Memoir al femminile, quattro libri da leggere

Da Benedetta Craveri a Barbara O'Brien, da Veronica Raimo a Daria Bignardi, quattro volumi per esplorare il mondo femminile. E non solo.

Memoir al femminile, quattro libri da leggere

Quattro autrici, quattro memoir. Da Benedetta Craveri che ripercorre la vita di Virginia Versais di Castiglione ne La Contessa a Confessioni di una schizofrenica di Barbara O’Brien fino a Veronica Raimo con Niente di vero le voci delle donne sulle donne.

memoir di donne: consigli
Benedetta Craveri (foto da YouTube)

Benedetta Craveri e La Contessa, tra Mata Hari e Messalina

È una storia formidabile quella di Virginia Versais di Castiglione, raccontata da Benedetta Craveri in una nuova biografia, pubblicata da Adelphi, intitolata semplicemente La Contessa. Amante del Re Vittorio Emanuele II e dell’imperatore Napoleone III, Virginia Versais di Castiglione fu una sorta di incrocio tra Mata Hari e una Messalina del suo tempo. Autentica femme fatale, divenne una vera e propria protagonista della politica italiana dell’epoca, grazie ad una intuizione del cugino Camillo Benso, Conte di Cavour, che la mandò a perorare la causa italiana nei trattati di pace in vista di un’alleanza con la Francia per la liberazione del Lombardo-Veneto dalla dominazione austriaca.  Attraverso una mole infinita di lettere e ritratti rintracciati negli archivi dalla Craveri veniamo così a conoscenza della vita di questa straordinaria seduttrice seriale che utilizzò il suo corpo e le sue doti di ammaliatrice per raggiungere la tanto agognata libertà, che le permise di disporre autonomamente della propria esistenza. Un grande lavoro della Craveri, non nuova a biografie monumentali di questo genere, tutte edite in Italia da Adelphi, con cui si è aggiudicata anche l’edizione 2022 del Premio Bagutta.

Barbara O’Brien, guida di un “viaggio” nella schizofrenia

Pubblicato per la prima volta nel 1958, e riedito pochi mesi fa in Italia da Adelphi, Operatori e cose. Confessioni di una schizofrenica di Barbara O’Brien è un affascinante classico perduto in cui una donna fornisce un resoconto di prima mano della sua improvvisa discesa nella schizofrenia e in un complesso mondo allucinatorio. Viaggio dagli echi kafkiani misto ai peggiori trip psichedelico/deliranti di William Burroughs, Operatori e cose offre uno sguardo obliquo sul ventre freddo e alienante della paranoia estrema, portando il lettore nei meandri più oscuri e misteriosi della mente umana. Ancora oggi non si sa chi sia Barbara O’Brien e l’ultima notizia che abbiamo di lei è la nota con cui si conclude il libro: «Barbara O’Brien adesso si è perfettamente ristabilita e vive vicino a Los Angeles, in California». Come ha scritto Nicole Janigro su Doppiozero, «Operatori e cose. Confessioni di una schizofrenica è un livre dechevet da leggere e rileggere. Ogni mattina. Prima di recarsi al lavoro». Leggendolo scoprirete il perché.

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Veronica Raimo (foto dalla pagina Facebook)

Veronica Raimo e il racconto del passato tra ferite e risate

Altre confessioni dal sapore meno psicotico ma altrettanto strabordanti sono quelle raccolte da Veronica Raimo in Niente di vero, romanzo appena arrivato in libreria per Einaudi, con il quale l’autrice romana fa i conti con il proprio passato attraverso un racconto particolarmente intimo e appassionato della propria vita. Definito dalla critica «un memoir familiare che sabota dall’interno il romanzo di formazione», Niente di vero è molto di più, poiché leggendolo si capisce che tante delle ferite che abbiamo si possono curare semplicemente ridendo. Perché sì, si ride assai entrando nel variopinto mondo della Raimo e della sua disfunzionale famiglia. «Quando in famiglia nasce uno scrittore, quella famiglia è finita, si dice». Un mondo narrato con prosa sofisticatissima attraverso un insieme brillante di fatti, ricordi, di cose che le sono successe ma che in definitiva sarebbero potute succedere ad ognuno di noi. Dalla madre punk al padre ansiogeno, passando per la competizione con il fratello “inarrivabile” e condendo il tutto con ricordi anche dolorosi come lutti e un aborto, la Raimo, vola in un territorio che solo la grande letteratura è in grado di raggiungere.

Daria Bignardi a Vanity Fair Stories 2019 (Getty Images)

Daria Bignardi e le letture “sconsigliate”

Poche cose sono altrettanto piacevoli per un lettore seriale che ascoltare qualcuno parlare dei libri che ha amato. Daria Bignardi sovverte questa regola, intitolando il suo ultimo lavoro Libri che mi hanno rovinato la vita (Einaudi) e componendo un breviario sentimentale delle letture che più hanno straziato la sua esistenza fin dai tempi dell’infanzia mentre, spaparanzata sul divano giallo del suo salotto, a Ferrara, riempiva i noiosi inverni, solitari e nebbiosi, costruendosi un mondo fatto, di letture, popolato da «piccole donne, pirati, bande di ragazzi, giovani vagabondi, piccoli principi, orfani, incompresi, fiammiferaie, soffitte umide e zii d’America». Attraverso i libri, Daria Bignardi parla anche di sé, mischiando autori russi alla Parigi degli anni Venti, Nietzsche a Albert Camus, Grazia Cerchi a Carmelo Bene e, contemporaneamente, descrivendo minuscoli appartamenti a Porta Genova con bellissimi terrazzi, ex fidanzati tossici, viaggi non fatti a New York, l’ansia di sua madre e la morte del padre. Seguito ideale di Non vi lascerò orfani, con cui l’autrice aveva esordito nel 2009, Libri che mi hanno rovinato la vita è simile più che a un libro a una seduta psicanalitica. «Mah, sto provando a scrivere – attraverso certi libri che mi hanno segnato – di quel piacere di soffrire che ben conosci. Solo che è difficile, faccio fatica, ci sto male», dice ad un certo punto nel libro Bignardi a un amico al telefono. «Certo che è difficile, ma se non ti facesse soffrire non lo scriveresti», le risponde lui. E Dio solo sa quanto avesse ragione!

 

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