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Kazaki nostri

Dal 2015 i rapporti tra l’Italia e l’ex Repubblica sovietica, teatro delle rivolte di questi giorni, sono piuttosto stretti. Gli scambi con il Paese valgono oltre un miliardo di euro. Ecco cosa importiamo, esportiamo e quali aziende investono sulle rive del Mar Caspio.

8 Gennaio 2022 09:58 Stefano Iannaccone
L'Italia importa soprattutto petrolio ed esporta macchinari agricoli e prodotti di abbigliamento: quanto valgono gli scambi col Kazakistan

La rivolta in Kazakistan può costare all’Italia almeno un miliardo di euro. Tanto valgono gli scambi commerciali, intensificatisi dal 2015. Ci sono poi gli investimenti, 671 milioni, compiuti sul territorio kazako. Certo, la pandemia da Covid aveva avuto le sue ripercussioni anche sui traffici, ma i rapporti tra i due Paesi erano rimasti solidi. Ora, però, sono esplosi i disordini, secondo le autorità locali già sedati, che potrebbero generare conseguenze soprattutto sul settore energetico e industriale. I kazaki, d’altronde, hanno venduto petrolio per oltre 500 milioni di euro a Roma solo nella prima parte del 2021. Le proteste contro il governo, oggi guidato Kassym-Jomart Tokayev ma che di fatto vede al comando sempre l’anziano leader Nursultan Nazarbayev, minacciano insomma gli affari italiani che, dall’import all’export passando per la presenza di centinaia di aziende, Eni e Ferrero in testa, rimangono notevoli. Tanto per rendere l’idea, l’ultima panoramica dell’osservatorio economico della Farnesina, ricorda che «nel 2019 l’export italiano verso il Kazakistan ha raggiunto la cifra record di 1.088 milioni (un miliardo e 88 milioni, ndr) di Euro (fonti Istat), concentratosi prevalentemente nel settore dei macchinari e dei beni strumentali a servizio del comparto energetico e petrolchimico».

L'Italia importa soprattutto petrolio ed esporta macchinari agricoli e prodotti di abbigliamento: quanto valgono gli scambi col Kazakistan
Uno dei palazzi presi di mira durante le proteste in Kazakistan (Getty)

L’Italia è il secondo mercato di destinazione del Kazakistan

Gli ultimi dati disponibili indicano infatti che l’Italia è il secondo mercato di destinazione del Kazakistan, per una quota pari al 14,5 del totale e risulta l’ottavo fornitore con il due per cento del mercato. Ma più significativa è la situazione relativa alle esportazioni, nei confronti della Penisola, voce in cui spicca l’acquisto italiano di greggio per 517 milioni di euro, nei primi nove mesi del 2021. In sostanza è la metà dell’interscambio tra i due Paesi, che ammonta nel complesso a un miliardo e duecento milioni, comunque in netto calo rispetto al 2015, quando si superavano i tre miliardi. L’export kazako verso l’Italia è significativo anche sui «metalli di base preziosi e altri metalli non ferrosi», che nei primi nove mesi dello scorso anno ha movimentato un business da 220 milioni di euro. Più residuale la cessione di prodotti per la siderurgia, che ammonta a 45 milioni. Cosa comprano invece i kazaki dall’Italia? Principalmente macchinari agricoli. Ma anche articoli di moda made in Italy, che tra abbigliamento e calzature esportate genera valore per circa 50 milioni.

L'Italia importa soprattutto petrolio ed esporta macchinari agricoli e prodotti di abbigliamento: quanto valgono gli scambi col Kazakistan
Il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev (Getty)

Da Ferrero a Eni, le aziende italiane in Kazakistan

L’importanza è strategica anche per la presenza di circa 250 aziende italiane sul territorio dell’ex Repubblica sovietica. Alcune con sede proprio ad Almaty, la città epicentro delle tensioni e capitale dello Stato fino al 1997, quando venne sostituita da Nur-Sultan (Astana). Lì Ferrero ha uno stabilimento produttivo. Stesso discorso per la bolognese Fidia Pharma, e la Tecnhogym. Ma senza dubbio la società che maggiori interessi è l’Eni che, come spiega il report del Ministero degli Esteri, «ha svolto un ruolo centrale nello sviluppo economico del Kazakistan» e «oggi detiene il 29,25 per cento del mega-giacimento di Karachaganak (Nord-Ovest) e il 16,81 di quello off-shore di Kashagan (Caspio), uno dei più importanti al mondo, la cui entrata in produzione – dopo le difficoltà tecniche emerse nel 2013 – è avvenuta nell’ottobre 2016».

E ancora, si segnala l’attività di società partecipate da Eni (Saipem), dell’indotto petrolifero (Rosetti Marino, Bonatti, Sicim, Tenaris, Valvitalia), ma anche nelle infrastrutture e servizi (Renco), e nel transporto-logistica (Ocean di Trieste, Savino del Bene, Tuvia). Iveco si è stabilita nel Paese con unità produttive (linee di assemblaggio veicoli commerciali)». Le joint-ventures, infine, sono oltre un centinaio. Non solo, riferisce la Farnesina: sono «rilevanti anche gli interessi del Gruppo Todini-Salini-Impregilo, presente in Kazakistan, con la Todini, sin dal 2000, e oggi impegnata nella realizzazione di vari tratti del corridoio stradale Europa Occidentale – Cina Occidentale ed in altre opere viarie nel Paese. Peraltro dal 2016 gli assets della Todini sono stati acquisiti da un investitore kazako». Un quadro che dimostra che di affari con il governo kazako ce ne siano in ballo, eccome.

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Le proteste in Kazakistan (Getty)

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