Un terremoto. Questo è stato il secondo turno delle Legislative francesi per Emmanuel Macron ed Ensemble, l’alleanza centrista che lo appoggia. Avendo perso la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale – ha ottenuto 246 seggi contro i 289 necessari, un risultato peraltro lontanissimo dai 350 deputati del 2017 – ora il presidente rischia, per i prossimi cinque anni, di non riuscire a governare il Paese e di portare a termine le riforme promesse, su tutte quella delle pensioni. Con ripercussioni evidenti anche in Europa, tra guerra in Ucraina, aumento dei prezzi dell’energia, inflazione record e pericolo recessione. Cantano vittoria invece Jean-Luc Mélenchon e la Nuova unione popolare, ecologica e sociale (Nupes) che con 142 seggi si confermano prima forza di opposizione.
Le Pen a caccia di posti chiave a Palais Bourbon
La vera sorpresa però di questo secondo turno arriva dal Rassemblement National di Marine Le Pen che ha guadagnato 89 seggi, ben oltre i 60 previsti. Parlando lunedì dalla sua roccaforte di Hénin-Beaumont (Pas-de-Calais) la leader di RN ha confermato che lascerà la presidenza del partito a Jordan Bardella. «Mi concentrerò sulla presidenza di questo gruppo molto numeroso», ha detto, dichiarandosi sorpresa degli 89 eletti, un record. Su BFM, Le Pen ha anche ribadito la volontà di assumere ruoli centrali al Palais Bourbon, come la vicepresidenza e la presidenza della commissione Finanze. Dovrà vedersela però con Nupes che rivendica la stessa poltrona.

Macron e il difficile accordo con i Républicains
Ora a Macron, il grande sconfitto, non resta che cercare un accordo con i Républicains che hanno conquistato 64 seggi Per questo il ministro dell’Economia Bruno Le Maire domenica sera ha lanciato un appello al «senso di responsabilità» e al «compromesso» per affrontare quella che ha definito una «situazione inedita». Un appello rivolto, indirettamente, al suo ex partito, per uscire dallo stallo. Invito che però potrebbe cadere nel nulla. Molti deputati di centrodestra infatti hanno voltato le spalle al presidente. Christian Jacob, il presidente di LR, ha già messo le mani avanti: «Abbiamo fatto una campagna all’opposizione, siamo all’opposizione e rimarremo all’opposizione. Le cose sono molto chiare». Chi tra i repubblicani non esclude un’apertura è Jean-François Copé, che ha proposto subito «un patto di governo» con il capo dello Stato. Macron potrebbe cercare un accordo anche con verdi e socialisti del Nupes, ma si entra nel campo della fantapolitica. Ultima possibilità sarebbe sciogliere l’Assemblea Nazionale per indire elezioni anticipate, ma è un rischio altissimo.
La Macronia esce dalle urne decapitata
La Macronia è stata quasi smantellata alle urne. Il presidente ha infatti perso due ministri appena nominati nel governo di Elisabeth Borne: Amélie de Montchalin, ministra della Transizione ecologica, Brigitte Bourguignon, ministra della Sanità. Fuori anche la segretaria di stato incaricata dell’Oltremare Justine Beinin (MoDem). Il che apre la strada a un possinile rimpasto dell’esecutivo. Non hanno superato il secondo turno nemmeno il presidente uscente dell’Assemblea nazionale, Richard Ferrand, e il presidente uscente del gruppo de La République en Marche, Christophe Castaner. L’unica consolazione per Macron è stata la rielezione a Parigi del ministro per gli Affari europei e suo consigliere Clément Beaune.

Le ragioni della disfatta
Ma quali sono i motivi di una «strage», come l’hanno definita alcuni esponenti di LREM sulle chat Telegram? Macron, secondo alcuni osservatori, è stato ‘punito’ per la sua presunta arroganza e la mancanza di capacità di ascolto dei cittadini. Inoltre non ha saputo rinnovare il partito scegliendo volti nuovi per il governo e per l’Assemblea Nazionale. Negli ultimi cinque anni poi il partito non è riuscito a radicarsi nei territori. L’aver eroso nel tempo l’elettorato repubblicano inoltre ha fatto sì che Macron si trovasse solo in mezzo a due estremi: la gauche di Mélenchon e la droite di Le Pen.
La tenuta del governo Borne è a rischio?
Elisabeth Borne domenica sera ha parlato di «rischio per il nostro Paese», assicurando di lavorare per trovare una maggioranza. Un impegno ribadito anche da Olivier Véran, ministro per i Rapporti con il Parlamento, che con ottimismo ha garantito che si troverà «molto rapidamente una maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale». «La nostra mano è tesa a tutti quelli che vogliono portare avanti il Paese», ha detto a caldo la portavoce del governo Olivia Grégoire. Ma la la domanda che ci si pone è: Elisabeth Borne può restare a Matignon? All’interno del governo si escludono categoricamente dimissioni. Non sorprende, però, che Nupes chieda alla prima ministra un passo indietro: «Elisabeth Borne deve andarsene, mi sembra ovvio», ha dichiarato il deputato Alexis Corbière a France Inter. «Comunque il suo intervento sarà in minoranza in questa Assemblea».