Esce in questi giorni L’eroe criminale. Stepan Bandera e il nazionalismo ucraino (Rubbettino), il nuovo libro di Marco Fraquelli, studioso della cultura di destra, allievo del politologo Giorgio Galli e collaboratore di Tag43. Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo uno stralcio dell’introduzione.
Il revival di Maidan
Il nome di Stepan Andreevich Bandera, perlopiù sconosciuto al di fuori dei confini ucraini e russi, è riecheggiato, di recente, anche a livello internazionale, e in Italia, in relazione alla guerra iniziata il 24 febbraio 2022 con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Bandera è tornato alla «ribalta» perché rievocato ‒ e celebrato – soprattutto dai militanti ucraini dei due principali movimenti ultranazionalisti di estrema destra Svoboda e Pravyj Sector (i militanti si autodefiniscono proprio come legittimi eredi di Bandera), protagonisti durante la cosiddetta «Rivoluzione di Maidan» o «Euromaidan» del 2014 e oggi tra i più accesi combattenti – perlopiù inquadrati nel battaglione Azov ‒ contro la Russia…

Un profilo ambiguo
Tutto ciò non ha potuto che accentuare, per non dire esasperare, quell’ambiguo profilo tra il nazionalista (antirusso e anticomunista) e il filofascista che, da sempre, accompagna la memoria di Stepan Bandera. Una memoria su cui aleggia anche lo spettro – o la colpa, se si preferisce – del collaborazionismo con i nazisti, un collaborazionismo che, seppure temporalmente limitato e in parte più tattico che convinto, rappresenta, ancora oggi, un tema che divide l’opinione pubblica ucraina (e internazionale)…

L’ambasciatore poi rimosso
Due recenti esempi per tutti. Il 2 luglio 2022, intervistato per quasi tre ore dal giornalista tedesco Tilo Jung, che lo ha incalzato proprio sull’ambiguità di Bandera, l’ambasciatore ucraino in Germania, Andrij Melnyk, ne ha strenuamente difeso la figura: «Non ha contribuito all’Olocausto» ha detto il diplomatico, «non è stato coinvolto nei massacri di ebrei e polacchi; non era legato all’Italia mussoliniana o alla Germania hitleriana». L’ambasciatore, che già in passato aveva suscitato polemiche decidendo di recarsi a visitare la tomba di Bandera, ha molto insistito sul fatto che non vi siano prove che a comandare i massacri di civili e di ebrei fosse stato Stepan Bandera, e che il suo presunto feroce antisemitismo sia nient’altro che il frutto di una «narrazione» occidentale molto influenzata dalla propaganda russa. Per il diplomatico, Bandera è stato semplicemente un «combattente per la libertà». Tutto ciò ha suscitato grandi reazioni di indignazione, anche a livello internazionale. Ma critiche a Melnyk sono arrivate anche dall’Ucraina, dove, addirittura, lo stesso governo ha preso le distanze dal suo diplomatico (poi rimosso dall’incarico).
La beffa a Stephen King
La seconda vicenda è certamente meno drammatica e politicamente pregnante, ma pur sempre indicativa del clima che ancora oggi si respira attorno alla figura di Stepan Bandera. Ed è una vicenda che coinvolge un personaggio conosciuto a livello globale: Stephen King, celeberrimo autore di best seller come Shining e Carrie, il quale, caduto vittima di uno scherzo, ha tessuto pubblicamente le lodi di Bandera, salvo poi doversi scusare e fare altrettanto pubblica ammenda attraverso una mail al quotidiano Press Herald. Questa la sintetica ricostruzione dei fatti: a fine luglio 2022, King riceve una telefonata da quello che lo scrittore ha creduto fosse nientemeno che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che gli avrebbe chiesto di recarsi in Ucraina per combattere come soldato. Nel corso della conversazione, il presidente gli avrebbe anche descritto le gesta patriottiche di Bandera, spiegandogli che il leader dei nazionalisti combatté contro l’Unione Sovietica durante la Seconda guerra mondiale, e che, seppure commise qualche crimine, si trattò di atti per nulla gravi; si trattò, è vero, di qualche crimine contro gli ebrei, ma «è importante distinguerlo da Putin».

Stephen King non ha quindi esitato a rilanciare sui social il suo apprezzamento a quel «grande uomo» di Bandera. Peccato che all’altro capo del telefono non ci fosse il presidente ucraino, bensì di due noti «prankster» (burloni) russi… noti con il nickname di Vovan e Lexus. L’inganno è stato ben presto scoperto, grazie al vespaio suscitato dalle dichiarazioni pro-Bandera di Stephen King, che ha dovuto confessare di essere cascato in pieno nel tranello, non sapendo minimamente chi fosse Bandera, e credendo ingenuamente che al telefono vi fosse davvero Zelensky…
Eroe o criminale?
Tutto, insomma, fa capire quanto «divisiva», oggi si direbbe così, sia ancora la figura di Stepan Bandera. Credo, a questo proposito, si possa dire che, nella storia del movimento nazionalista ucraino, ma si potrebbe forse più. in generale dire nella storia dell’Ucraina del XX secolo, non esista una figura di rilievo più controversa di Bandera, padre nobile, o reietto, a seconda delle interpretazioni. Partigiano, patriota della Seconda guerra mondiale ed eroe nazionale per alcuni, criminale di guerra, filonazista (il suo nome viene spesso accostato a quello di Hitler) e sterminatore di polacchi ed ebrei per altri, Bandera, a cui sono intitolate vie, piazze e monumenti, divide in due l’opinione pubblica ucraina, ma non solo. Ed è su questo profilo che, per decenni, ha insistito una martellante propaganda russa, e prima ancora sovietica, che lo ha definitivamente bollato come inequivocabile «nemico», favorendone una percezione del tutto negativa da parte delle popolazioni russofone (e russofile) di quell’area del Paese.