Lega: i malumori della vecchia guardia, la spaccatura con i governisti e il ritorno dell’autonomia

Paola Alagia
20/05/2022

Salvini in affanno anche in casa ha una carta da giocare: l'autonomia. Tema caro alla vecchia guardia sempre più insofferente nei confronti dei fedelissimi del leader, sotto i riflettori ma con poca storia alle spalle. Mentre si riapre la spaccatura con i governisti Giorgetti e Garavaglia sul tema balneari. Lo scenario.

Lega: i malumori della vecchia guardia, la spaccatura con i governisti e il ritorno dell’autonomia

Con i consensi in calo e l’attivismo di Giorgia Meloni che ha soffiato alla Lega il gradino più alto sul podio nel centrodestra, almeno stando ai sondaggi, per Matteo Salvini si fa sempre più dura. Anche perché, si sa, la regola aurea in politica non cambia mai: quando le cose vanno bene il partito ti segue, ma se il quadro muta i malumori crescono. E questo il numero uno di via Bellerio lo sa bene. Solo che stavolta, oltre a tentare di azzoppare la leader di Fratelli d’Italia dando vita a una lista unica insieme con Forza Italia, gli rimane un solo asso nella manica prima che i buoi scappino dalla stalla, e si chiama autonomia. Vecchio cavallo di battaglia del Carroccio sin dalle origini, ma che la Lega targata Salvini ha relegato in un angolo. E invece rimane il vero file rouge che tiene insieme il Carroccio. Sarà per questo chissà – o forse è solo un caso – se sabato a Monza in Villa Reale un fedelissimo del leader come il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo sarà presente al convegno dal titolo ‘Autonomia regionale, a che punto siamo?’. Oppure che il primo appuntamento de L’Italia che vogliamo, che si è svolto a Roma sabato scorso, abbia dedicato una sezione ad hoc al tema, con tanto di governatori Luca Zaia e Attilio Fontana in prima linea? «Era il minimo sindacale», commenta con Tag43 una fonte parlamentare leghista. «L’autonomia fa parte da sempre della nostra storia».

colao e i difficili rapporti con governo e parlamento
Giancarlo Giorgetti (Getty Images).

In Lega crescono i malumori della vecchia guardia

Tutto bene, quindi? Mica tanto. Neppure a questo primo appuntamento le cose sono filate del tutto lisce: all’iniziativa è stato invitato e ha partecipato per esempio il numero uno del Coni Giovanni Malagò «non proprio un amicone del ministro Giancarlo Giorgetti», si sussurra. Ma c’è anche chi è pronto a metterci una toppa: «Magari a storcere il naso sarà stato soprattutto Alessandro Morelli, braccio destro di Salvini, che da viceministro con delega alle Olimpiadi su questo tema vorrebbe la scena tutta per sé. Segno che è solo mancata una regia». Sarà così, ma sta di fatto che il partito incarnato da Salvini e quello rappresentato da personalità quali lo stesso Giorgetti, il ministro Massimo Garavaglia o governatori come Massimiliano Fedriga non sono esattamente la stessa cosa. Lo conferma la spaccatura sul maxi emendamento del governo sulla messa a gara delle concessioni balneari firmato proprio da Garavaglia e scritto in collaborazione con Giorgetti.  Lega di lotta contro Lega di governo? «La questione è ancora più sottile», spiegano dal Carroccio. In estrema sintesi il nodo è che agli incarichi non corrispondono le competenze. «C’è un Carroccio che ha iniziato il suo percorso facendo volantinaggio e attacchinaggio e che continua a essere presente e ad ascoltare i territori. E poi c’è un Carroccio che oggi è nella stanza dei bottoni, ma non ha alle spalle la stessa militanza e la base lo percepisce». Una vecchia guardia, insomma, da cui le storiche Lega lombarda e Lega veneta si sentono rappresentate e che annovera, oltre a Giorgetti e Garavaglia, anche altri volti noti tra le camicie verdi, dall’ex presidente del Copasir Raffaele Volpi al deputato Cristian Invernizzi, fino al sottosegretario all’Interno Nicola Molteni.

