Governisti contro movimentisti. L’estensione del Green pass è stata l’occasione per far esplodere definitivamente i contrasti all’interno della Lega. In mezzo c’è finito il leader, Matteo Salvini, diventato di colpo bersaglio di due fuochi amici. In bilico tra la ricucitura e lo strappo definitivo. Da un lato, come accennato ci sono i governisti, più vicini al mondo imprenditoriale, dall’altro i sostenitori di un partito a carattere nazionale, fedele allo schema promosso da Salvini. Sono pretoriani dell’euroscetticismo, critici contro le restrizioni imposte dalla pandemia.
E intanto, mentre la disputa si infiamma, la Lega perde pezzi. L’ultima in ordine cronologico a salutare la compagnia è stata l’eurodeputata Francesca Donato. Emblema di un affanno ormai chiaro a tutti. A gettare acqua sul fuoco, ha provato il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari. La sua nota è arrivata soltanto il giorno dopo le assenze leghiste al voto di fiducia sul decreto legge che estendeva il Green pass. La tesi di difesa sosteneva che la maggioranza dei deputati avesse partecipato al voto. Il ritardo, tuttavia, non è passato inosservato. Sebbene ogni spiffero di divisione venga rispedito in fretta al mittente, come è stato ribadito a Tag43: «Nessuna scissione all’orizzonte, su certi temi c’è una diversità di vedute. Ma nient’altro». Salvini resta leader, dunque. Tra i corridoi della Camera, però, il futuro provano a ipotizzarlo diversi leghisti, in discorsi spesso condivisi con gli alleati di Forza Italia che recitano più o meno così: «Dopo le Amministrative ci sarà un Salvini più moderato, in stile Giorgetti. Non ha alternative di fronte alle richieste del mondo produttivo».
Qui ci sono le ragioni per cui sono giunta a questa decisione. Lascio la Lega – Francesca Donato https://t.co/DaPxc8IsuE
— Francesca Donato (@ladyonorato) September 21, 2021
Giancarlo Giorgetti, l’opera del leghista di governo
E Giancarlo Giorgetti è sicuramente il principale esponente della Lega di governo, il regista dell’operazione che sta portando il Carroccio su posizioni meno intransigenti. Da ministro dello Sviluppo economico, è grande sponsor dell’esecutivo guidato da Mario Draghi e benedetto, ancora una volta, da Confindustria e dal mondo produttivo settentrionale. Tra Giorgetti e il presidente del Consiglio «c’è una grande stima reciproca», raccontano da Palazzo Chigi, e un feeling che si sta sempre più consolidando. Il numero uno del Mise può contare su solide sponde all’interno del Consiglio dei ministri. Anche il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, è allineato sulle posizioni giorgettiane, che respingono le tentazioni di avvicinarsi alla galassia no-pass. La ripresa del turismo passa proprio dalle tutele introdotte dalla certificazione. Erika Stefani, ministra per la Disabilità, è un’altra sostenitrice dell’azione di Draghi sulla pandemia, insieme alle sottosegretarie, Vannia Gava, e Tiziana Nisini. Ma la vera forza è rappresentata dai presidenti di Regione. Su tutti c’è Luca Zaia, presidente del Veneto, che ha scandito: «Il Green pass è libertà». Parole che lo hanno messo dall’altra parte della barricata rispetto a Salvini. Tanto che prendono forma le voci di una possibile sfida congressuale, al momento smentita dal diretto interessato.
Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, non è certo più tenero: «Nessuno spazio ai no-vax nella Lega», ha sottolineato. Anche il numero uno della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha benedetto il certificato: «È una garanzia per l’economia». Insomma, i principali titolari di incarichi di governo, dal nazionale al locale, sono schierati a favore delle misure volute Draghi. E non solo. La storica graniticità dei gruppi parlamentari, infatti, sta venendo meno. Alla Camera il capogruppo Molinari, nonostante la necessità di fare equilibrismo, è annoverato tra gli uomini di Giorgetti, stesso discorso per il presidente dei senatori, Massimiliano Romeo. A Montecitorio Cristian Invernizzi e Massimiliano Panizzut sono sostenitori dell’ala istituzionale di Giorgetti, così come al Senato l’ex grillino Stefano Lucidi e il sottosegretario alle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio. In questo caso però si cerca la mediazione: «Il green pass non è la soluzione a tutto». E questi sono solo i nomi principali, che si sono comunque esposti sulla questione. Molti altri, soprattutto eletti al Nord, sono allineati alle idee di Giorgetti. È il caso di Paolo Grimoldi.
Claudio Borghi, capofila di euroscettici e no Green pass
Ma la spaccatura c’è, eccome. L’ala sovranista, quella che continua a essere anche euroscettica, mastica amaro. Il deputato Claudio Borghi, legato politicamente alla Donato, è il capofila dei critici verso l’estensione del green pass. Ed è uno dei volti mediatici della protesta e del dissenso interno. Tra quelli che, secondo quanto si vocifera, inizia a credere sia meglio la scissione, come scritto in una conversazione interna da Marco Zanni, capogruppo della Lega nell’Europarlamento. Al fianco di Borghi, proprio come è stato nelle battaglie contro l’euro, c’è il senatore Alberto Bagnai. A Palazzo Madama siede inoltre Roberta Ferrero, organizzatrice di un convegno in cui sono state illustrate le cure alternative al Covid-19. Tra cui l’impiego dell’antiparassitario ivermectina. L’ex sottosegretario, durante il primo governo Conte, Armando Siri rientra nelle fila dei contrari alla certificazione ed è a pieno titolo nell’ala movimentista. Altri nomi forse meno noti, ma altrettanto ostili, sono quelli di Matteo Micheli, Guido De Martini, Vito Comencini, Alessandro Pagano e Dimitri Coin.
Come promesso il governo ha emesso circolare che esenta dal possesso del green pass per accompagnare in classe i genitori di bambini disabili. La formulazione è un po’ vaga e manca analoga previsione per i bambini fino a sei anni come da odg accolto. Continuo a insistere. pic.twitter.com/PjVUdNmcQr
— Claudio Borghi A. (@borghi_claudio) September 23, 2021
E in mezzo chi c’è? Di sicuro il deputato ligure Edoardo Rixi, che cerca un punto di caduta, affiancando Salvini, che, dal canto suo, vorrebbe sposare la causa sovranista, ma si ritrova a dover seguire i governisti. Vicino al leader, nonostante tutto, rimangono i fedelissimi: Lorenzo Fontana, Claudio Durigon, Igor Iezzi e Dario Galli. Quelli che seguirebbero ovunque il loro capitano.