Il vecchio leone Umberto Bossi avrà ancora la forza di ruggire? Se lo chiedono in molti all’interno della Lega e quanto sta accadendo in Lombardia è più di una spia rossa per via Bellerio. Da qui, infatti, soprattutto se l’esito del voto alle Regionali non dovesse arridere a Matteo Salvini, per il segretario potrebbe mettersi male. Ecco perché la nascita del Comitato Nord, grazie all’attivismo di leghisti della prima ora come Paolo Grimoldi e Angelo Ciocca, con la benedizione del Senatùr e la successiva costituzione del gruppo al Pirellone (è composto al momento dai quattro consiglieri regionali Roberto Mura, Antonello Formenti, Federico Lena e l’ultimo arrivato Massimiliano ‘Max’ Bastoni), è guardata con attenzione ai piani alti del partito.

I nostalgici della vecchia Lega nord e il Grande Nord insidiano Salvini
Un segnale che neppure il leader sta sottovalutando tant’è che, come scrive oggi La Repubblica, da due settimane il segretario non risponde alle telefonate del fondatore in persona. In fondo si tratta della prima vera corrente organizzata in una formazione politica che è sempre stata monolitica. Un’insidia in casa, praticamente. Ma non è l’unica grana da gestire per Salvini, dal momento che pure dall’esterno ex parlamentari come Gianluca Pini, Gianni Fava ed Emanuela Munerato lo tallonano, perseguendo l’obiettivo di resuscitare la vecchia Lega nord, ridotta a bad company del movimento, ma comunque unica depositaria del simbolo. Senza contare, poi, la formazione politica a se stante “Grande Nord” di Roberto Bernardelli che in Lombardia ha accolto diversi ex leghisti.

Regionali in Lombardia, un appoggio degli ex a Moratti al momento è da escludere
Tutti sommovimenti che potrebbero pesare sulle elezioni lombarde di febbraio. In casa Lega, infatti, già considerano persi i voti della pattuglia di ex che lottano per riportare in auge il vecchio partito come sindacato del territorio e che simpatizzano per Letizia Moratti. Non possono rischiare, quindi, di perdere il sostegno ad Attilio Fontana da parte del Comitato Nord. Terreno scivoloso, però, visto che per i quattro consiglieri regionali dissidenti che hanno aderito al progetto bossiano sono subito scattate le espulsioni. Tant’è che non è esclusa una loro corsa in solitaria e proprio Ciocca potrebbe essere il candidato presidente. Fanno ben sperare, da questo punto di vista, tuttavia, come raccontano fonti leghiste a Tag43, «i rapporti mai interrotti tra l’attuale governatore e Umberto». Le stesse fonti tendono a escludere, poi, che la corrente possa appoggiare la corsa di Moratti: «Misurare il loro peso su di lei non avrebbe molto senso, visto che è già un banco di prova per un’altra pattuglia di ex».

Perché Bossi difficilmente riuscirà a mettere in difficoltà Salvini
Il solo fatto di dover fare questi calcoli, però, tira le somme un esponente storico della Lega, «la dice lunga sullo stato di salute del partito. Se fossi in Salvini un esame di coscienza lo farei. Al di là dell’esito del voto in Lombardia, infatti, i congressi che si stanno celebrando sono la prova che le cose cominciano a cambiare». In effetti, il segretario, che oggi può gioire per l’affermazione nei congressi provinciali di Padova e Verona di due esponenti della sua area (si tratta rispettivamente di Nicola Pettenuzzo, vicino al sottosegretario Massimo Bitonci, e di Paolo Borchia, vicino al presidente della Camera Lorenzo Fontana), proprio nell’altra culla del leghismo, la Lombardia, ha perso Lodi, ma soprattutto Brescia e Cremona. Qui a vincere, tra l’altro, sono stati due candidati vicini al Comitato Nord come Roberta Sisti e Simone Bossi. Mentre a Varese, roccaforte storica del Carroccio, il candidato salviniano Andrea Cassani ha avuto la meglio con soli 12 voti di scarto. Da qui a immaginare che la corrente bossiana possa abbattersi come una slavina sulla leadership di Salvini, però, ce ne passa: «Certo, la Lombardia, come del resto il Veneto, è da sempre un termometro importante. È così dall’epoca delle storiche Liga lombarda e Liga veneta», ripetono più fonti a Tag43, «ma siamo davvero sicuri che Bossi possa avere ancora l’appeal di una volta, che sia in grado di consumare uno strappo tale da portarsi dietro una marea di gente? Dai tempi della sua segreteria tanta acqua è passata sotto i ponti, ma soprattutto ci sono le nuove generazioni che non hanno alcun legame con il fondatore».

Le spinte centrifughe dei governatori
È un dato di fatto, tuttavia, che le spinte centrifughe non si registrano solo tra i lumbard. Basti pensare al Friuli Venezia Giulia dove il governatore Massimiliano Fedriga ha già annunciato di ricandidarsi alla guida della Regione, ma contestualmente anche che correrà con una propria lista civica. Notizia che, a sentire i detrattori di Salvini, «si commenta da sola: l’attuale Lega non ha più appeal. Prima si fa i conti con questa realtà, correndo ai ripari, meglio sarà». Ma c’è anche chi legge i fatti in maniera diversa: «In realtà, il governatore stesso ha chiarito che la sua è un’operazione solo finalizzata ad allargare il consenso. Inoltre, non è la prima volta che dentro la Lega ci si muove così. Pure Zaia e Maroni, per esempio, hanno fatto lo stesso». E poi, concludono, «bisogna guardare i flussi elettorali delle ultime Politiche. Molto del consenso che prendeva il Carroccio è andato a Fratelli d’Italia, non proprio un partito interessato ai temi del decentramento e dell’autonomia. Dunque, non c’è nulla di male nel lavorare per aggregare voti e non rischiare di cederli ad altre formazioni politiche».

Federalismo, il salvagente del Capitano
Sarà vero, ma resta la disaffezione crescente nei confronti del corso salviniano. Le carte si scopriranno al congresso nazionale che, vista l’accelerazione impressa ai provinciali, dovrebbe celebrarsi nel 2023 inoltrato. Il segretario, dunque, ha davanti a sé diversi mesi per cercare di imprimere una svolta e mettere a segno qualche colpo. L’occasione non sarà di certo questa legge di Bilancio visto che le ambizioni leghiste sono state molto ridimensionate sia sul fronte della pace fiscale, con la cancellazione delle cartelle, e sia sul fronte delle pensioni, con la tanto sbandierata cancellazione della legge Fornero. Rimane il sempreverde colpo in canna del federalismo. Sulla riforma, si sa, è al lavoro il ministro Roberto Calderoli, ma i tempi saranno lunghi. Intanto, il vento del Nord continua a soffiare e non è il piacevole ponentino romano al quale da anni si è ormai abituato Salvini nella Capitale.