Lesotho, violenze e omicidi nella lotte per la musica tradizionale Famo

Fabrizio Grasso
28/04/2022

Il Lesotho ha il sesto tasso di omicidi più alto al mondo. La principale causa è la lotta fra clan rivali di artisti della musica tradizionale dai testi offensivi e violenti. Proprio come il rap Usa.

Lesotho, violenze e omicidi nella lotte per la musica tradizionale Famo

Dimenticate le faide dei rapper fra West e East Coast negli Stati Uniti. In Africa c’è un’intera nazione che da anni deve far fronte a una serie di omicidi che hanno un solo elemento in comune: la musica. Il Lesotho, enclave del Sudafrica da circa 2 milioni di abitanti, infatti ha il sesto tasso di omicidi più alto del mondo. La causa? Le lotte fratricide fra artisti Famo, la musica popolare nazionale, che combattono tra loro prima con i testi e poi con le armi da fuoco.

Cos’è il Famo, musica popolare molto diffusa nel Lesotho

«Vengono in casa a cercarti e, se non ci sei, uccidono tua moglie o i tuoi bambini». A parlare alla Bbc è Sebonomoea Ramainoane, uno dei maggiori promotori del Famo in Lesotho. Si tratta di un genere musicale di umili origini, nato come canto dei pastori. Cominciato come poesia orale e canti ancestrali, ha iniziato col tempo a essere accompagnato da alcuni strumenti tra cui la fisarmonica. Come ha avuto inizio però la guerra fra clan? Il primo caso risalirebbe al 2004 quando un musicista sparò a un collega per motivi ancora poco chiari. Nessuno poteva però immaginare che quel crimine avrebbe dato vita a un ciclo di vendette e omicidi che hanno portato alla morte di centinaia di persone in poco meno di 20 anni.

Il Lesotho ha il sesto tasso di omicidi più alto al mondo. La principale causa è la lotta fra clan di artisti Famo, musica tradizionale.
Alcuni artisti di musica Famo durante un’esibizione (Twitter)

«Per me è solamente colpa dell’invidia», ha detto alla Bbc Puseletso Seema, veterana della musica Famo. «Quando un artista si crea un nome, registra canzoni piene di insulti». Gran parte dei testi di musica Famo sono un condensato di offese nei confronti di artisti e clan rivali, il più delle volte con termini talmente sprezzanti da scatenare reazioni violente e assassinii. Il cantante Salope Mohlobuti fu ucciso nel 2010 a colpi di arma da fuoco vicino casa proprio per colpa dei suoi versi: aveva definito «ragazzini» gli assassini di un suo amico musicista.

Gli artisti si dividono in clan rivali che si distinguono per l’abbigliamento

Oggi gli artisti più famosi fanno capo a clan rivali facilmente riconoscibili per i colori dell’abbigliamento. Chi indossa il giallo appartiene ai Terene, uno dei gruppi più forti e diffusi, mentre chi veste blu e nero difende il Seakhi gruppo di cui fa un’altra star nazionale: si tratta di Lekase, artista il cui nome d’arte è traducibile con “bara”. «Cantare è una competizione e tutti vogliono prevalere», ha spiegato. Ora si è ritirato disgustato dalla violenza e vive nella sua piccola fattoria con un appezzamento di mais, alcune galline e una tartaruga gigante.

Il Lesotho ha il sesto tasso di omicidi più alto al mondo. La principale causa è la lotta fra clan di artisti Famo, musica tradizionale.
Gli artisti Famo si distinguono in Lesotho per i tipici abbigliamenti (Twitter)

Altri musicisti hanno abbandonato la loro carriera artistica per paura di morire. «Non ascolto più questa musica», ha detto Malefetsane, figlio di un artista finito ammazzato. «Conservo i brani di mio padre per la sua memoria, ma preferisco rimanere un semplice pastore. Quella musica lo ha ucciso, non voglio essere coinvolto». Non tutti però hanno ceduto alla violenza. La stessa Seema afferma di non aver mai insultato nessuno nelle sue canzoni. «Ho però cantato di tutto nella mia vita, anche il mio matrimonio fallito», ha confessato.

Le violenze non coinvolgono solo gli artisti. Anche i dj e gli speaker delle radio devono fare molta attenzione ai brani che decidono di passare. «Quando sei in onda, devi assicurarti di passare ogni giorno tutti i gruppi», ha detto Tsepang Makakole, presentatore di MoAfrika FM. «Se ne tralasci alcuni, penseranno che non li gradisci e ti spareranno».

I clan combattono anche per il controllo delle miniere d’oro illegali in Sud Africa

Non solo musica. I gruppi rivali Famo combattono anche per il controllo delle redditizie miniere d’oro illegali in Sud Africa, dove lavorano molti dei loro seguaci. Lo scorso Natale, un minatore, Sello Ntaote, è tornato a casa per la prima volta in tre anni per visitare la moglie e i due figli piccoli . Durante la festa di Capodanno è stato freddato insieme ad altri tre ospiti. I suoi amici credono che sia stato ucciso per presunto “tradimento”: si era appena trasferito da una miniera controllata da una banda Famo a un’altra, portando con sé i suoi guadagni.

I legami con la polizia corrotta

Una scia di violenze che sembra inarrestabile, tanto che oggi i concerti di Famo dal vivo sono una rarità perché troppo pericolosi. La polizia stessa è accusata di corruzione. Lo scorso novembre sono sparite ben 75 pistole da una stazione di polizia del distretto di Mafeteng. Il viceministro degli Interni Maimane Maphathe sostiene che le armi siano state vendute da alcuni ufficiali ai clan Famo, tanto che è stata avviata una indagine interna. «Il governo mantiene la tolleranza zero sul coinvolgimento della polizia in attività criminali», ha dichiarato. Eppure non mancano i legami tra politica e gang. Ntei Tsehlana, leader di Terene, uno dei più temuti clan di Famo, era stato assunto come autista nel ministero degli Interni per aiutare il governo nella lotta a queste faide. Scommessa persa visto che è stato ucciso il 2 aprile da un killer probabilmente di una band rivale.