Lega, i malumori della vecchia guardia e il ritorno dell'autonomia
Armando Siri (da Fb).

Gli inaffondabili Armando Siri e Claudio Durigon 

Tra alcuni eletti la cerchia salviniana continua ad essere guardata con sospetto. Nel mirino ci sono persino alcuni fedelissimi del leader. Storia antica, ma che periodicamente riemerge, come un fiume carsico. Anche perché di ritorni in auge di recente se ne contano almeno un paio. C’è Armando Siri, di nuovo in grande spolvero dopo essersi inabissato per mesi. La parabola discendente per il senatore ligure era iniziata con la decisone dell’allora premier Giuseppe Conte di ritirargli la delega da sottosegretario ai Trasporti per via di indagini in corso per corruzione. Siri è a processo a Roma, toccherà alla Consulta sciogliere il nodo sulle intercettazioni che lo riguardano, dopo che il Senato ha negato l’autorizzazione. Agli occhi di Salvini, però, non è mai cambiato nulla. Tant’è che il senatore ideologo della flat tax è stato tra gli organizzatori della tappa romana della kermesse leghista. Ma non c’è solo Siri. «Pure per Claudio Durigon», dicono a Tag43, «stanno per spianarsi praterie al Sud soprattutto dopo l’addio alla Lega del deputato Francesco Zicchieri». E, in effetti, essendo l’uno di Latina e l’altro di Frosinone, almeno questo derby laziale se lo aggiudica per abbandono del campo l’ex sottosegretario all’Economia. Non che Durigon non abbia trascorso mesi complicati: fu costretto a dimettersi nell’agosto dello scorso anno. A costargli il posto di governo fu la sua proposta durante un comizio elettorale nella sua Latina di revocare l’intitolazione del parco comunale ai giudici uccisi dalla mafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e di tornare a intitolarlo, come in passato, ad Arnaldo, fratello minore di Benito Mussolini.

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Claudio Borghi (da Facebook).

Il cerchio magico di Salvini

A conti fatti, però, per entrambi Salvini ha lasciato porte aperte. Cosa che non è accaduta invece con Raffaele Volpi, altro big leghista costretto a dimettersi dal Copasir. Per lui non c’è stato alcun tappeto rosso. D’altronde non è tra i fedelissimi. Al contrario dei vari Claudio Borghi, Alberto Bagnai e Gian Marco Centinaio. Vicini al segretario, poi, come detto, ci sono Morelli e Romeo, ma anche il presidente della commissione Giustizia al Senato, Andrea Ostellari. Sono considerati salviniani doc, inoltre, il deputato Luca Toccalini, l’ex azzurra Federica Zanella e la sottosegretaria ai Beni culturali Lucia Borgonzoni. Non poteva mancare, infine, Susanna Ceccardi che la Lega aveva candidato al governo della Toscana e che a colpi di gaffe si è spesso conquistata la scena. «Molti di loro», chiosa un parlamentare del Carroccio dietro garanzia di anonimato, «sono considerati quasi un corpo estraneo dalla nostra base e gli eletti, che pancia a terra stanno sui territori». Al punto da immaginare una defenestrazione del leader? Questo non esiste: «Chi dovrebbe farlo, uno come Giorgetti che è sempre stato un esponente di peso ma dietro le quinte, prima con Bossi, poi con Maroni e fino a oggi? Non scherziamo. C’è apprensione sì, ma è fuorviante ridurre il tutto a un manicheo salviniani contro giorgettiani. Oppure governisti contro populisti. La questione vera è l’identità. Vita lunga quindi a chi la preserva e si fa baluardo delle istanze del territorio». Autonomia in primis. A buon intenditor…