regista Lina Wertmüller è morta nella notte a Roma a 93 anni. I suoi film hanno segnato un'epoca e fatto la storia del cinema italiano.

Giù gli occhiali

Lina Wertmüller è morta nella notte tra 8 e 9 dicembre a Roma. La grande regista aveva 93 anni. Era nata il 14 agosto 1928 e aveva firmato capolavori del cinema italiano come Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto Mimì metallurgico segnando la storia della commedia italiana. Con Pasqualino settebellezze (1976) è diventata la prima donna a essere nominata per un Oscar alla regia. Nel 2019, 42 anni dopo, l’Academy le conferì l’Oscar alla carriera. I suoi iconici occhiali bianchi, la battuta sferzante, la simpatia contagiosa e contestataria sono diventati nel tempo suoi segni caratteristici. In generale, i film di Wertmüller riflettono molto i suoi impegni politici con personaggi principali anarchici, comunisti, femministi o comunque fedeli a un credo, e il nocciolo delle trame incentrato sui conflitti politici o socioeconomici.

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La lunga amicizia con Giannini, Mastroianni e Fellini

Con il nome completo Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Español von Braueich, la regista nacque a Roma da una famiglia svizzera cattolica romana. Sebbene suo padre volesse che lei diventasse un avvocato, si iscrisse a una scuola di teatro. Dopo essersi diplomata, il suo primo lavoro fu girare l’Europa con uno spettacolo di marionette. Per i successivi 10 anni lavorò come attrice, regista e drammaturga a teatro. In questo periodo conobbe Giancarlo Giannini, che in seguito sarà protagonista di molti suoi film. Attraverso la conoscenza con Marcello Mastroianni, invece, entrò in contatto con Federico Fellini che nel 1962 le offrì il posto di aiuto regista ne La dolce vita e . Il debutto alla regia l’anno successivo, con I Basilischi, vincitore della Vela d’oro del Festival di Locarno, un film il cui soggetto (la vita delle persone povere nel Sud Italia) sarebbe diventato un motivo ricorrente nei suoi lavori successivi.

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Lina Wertmüller (Getty Images).

Il matrimonio con lo scenografo Enrico Job

L’anno dopo iniziò il sodalizio con Rita Pavone in televisione per Il giornalino di Giamburrasca, col quale diventò la prima donna in Italia ad avere successo in tv ai tempi degli “sceneggiati” e d’un colpo una regista ricercatissima dai produttori. Nello stesso periodo incontrò lo scenografo teatrale Enrico Job (morto nel marzo 2008) con cui si sposò, condivise la carriera artistica e adottò la figlia Maria Zulima. Il suo primo, grande successo nel 1972, Mimì metallurgico ferito nell’onore, in cui per la prima volta lavorò con l’amico Giannini. Il film ebbe un travolgente successo in sala e si guadagnò l’invito al festival di Cannes. La sua mania per i titoli di lunghezza fluviale diventò in fretta un marchio di fabbrica che la fece entrata nel Guinness dei primati per il titolo del film più lungo: Un fatto di sangue nel comune di Siculiana fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici. Amore-Morte-Shimmy. Bella Lugano. Tarantelle. Tarallucci e vino (film del 1979).

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Lina Wertmuller a Hollywood (Getty Images).

I sodalizi con Sophia Loren e Paolo Villaggio negli Anni 90

Il suo cinema segnò indissolubilmente la cinematografia italiana degli Anni 70. I film – da Tutto a posto e niente in ordine a Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto misero ogni volta d’accordo critica e pubblico. Negli Anni 80 si concentrò su temi storici e politici che percorrono (da La fine del mondo… e Fatto di sangue tra due uomini… fino a Notte d’estate…), mentre negli Anni 90 conobbe un nuovo successo grazie a  Sophia Loren con cui portò in tv un riuscito adattamento di Sabato, domenica e lunedì di Eduardo e quello a Paolo Villaggio per Io speriamo che me la cavo dal libro di Marcello D’Orta. Ritornò due volte a fare coppia fissa con l’amica Loren, tentando l’affresco storico con Ferdinando e Carolina, rivisitando i suoi personaggi tipici aggiornandoli con volti nuovi come Veronica Pivetti o Claudia Gerini. Nelle sue opere ha sempre celebrato la cultura partenopea tanto da meritarsi la cittadinanza onoraria di Napoli e da debuttare al Teatro San Carlo con una felice regia della Carmen di Bizet.