Poche registe come Lina Wertmüller, scomparsa a 93 anni nella sua casa romana, hanno saputo incarnare l’Italia “scugnizza” e istrionica e nessuna come lei, di nobili origini da parte di padre, è stata capace di trasmettere la poesia di personaggi rappresentati nelle loro debolezze.
Addio a Lina Wertmüller: sette film per ricordarla
Prima donna candidata come regista agli Oscar nel 1977 con Pasqualino Settebellezze e Oscar onorario nel 2020 Lina Wertmuller è stata la pietra miliare per tutte le registe che hanno osato sfidare il maschilismo imperante nel mondo del cine,a cinema. Non a caso, tirò una frecciatina allo star system durante la consegna dell’Oscar onorario: «L’Oscar è maschilista. Chiamatelo Anna!», disse. Attraversare la sua filmografia è un tuffo in quasi tre quarti di secolo di storia italiana. Ecco sette dei suoi film più noti
I Basilischi, 1963
Wertmüller esordì come regista nel 1963 con I Basilischi, una amara e grottesca narrazione della vita di due amici del sud Italia: uno studente svogliato e un ragioniere. I due trascorrono le giornate negli stessi luoghi, facendo i medesimi discorsi, preferendo la monotonia quotidiana a qualunque altro possibile sbocco. Si tratta del primo lungometraggio della Wertmüller che, come ricorda il Morandini «dimostra mano sicura e approfondisce l’indagine psicologica e sociale della realtà meridionale».
Mimì metallurgico ferito nell’onore, 1972
Protagonista di Mimì metallurgico ferito nell’onore è Carmelo Mardocheo (Giancarlo Giannini), operaio siciliano che trova lavoro a Torino dove conosce Fiore di cui diventa amante interpretata da Mariangela Melato. Fiore gli dà un figlio. Tornato nella natìa Catania grazie a una “promozione” della mafia, Carmelo apprende però che anche sua moglie è incinta e il “responsabile” è un il brigadiere Amilcare Finocchiaro. A sua volta vendica l’affronto seducendone la consorte Amalia fino a farla rimanere incinta. Il rivale in amore viene però ucciso da un boss mafioso che mette la pistola in mano a Carmelo che viene così accusato e messo in carcere. Una volta scontata la pena ad aspettarlo trova dell’uscita trova otto bambini, la moglie fedifraga, l’amante settentrionale e la vedova del brigadiere. Per poter mantenere tutti è costretto a fare da galoppino elettorale a un capo della mafia, incarnando così tutto quello che aveva sempre odiato della sua Sicilia. Fiore, l’unica donna che per lui conti veramente, stufa di sopportare tutto, ne ha abbastanza e lo abbandona.
Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…”, 1973
Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” è ambientato all’inizio degli Anni 30. Il contadino lombardo Antonio Soffiantini (Giancarlo Giannini), detto Tunin, scioccato per l’uccisione di un amico da parte dei carabinieri, va a Roma per uccidere Mussolini. Viene ospitato in una casa chiusa da una prostituta, Salomè. Arrestato e pestato dalla polizia politica Tunin muore in carcere, ma la sua morte viene fatta passare per suicidio.
Tutto a posto, niente in ordine, 1974
In Tutto a posto, niente in ordine, un gruppo di immigrati meridionali è costretto alla coabitazione in una casa di ringhiera a Milano, dividendosi le spese. Gino, dopo vari sforzi per cercare un lavoro onesto, si dà alla malavita. Carletto diventa cuoco, Biky e Adelina fanno le cameriere, Isotta finisce invece su un marciapiede. Sante, un siciliano, in breve diventa padre di sette figli e finisce in carcere, implicato in un tentativo criminoso al quale è peraltro estraneo.
Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, 1974
Un marinaio siciliano comunista (Giancarlo Giannini) deve sottostare ai capricci della padrona (Mariangela Melato) la viziata moglie di un industriale milanese, ma quando lo yacht naufraga in un’isola deserta lui si prende la sua rivincita. Dopo il salvataggio e l’amore, però, tutto tornerà come prima.
Pasqualino Settebellezze, 1976
Ancora una volta è il dizionario enciclopedico del cinema Il Morandini a dare la migliore sintesi di cosa è stato Pasqualino Settebellezze: «Ritratto di una vittima che finisce per diventare un mostro». Nella Napoli del 1936 un giovane proletario uccide il seduttore di una delle sette (brutte) sorelle, è rinchiuso in un manicomio criminale da cui esce come volontario di guerra, finisce in un lager tedesco e diventa kapò. Rientrato a Napoli, trova madre e sorelle che sono diventate prostitute. Ottavo film di Wertmüller, è un’analisi feroce della filosofia della sopravvivenza a ogni costo.
Io speriamo che me la cavo, 1992
A chiudere la panoramica sull’opera di Lina Wertmüller abbiamo deciso di mettere una perla poetica mai dimenticata con una Paolo Villaggio nei panni di un professore del nord alle prese con i piccoli studenti della periferia di Napoli dal destino già scritto, ma non segnato. Io speriamo che me la cavo, tratto dall’omonimo libro di Marcello D’Orta, lancia un preciso messaggio: dall’istruzione può arrivare il riscatto, sociale ed economico.