C’è posta per te
Cos'è e come funziona il letterlocking, sistema ideato tra Medioevo ed età moderna per mantenere segreta la corrispondenza.
Prima della crittografia end-to-end di Whatsapp, c’era il letterlocking. È un sistema, vecchio secoli, messo a punto per proteggere la corrispondenza da occhi indiscreti. La tecnica si sviluppò in Europa tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna, conquistando anche Maria Stuarda. L’8 Febbraio 1587, la regina di Scozia scrisse, dal carcere, la sua ultima lettera al cognato. Un commosso e doloroso addio alla vigilia dell’esecuzione capitale a cui era stata condannata. Nel biglietto gli raccomandava di occuparsi degli affari e pagare il lavoro dei servi.
Cosa è il letterlocking
Intenzionata a non far trapelare nulla del contenuto e in assenza di buste di carta, la sovrana pensò bene di tagliare una striscia sottile dal margine del foglio. Piegò successivamente la lettera su se stessa, dandole la forma di un rettangolo, su cui fece un foro. In questo, inserì la striscia di carta, poi girata come se si trattasse di un nastro. Niente ceralacca né altro tipo di adesivo: per leggere, il destinatario avrebbe dovuto strappare via la striscia di carta. Se al cognato il messaggio non fosse arrivato così, si sarebbe reso immediatamente conto che qualcun altro, prima di lui, lo avesse letto.
Ma la sovrana, ovviamente, non fu l’unica fan del letterlocking, che era una pratica piuttosto diffusa: «Non si tratta di una decorazione o di qualcosa a cui la gente ricorreva in occasione di eventi speciali», ha spiegato alla Bbc Daniel Starza Smith, professore di Letteratura Inglese al King’s College di Londra. «Sostanzialmente, era l’unico modo per secretare una lettera in assenza di buste. Che si trattasse di un messaggio d’amore, una comunicazione d’affari, una nota diplomatica, chiunque utilizzava il letterlocking. Insomma, non era una tecnica riservata a esperti, spie o membri della casa reale».
La riscoperta del letterlocking
Il rinnovato interesse per il letterlocking risale agli anni 2000. Quando la restauratrice Jana D’ambrogio, studiando alcuni documenti degli archivi segreti del Vaticano, notò una serie di tagli e strane pieghe. A un occhio inesperto potevano sembrare segni di usura, in realtà la studiosa capì subito che si trattava di letterlocking. Grazie all’aiuto di un team di colleghi, ha iniziato a ricostruire genesi ed evoluzione della tecnica. Negli anni il progetto ha portato a diversi ritrovamenti, tra cui, un prezioso e ricco baule con oltre duemila epistole risalenti al diciassettesimo secolo: 577 di queste erano ancora sigillate.
Il ritrovamento della posta abbandonata
Si trattava di una collezione appartenente a una coppia di dirigenti di un ufficio postale. Simon Brienne e Marie Germain, originari dei Paesi Bassi, avevano pensato bene di conservare tutta la corrispondenza che non era stata consegnata ai legittimi destinatari. Nel 1600, infatti, chi riceveva lettere e messaggi era obbligato a pagare alla consegna. Molti, per svariati motivi, non potevano farlo e le comunicazioni rimanevano lì, abbandonate. Grazie all’analisi dei reperti, D’ambrogio è riuscita a tratteggiare un quadro della vita quotidiana nell’Europa del ‘600 e, soprattutto, a identificare un campionario di tecniche di letterlocking. Ne derivò una tavola periodica con 18 differenti formati. Dal più semplice, un foglietto arrotolato e chiuso con la cera, al più complesso, una lettera trasformata in un pacchetto con dodici angoli chiusi quasi ermeticamente.
Maria Stuarda, in carcere perché voleva assassinare Elisabetta I
Per tornare a Maria Stuarda, la necessità di proteggere l’ultima lettera fu dettata dalla consapevolezza che i suoi carcerieri avrebbero fatto di tutto pur di leggerla. Provare a sigillarla era l’unico modo per capire se fosse successo o meno. D’altronde, chi meglio di lei era al corrente dei danni recati dall’intercettazione di comunicazioni segrete: in carcere era finita proprio perché si era scoperto il suo coinvolgimento in un piano per assassinare Elisabetta I.