L‘ultima della serie è stata Karin Kneissl, ex ministra degli Esteri austriaca, finita questa primavera nel Consiglio di amministrazione (Board of directors) di Rosneft, il colosso statale russo del petrolio. La vicenda ha suscitato una grande eco in Europa, visto che qualche tempo prima, era l’estate del 2018, Kneissl aveva invitato Vladimir Putin al suo matrimonio, con tanto di valzer e inchino finale. Kneissl, diplomatica in carriera, era stata chiamata al governo del cancelliere Sebastian Kurz in quota FPÖ, il partito nazionalpopulista austriaco. Ora è alla corte del Cremlino. E non è l’unica.
La cooptazione di politici ed ex politici nelle grandi società, pubbliche o private, è in realtà una pratica molto comune, per ovvie ragioni, che salta però all’occhio se la società in questione è straniera. Più alto poi è il rango del personaggio in questione e più grossa l’azienda in cui va a finire, maggiore è la risonanza mediatica, e a questo punto la propaganda affila i coltelli.

Gerhard Schröder e gli altri stranieri in Rosneft
L’esempio più lampante è quello dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder presidente del Comitato degli azionisti (Shareholders Committe) di Nordstream AG, la società che gestisce il gasdotto sotto il Baltico, e nel Board di Rosneft. Anche in questo caso si alzò un polverone ma solo perché un politico occidentale veniva ingaggiato dalla Russia. Quando invece, più o meno nello stesso periodo – una quindicina di anni fa – l’ex Segretario generale della Nato, George Roberston, fu cooptato da BP, il gigante energetico britannico, nessuno o quasi si indignò e la questione tenne banco solo tra gli addetti ai lavori. A far compagnia a Schröder nel Consiglio di Rosneft ci sono ora anche altri personaggi di primo piano, dal compatriota Matthias Warnig all’americano Robert Dudley, dallo svizzero Hans Georg Rudloff ai due rappresentanti del Qatar, Faisal Alsuwaidi e Hamad Rashid Al Mohannadi. Evidente l’intenzione di Igor Sechin, Ceo plenipotenziario legato con doppio filo a Putin, di fare di Rosneft un player internazionale con solidi legami non solo in Europa.

Gli acquisti occidentali nelle multinazionali ucraine
Il modello è quello delle grandi multinazionali che reclutano all’estero gli uomini chiave per assicurare stabilità ed espansione. Che esistano rapporti privilegiati tra Russia e Germania è confermato dal numero di tedeschi sbarcati in questi anni a Mosca seguendo la scia di Matthias Warnig, ex funzionario della Stasi, i servizi segreti della Germania Est, diventato una colonna portante dell’asse Mosca-Berlino. Meno note sono invece le relazioni che si sono sviluppate altrettanto velocemente nell’Ucraina passata dall’influenza russa a quella occidentale dopo la crisi del 2014-2014. L’unico episodio che in Europa ha fatto un po’ di scalpore, più che altro per i suoi riflessi sulla Casa Bianca, è stato quello del figlio del presidente Joe Biden, Hunter, piazzato nel 2014, appena dopo il cambio di regime a Kiev, nel Board di Burisma, azienda energetica controllata dall’oligarca Mychola Zlochevsky. Società che Biden jr ha lasciato nel 2019. Lo seguirono anche l’ex capo di Stato polacco Aleksander Kwaśniewski e Joseph Cofer Black, ex direttore del Centro antiterrorismo della Cia. La presenta statunitense e occidentale nelle aziende, anche statali, ucraine, si è moltiplicata a vista d’occhio. E così nel Board di Ukroboronprom, il colosso che produce ed esporta armi in mezzo mondo, è giunto Anthony Tether, direttore per 10 anni della Darpa, l’agenzia governativa dipendente dal dipartimento della Difesa Usa che si occupa di ricerca e sviluppo. In un altro settore strategico, quello energetico, diversi senior manager di Naftogaz, come Otto Waterlander e Petrus van Driel, sono passati da Royal Shell e McKinsey e la loro presenza è il simbolo della colonizzazione dell’Ucraina dopo quello che a Mosca è stato considerato un colpo di Stato. Se infatti i dirigenti stranieri in Russia sono il frutto della campagna acquisti del Cremlino nel corso degli ultimi 20 anni, in Ucraina pare essere avvenuto il contrario: cioè l’aumento esponenziale dal 2014 di manager e advisor in posizioni chiave (anche nella politica) pare essere il risultato non di inviti da parte di Kiev, ma di imposizioni esterne. Ed è proprio per questo che n Occidente se ne parla poco.