«La Lega è tornata»: si sente ripetere a Brescia dopo il congresso provinciale che ha de-salvinizzato il Carroccio della Leonessa d’Italia. Roberta Sisti, sindaca di Torbole Casaglia, vecchia leghista pragmatica e con il mito del “fare”, ha battuto l’uscente Alberto Bertagna, sostenuto da Matteo Salvini. Si tratta del più importante successo del Comitato Nord pronto a fare le scarpe al Capitano. In provincia, dopo lo shock del sorpasso di Fratelli d’Italia alle Politiche, Salvini è, politicamente, un dead man walking.

Le crepe in Lombardia e il ruolo di Giorgetti
Politicamente, spiegano fonti della Lega bresciana, «la nostra città assieme a Bergamo vale molto più della simbolica Varese», dove la linea Salvini ha tenuto, come a Pavia. Le imprese, i cittadini, gli elettori, in una parola i mitici “territori” di cui la Lega è espressione, secondo i nordisti chiedono un ritorno all’agenda governista e autonomista. E un abbandono dei progetti nazionali del Capitano. I congressi inaugurati da quello bergamasco vinto dal “nordista” Fabrizio Sala segnano una svolta e aprono ufficialmente un regolamento di conti interno. Salvini tocca poche palle sul fronte della decisione per il futuro di Regione Lombardia, ove il regista è Giancarlo Giorgetti; a Roma è junior partner di Giorgia Meloni; nel feudo veneto è da tempo sorpassato da Luca Zaia. Essere messi in minoranza anche in Lombardia significherebbe trovarsi all’angolo. E giorno dopo giorno sale la percezione che quelli di Comitato Nord non siano, come sono definiti, i nuovi bossiani. Né siano semplicemente gli anti-Salvini. Rappresentano un’ala pragmatica, operativa e realista: «Vogliamo semplicemente che la Lega continui a esistere» dopo l’ubriacatura dell’espansione nazionale. Ritortasi contro il suo principale fautore. La linea è una, dalla Lombardia a Roma: fare, fare e ancora fare.

Il Comitato Nord e il ritorno ai territori
«Salvini ha avuto il merito di galvanizzare un popolo intero», ammette con Tag43 un amministratore locale della Bergamasca, «ma a che prezzo? Cosa c’entrano Pillon e Durigon con la Lega?». Il riferimento è alla logica del favoritismo e della fedeltà usata dal segretario per le nomine strategiche di primo piano, dalla Camera alle posizioni di governo. Comitato Nord nasce proprio per ricostruire quel legame tra Lega e territorio che è stata la chiave della durata e dell’influenza del Carroccio. Non servono i voti se poi non realizzi nulla, è la sintesi del pensiero. Sala e Sisti sono gli emblemi di questa riconquista delle trincee lombarde.
Non solo Bossi: i big in campo
Umberto Bossi è il padre nobile di questa operazione – «Il comitato del Nord è un vento di rinascita cioè un vento di primavera», ha ripetuto il Senatùr – assieme all’ex ministro Roberto Castelli e a molti nomi storici come Marco Reguzzoni, che ha lasciato la politica attiva dal 2012 per fare l’imprenditore nel campo immobiliare e nelle biotecnologie, e Francesco Speroni. Dietro di loro una coorte di leghisti schierati in varie posizioni: spiccano per rilevanza Mario Fabrizio Fracassi, sindaco di Pavia, l’eurodeputato Angelo Ciocca, il coordinatore della Lega in Lombardia Fabrizio Cecchetti l’ex presidente della Lega Lombarda Paolo Grimoldi. Comitato Nord vanta a oggi anche i comitati leghisti di Como, dove ha vinto Laura Santin, moglie di Cecchetti, e di Lodi, guidato da Claudio Bariselli, sindaco di Marudo. I membri di Comitato Nord si rivolgono ai sindaci, agli amministratori, al partito del fare. Brescia e Bergamo, in quest’ottica, sono l’esempio. Rappresentano il “partito del Pil” lombardo, hanno insieme un peso demografico e politico superato solo da quello di Milano, sono la fucina di molti amministratori che in passato hanno scalato posizioni a livello nazionale. In Regione Lombardia si spera che possa aderire Giovanni Malanchini, in passato tra i pontieri tra il Carroccio e il governo Draghi, mentre il sogno sarebbe quello di ottenere l’appoggio di Gian Marco Centinaio, ex ministro dell’Agricoltura.

Il rientro di Grande Nord è possibile
Comitato Nord vive e lotta. Ma vuole continuare a farlo, assicurano i suoi promotori, all’interno della Lega. Nessuna sponda reale, dunque, alle sirene scissioniste che portano al supporto della candidatura in Lombardia di Letizia Moratti. Il mantra è chiaro: «Non dobbiamo fare la fine del Grande Nord», in riferimento alla formazione fondata dall’indipendentista lombardo Roberto Bernardelli, ex deputato leghista, arrivato a toccare percentuali infinitesimali a ogni tornata elettorale a cui si è presentato. Bernardelli, che conduce la trasmissione populista Senza Sconti su Antenna Tre, ha però di fatto vinto la battaglia delle idee, avendo da tempo preconizzato che la Lega Salvini Premier immaginata dal segretario avrebbe finito per risvegliare l’autonomismo lumbard. Ora nel Carroccio molti sorridono pensando che se Comitato Nord dovesse prevalere, «Grande Nord potrebbe perfino rientrare» nei ranghi. Riportando la battaglia per l’autonomia, le imprese e la sicurezza del Nord a occupare la totalità dell’agenda del Carroccio. Per dare un futuro a un partito ritenuto dai “nordisti” troppo schiacciato sulla figura divisiva, e ormai in netto declino, di Salvini, intento a cercare di salvare il salvabile in una segreteria ormai commissariata.
