Lavoro, nel 2021 in Italia solo il 14,8 per cento dei nuovi contratti a tempo indeterminato

Redazione
08/11/2022

Nel rapporto Inapp si evidenzia come nel 2021 sia sceso il numero di nuovi contratti a tempo indeterminato, mentre è aumentato il lavoro povero e il part time. Il presidente Fadda: «Lavoro intrappolato tra salari basi e scarsa produttività».

Lavoro, nel 2021 in Italia solo il 14,8 per cento dei nuovi contratti a tempo indeterminato

Un 2021 all’insegna della precarietà. O almeno questo è quanto emerge dal Rapporto Inapp 2022: Lavoro e formazione, l’Italia di fronte alle sfide del futuro. Nel documento si parla dei nuovi contratti attivati nell’anno precedente e si fa un confronto approfondito con le stagioni passate per capire come il lavoro e la formazione abbiano risentito delle nuove sfide globali e della pandemia. Nel 2021, secondo il report, solo il 14,8 per cento dei nuovi contratti attivati è stato fatto a tempo indeterminato, mentre il determinato si è assestato al 69,8 per cento. Un dato in calo, quello dei contratti stabili, se si pensa che nel 2020 era stato il 16,7 per cento dell’intero quantitativo di nuovi contratti e nel 2019 il 15,2.

Il presidente Fadda: «Lavoro intrappolato tra salari basi e scarsa produttività»

A spiegare quest’ultimo aspetto è stato Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp: «Malgrado alcuni segnali confortanti alcune debolezze del nostro sistema produttivo sembrano essersi cronicizzate, con il lavoro che appare intrappolato tra bassi salari e scarsa produttività. Per questo occorre pensare ad una ‘nuova stagione’ delle politiche del lavoro, che punti a migliorare la qualità, soprattutto per i neoassunti e per i lavoratori a basso reddito, per le posizioni lavorative precarie e con poche possibilità di carriera, dove le donne e i giovani sono ancora maggiormente penalizzati.

Lavoro, nel 2021 in Italia solo il 14,8 per cento dei nuovi contratti a tempo indeterminato. Il Paese è al di sotto delle medie Ue secondo il Rapporto Inapp
Un lavoratore all’interno di una fabbrica d’automobili (Getty)

Rapporto Inapp: «Il lavoro povero è in crescita»

All’interno del rapporto, però, c’è un altro dato allarmante. Riguarda il cosiddetto lavoro povero, che tocca quota l’11,7 per cento a fronte di una media Ue dell’8,9. Ma Inapp sottolinea anche altre parametri, come l’alto numero di part time involontario, che coinvolge l’11,3 per cento dei lavoratori. E poi i salari: «Il nostro Paese è l’unico dell’area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale reale è diminuito (-2,9 per cento) a fronte di aumenti di oltre il 30 per cento in Francia e Germania. Nell’insieme il lavoro atipico (ovvero tutte quelle forme di contratto diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tempo pieno) rappresenta l’83 per cento delle nuove attivazioni con un aumento del 34 per cento negli ultimi 12 anni».

Salari bassi rispetto alle medie europee

Il Rapporto Inapp si concentra sui salari. Secondo i dati, l’8,7 per cento dei lavoratori ha una retribuzione lorda annuale al di sotto dei 10mila euro mentre chi guadagna oltre 30mila euro è il 26 per cento. Un valore molto basso rispetto al resto d’Europa. «Se consideriamo il 40 per cento dei lavoratori con reddito più basso», si legge nel documento, «il 12 per cento non è in grado di provvedere autonomamente ad una spesa improvvisa (quindi non ha risparmi o capacità di ottenere credito), il 20 per cento riesce a fronteggiare spese fino a 300 euro e il 28 per cento spese fino a 800 euro. Quasi uno su tre ha dovuto posticipare cure mediche».

Lavoro, nel 2021 in Italia solo il 14,8 per cento dei nuovi contratti a tempo indeterminato. Il Paese è al di sotto delle medie Ue secondo il Rapporto Inapp
Un operaio al lavoro in una fabbrica (Getty)