C’è voluto poco perché la notizia, apparsa il 21 dicembre sul sito di Repubblica e rilanciata dalle agenzie di stampa, “invadesse” la Rete, suscitando molte proteste. E proprio da una protesta, quella dell’Anpi, l’Associazione nazionale dei partigiani, la vicenda è stata resa nota: a Ferrera Erbognone, paesino di poco più di mille anime in provincia di Pavia, per l’esattezza nel territorio della Lomellina, il segretario comunale, avvocato Mariano Cingolani, ha pensato bene di addobbare la parete alle spalle della sua scrivania con due ritratti: quello istituzionale del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello (più grande) di Léon Degrelle, il belga che, negli Anni 30 del secolo scorso, fondò Rex, movimento cattolico nazifascista. Nello spazio bianco che incornicia il volto di Degrelle, uno dei suoi motti più famosi: “Che il destino ci trovi sempre forti e degni”.

Degrelle icona della destra radicale di mezzo mondo
Il clamore suscitato dalla vicenda si spiega col fatto che Degrelle non è stato un personaggio qualunque: giocò non solo un ruolo di primo piano nell’”epopea” nazifascista, dando una forma compiuta, con Rex, al fascismo belga tra le due Guerre, ma divenne, grazie soprattutto alle sue “imprese” di combattente nelle Waffen-SS sul fronte orientale europeo, una sorta di “leggenda”, di “mito”, una vera e propria “icona” ancora oggi venerata dalla destra radicale di mezzo mondo. Anche perché, pur condannato a morte in contumacia nel 1944, riuscì a fuggire in maniera rocambolesca in Spagna dove visse indisturbato fino al 1994, anno in cui morì di morte naturale, e da dove, fino all’ultimo, fu molto attivo in una prolifica attività pubblicistica in cui spiccano tesi apologetiche sul fascismo e negazioniste dell’Olocausto. Nonché costanti appelli ai “giovani europei” (si chiama così il suo “testamento politico”, pubblicato nel 1992) perché combattano l’Europa dei burocrati e dei politicanti.
La crociata dei rexisti contro i «poteri marci» della finanza
Ma l’antieuropeismo non rappresenta, nel pensiero di Degrelle, l’unica componente di una visione populista e “sovranista” che sembra in tutto e per tutto anticipare le posizioni della estrema destra più attuale: il leader di Rex, sin dagli esordi della sua “carriera” politica, agitò un altro cavallo di battaglia caro al populismo odierno, quello dell’anticapitalismo, o, meglio, dell’anti-finanza. Dalle colonne del Il Paese reale, giornale da lui fondato nel 1936, Degrelle, presentandosi come “il grande epuratore”, si impegnò in una costante e violenta campagna contro gli scandali di corruzione nei quali erano implicati (almeno secondo l’opinione dei rexisti) politici di ogni partito; e contro gli intrecci mortali tra politica e finanza. Contro quei poteri forti che, non a caso, venivano definiti «i marci». O, con riferimento agli uomini d’affari, «bankster» (termine ripreso nel 2012 nientemeno che dall’Economist). I militanti rexisti erano quindi soliti sfilare, durante le manifestazioni di piazza, armati di scope, proprio a voler simboleggiare la volontà di far piazza pulita di tutti i «maiali, gli avventurieri, i corrotti» che, a detta loro, stavano consumando, come una metastasi, il corpo sano del Belgio.

Degrelle e i legami con il Tintin di Hergé
C’è poi una curiosità su Degrelle che non tutti conoscono, quella dei suoi legami con Tintin, il fortunato protagonista del fumetto (ma anche di alcuni film, uno diretto persino da Spielberg) creato nel 1929 dal belga Hergé (al secolo Georges Remi) e che, a detta del leader di Rex, l’autore aveva ideato proprio ispirandosi a lui. Degrelle lo rivelò in un volumetto del 1992, Tintin, mon ami e questo comportò per Hergé (che aveva lavorato peraltro con Degrelle nel quotidiano cattolico di destra Le Vingtième Siècle proprio nel 1929) un vero e proprio processo mediatico. Hergé, naturalmente, smentì questa identificazione, ma inutilmente. E qualcuno arrivò a ricordare come il fumettista belga fosse anche stato arrestato per collaborazionismo con i nazisti (anche se l’arresto durò una sola notte). Più di recente (2008), la vicenda è stata ripresa da Jonathan Littell, autore del celeberrimo Le Benevole, che non solo ha sottolineato la somiglianza fisica tra Tintin e Degrelle, ma addirittura quelle tra l’inseparabile cagnolino del boy scout-giornalista-detective, Milù, e il cane di Hitler. Il segretario comunale di Ferrera Erbognone potrà quindi sempre giustificarsi sostenendo dicendo di aver appeso il ritratto non perché ammiratore delle idee e delle imprese del nazista belga, ma per omaggiare, attraverso il ritratto dell’ispiratore, proprio Tintin, di cui è grande fan.