Con il rialzo delle temperature, la prima conseguenza è scoprirsi, mostrare parti di pelle in più rispetto alla stagione invernale. Un tema che diventa caldo, quasi ogni anno, quando si parla di abbigliamento consono da tenere all’interno delle scuole. La circolare che sta facendo discutere è quella della preside del liceo linguistico «Pietro Siciliani» di Lecce, dove la dirigente ha inviato una circolare ad hoc.

Il contenuto della circolare firmata dalla preside del Liceo Siciliani a Lecce
Nel giornale Il Quotidiano di Puglia sono riportati alcuni contenuti del documento a firma della preside e rivolto non solo agli studenti ma anche al personale scolastico: «Si ricorda nuovamente che per motivi di decoro e rispetto dell’Istituzione Scolastica e di tutti i componenti la Comunità Scolastica, è doveroso indossare un abbigliamento adeguato, evitando assolutamente abiti che evochino tenute balneari o vestiario da discoteca (es. canotte, magliette corte, pantaloni strappati, minigonne…)». Nello specifico si legge che: «Ci si aspetta abbigliamento decoroso ed adeguato al contesto scolastico anche da parte di tutti gli operatori e gli utenti presenti a scuola a vario titolo. Si chiede la collaborazione delle famiglie. Le/i Docenti e il personale scolastico sono invitati a intervenire e a richiamare al rispetto del presente avviso».
Dal Liceo Siciliani al Liceo Palmieri il messaggio è identico
Sempre a Lecce, al Liceo Palmieri, la preside si è espressa con chiarezza «È una questione di opportunità: dal prefetto si va in mutande? A teatro si va in pantaloncini corti? Non mi pare. Quando si va al mare si può stare con l’ombelico di fuori, quando si viene a scuola no. Perché la scuola è un luogo che non ci richiede né di essere appariscenti né pronti per la spiaggia: e laddove ci si distragga, su questo concetto, è giusto che la distrazione venga fatta notare. Proprio oggi (ieri, ndc) ho ripreso un ragazzino arrivato a scuola in pantaloncini corti, in una giornata in cui avevamo tra l’altro in visita diverse istituzioni: “Scusami”, gli ho detto, “dove stai andando così conciato?».