Parla, come annunciato, del processo Open definito «kafkiano» per poi lasciare spazio al progetto politico, «il sogno» (copyright Emilio Carelli) di un rassemblement centrista o «macroniano». Matteo Renzi sul palco della Leopolda numero 11 si è definito «l’ago della bilancia», nonostante il suo Italia Viva sia in picchiata di consensi. «Siamo stati determinanti in questa legislatura e continueremo a esserlo», ribadisce il fedelissimo Ettore Rosato. Mentre la seconda giornata della kermesse fiorentina si chiude sulle note di Zitti e buoni dei Maneskin: «Sono fuori di testa, ma diverso da loro…».
Renzi contro i magistrati: «Chi decide cosa è politica e cosa non è?»
Durante la lunga parentesi dedicata alla giustizia – con interventi tra gli altri di Sabino Cassese e Giandomenico Caiazza – Renzi ha ripercorso le tappe del processo sulla fondazione Open, «un super-processo che manco le retate mafiose». «La verità è che non c’è stato nessun finanziamento illecito alla politica, ma ci processano per aver fatto politica», ha tuonato il leader di Iv che ha lanciato la sfida: «Io non mi fermo, se pensano di aver trovato uno che si ferma l’hanno trovato buono». La Fondazione Open, ha ribadito, «non era un partito ma una fondazione», a organizzare la Leopolda «non c’era nulla di male» e i contributi alla fondazione erano «tutti bonificati, tutti tracciabili». Alla Leopolda, ha precisato Renzi, «non c’era nessuna corrente di partito che si riuniva». Poi l’affondo: «Ma forse i magistrati pensano che in politica le correnti funzionino come accade in magistratura». E ancora: «Chi decide cosa è politica e cosa non è? Nei Paesi democratici lo decide il Parlamento, là dove è il giudice penale a deciderlo la libertà democratica è messa a rischio. Noi non abbiamo violato nessuna norma, altri hanno violato le guarentigie costituzionali, io non ho violato leggi e non ho rubato un centesimo, penso che sia stata violata la Costituzione».
Gli attacchi a Bersani e D’Alema
Renzi non risparmia stilettate al Pd che «ha un silenzio vigliacco». Poi ha puntato il dito contro Pier Luigi Bersani: «Ha ricevuto dai Riva 98 mila euro per la sua campagna elettorale. Lui parla di etica e dice di non avere mai preso neppure un caffè. Ma quanto costano i caffè a Taranto?». Bersani a stretto giro ha risposto: «Il livello del dibattito sta diventando squallido». Renzi ne ha anche per Massimo D’Alema: «Ha distrutto Mps che nemmeno la peste» (espressione tra l’altro presa in prestito da Grillo che proprio a Siena nel 2014 disse «Siamo nel cuore della peste rossa»). L’ex premier poi rispedisce al mittente tutte le accuse sulla “bestiolina” renziana: «Noi siamo vittime delle fake. La macchina l’abbiamo subita».
Il progetto di rassemblement di centro in stile macroniano
Chiuso con la giustizia, il capitolo politico della giornata è dedicato al «sogno o il progetto», come lo ha definito dal palco Emilio Carelli – ex parlamentare M5s deluso e ora transitato in Coraggio Italia di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti – di un grande «rassemblement di centro» che agisca compatto a cominciare dalle sfide sulla legge di bilancio e sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica. «Se il Pd conferma il matrimonio populista con Conte e Di Maio e la destra continua ad avere una trazione sovranista sulla linea di Salvini e Meloni», ha spiegato Renzi, «è del tutto evidente che per noi c’è una prateria». Ma chi potrebbe accompagnare Italia viva in questa conquista? Tra i candidati Azione e Più Europa, anche se Renzi vede Carlo Calenda in pericoloso avvicinamento al Pd. «Conta lo spazio politico, viene prima dei compagni di viaggio».
L’asse con Salvini per una proposta alternativa al Ddl Zan
Renzi poi, insieme al sottosegretario all’Interno di Iv Ivan Scalfarotto, è tornato sul fallimento del Ddl Zan, affossato in Senato lo scorso 27 ottobre, lanciando una proposta: «Presentiamo un emendamento nel quale ci sia scritto che si estende la legge Mancino ai reati motivati da omofobia, transfobia e abilismo. A tutti i profeti dei like, che vogliono i like e non le leggi lanciamo dalla Leopolda una sfida: estensione della Mancino ai reati connessi a omofobia, transfobia e abilismo. Chi ci sta bene, chi non ci sta è profeta del bla bla bla. Presento un emendamento al Senato e vediamo chi ci sta». Scalfarotto ha spiegato che la proposta sarà presentata «prima della fine della legislatura». «Se oggi non abbiamo la legge Zan», ha attaccato l’esponente di Iv, «c’è una responsabilità specifica. Ripartiamo dalla legge Scalfarotto: invece di individuare il reato sulle caratteristiche della vittima, guardiamo al movente del reato». «La vicenda del Ddl Zan è una delle più gravi», ha aggiunto Renzi, «perché si è usato un argomento impattante e significativo per la vita di tante uomini e donne, di persone omosessuali, transessuali, facendo loro credere che si fosse a un passo da un traguardo storico e poi fregandoli all’ultimo minuto, pensando di poter ottenere un consenso». E, ancora: «Chi per sventolare una bandierina ha deluso migliaia di persone si deve semplicemente vergognare, è accaduto per la responsabilità della destra e della sinistra del bla bla bla, a cominciare dalla sinistra del Pd e del M5s». La proposta di Renzi crea un asse con Matteo Salvini che infatti è il primo a rispondergli: «Aumentare le pene per chi discrimina, offende o aggredisce in base all’orientamento sessuale? Per me si può votare anche domani, tanto che esiste una proposta di legge a mia firma in Senato. Se non si tirano in ballo i bambini, la libertà educativa e la libertà di pensiero, la legge si vota in due minuti».