Dev’essere stato un duro colpo, per Kim Jong-un, denunciare i primi casi di Covid-19 in Corea del Nord in più di un anno e mezzo dall’inizio della pandemia. Eppure, nonostante il Comandante supremo di Pyongyang abbia sempre dichiarato che nel Paese, di positivi al coronavirus, non ce ne siano mai stati, nei giorni scorsi è stato costretto a fare una piccola marcia indietro. Parlando in una riunione allargata del Politburo, il principale organo decisionale del Paese, Kim ha ammesso che in Corea del Nord c’è stato un «grave incidente» legato al Covid-19, ha rimproverato gli alti ufficiali «cronicamente pigri» per non averlo impedito (anzi, colpevoli di aver causato «una grave crisi») e ha rimosso dagli incarichi alcuni funzionari di alto livello, le cui identità non sono state però rivelate.
Il Paese è da sempre uno dei più impenetrabili al mondo: entrare e uscire da Pyongyang è complicatissimo, e gli stessi cittadini hanno bisogno di permessi speciali per poter lasciare la Corea del Nord (per scongiurare qualsiasi pericolo di fuga). Dall’inizio della pandemia, poi, Kim ha stretto ulteriormente le maglie, blindando i confini ancora di più per ariginare i contagi. Missione riuscita, almeno fino a ora, anche se i dati non sono verificati. Secondo un dissidente, citato dalla Bbc, l’ammissione sarebbe un segnale importante: «Pyongyang ha probabilmente bisogno di aiuti internazionali», perché una dichiarazione del genere «implica inevitabilmente il riconoscimento del fallimento del regime nei suoi sforzi anti-epidemia». Nell’ultimo anno, però, Kim è stato più onesto che mai, rendendo pubbliche forse per la prima volta dall’inizio del suo mandato (nel 2011) le debolezze del regime.
Corea del Nord, un Paese affamato
A metà giugno, rivolgendosi a suoi alti funzionari, dichiarò che il Paese era al centro di una situazione alimentare «tesa». Proprio per la chiusura dei confini per contenere l’epidemia, la Corea del Nord aveva visto ridursi in maniera drastica l’importazione di cibo da parte dei suoi partner principali, tra cui ovviamente la Cina (i cui scambi economici sono crollati dell’80 per cento). Una crisi che ha fatto crescere i prezzi in maniera spropositata, se pensiamo che un casco di banane è arrivato a costare fino a 45 dollari. Già ad aprile, tra le altre cose, aveva chiesto al Paese di prepararsi per una «ardua marcia», citando la terribile carestia che, tra il 1994 e il 1998, causò la morte di mezzo milione di persone. La Corea del Nord, negli ultimi 20 anni, ha visto aumentare la percentuale di persone affette da malnutrizione dal 32 al 48 per cento della popolazione.
La Corea del Nord e il fallimento dell’ultimo piano quinquennale
Ma c’è di più. A gennaio, in occasione dell’apertura del Congresso del Partito dei lavoratori, Kim Jong-un ha riconosciuto che il suo piano economico quinquennale, lanciato nel 2016, era «fallito in larga misura e in quasi tutte le aree». Questo, però, anche a causa degli uragani e delle forti tempeste che, nell’ultimo anno, hanno colpito tutto il Paese e, in particolare, i raccolti. Se a questo si uniscono le sanzioni internazionali che, praticamente da sempre, colpiscono Pyongyang, non sorprende che la situazione economica nordcoreana sia davvero difficile. Quello che spiazza, invece, è l’inedita “trasparenza” del regime.