Viene dipinta come la peggiore vicepresidente degli Stati Uniti di sempre. La popolarità di Kamala Harris negli Usa è ai minimi storici. Colei che avrebbe dovuto rappresentare la vera novità nel panorama politico a stelle e strisce al giro di boa del primo anno alla Casa Bianca ha deluso tutti.
Kamala Harris: cosa dicono i sondaggi
Secondo i sondaggisti repubblicani il 50 per cento della popolazione ritiene Harris non all’altezza dell’incarico che le è stato affidato. Non va molto meglio se si guardano i numeri diffusi dai democratici. In questo caso Kamala è la peggiore “solo” degli ultimi 30 anni. La piattaforma specializzata YouGov America rivela che la disapprovazione generale è vicina al 50 per cento e l’approvazione a stento sfiora il 43,5. Percentuali capovolte rispetto a quando si è insediata alla vicepresidenza.
Tutte le aspettative su Kamala Harris
E dire che la base dem aspettava con ansia l’insediamento della prima vicepresidente donna degli Usa, e per di più di origini indiane e giamaicane. La speranza era che la Harris alle Presidenziali del 2024 si presentasse al posto di Joe Biden. Vista l’avanzata età dell’attuale presidente era lei la designata a conquistare l’elettorato democratico orfano di Barack Obama. A meno di un brusco cambio di rotta sarà difficile che questo accada. Scelte politiche sbagliate (la gestione delle frontiere tra Messico e Usa), la mancanza di rapporto diretto con l’opinione pubblica (mai una conferenza stampa da sola in un anno) e mancata presa di posizione su questioni cruciali come l’Afghanistan e le donne afghane hanno determinato un drammatico crollo nei consensi.
Gli errori di Kamala Harris: la gestione dell’immigrazione
La parabola discendente della popolarità di Kamala Harris è iniziata a giugno quando Biden le aveva affidato la gestione della crisi migratoria con il Messico. Il primo viaggio all’estero della vice si è rivelato però un fallimento. In un’intervista alla Nbc Kamala aveva affermato di essere stata al confine di persona, fatto smentito dalla stampa. Al momento della rettifica, come si suole dire, la toppa è stata peggiore del buco dato che la vicepresidente aveva sbottato: «Se è per questo non sono nemmeno stata in Europa». La mancanza di risultati nella gestione della crisi dei confini – il numero di arresti a luglio è stato il più alto da due decenni a questa parte – non è l’unico argomento a cui i repubblicani si sono aggrappati nel criticare Harris. Sempre a giugno, da Guatemala City Harris aveva mandato un messaggio chiaro alla popolazione: «Non venite negli Usa, se arriverete al nostro confine, verrete rispediti indietro». Per poi assicurare che gli Stati Uniti continueranno a «far rispettare le leggi e a proteggere i confini». Parole che avevano scatenato l’indignazione anche dei suoi sostenitori. A pesare profondamente nella politica dei consensi, però, è stata la gestione della crisi in Afghanistan.
Harris e quel silenzio sulle donne afghane
Nelle ore della presa di Kabul, Harris si trovava nel sud est asiatico e aveva dichiarato pubblicamente il sostegno al presidente Biden nel ritiro delle truppe. Aveva poi ringraziato i militari e sottolineato l’appoggio ai cittadini Usa che venivano evacuati dalla zona. In seguito però, sebbene sollecitata, Harris non ha mai più detto una parola in merito alla situazione in Afghanistan. Neppure il tema sensibile della questione femminile è stato citato dalla vicepresidente. La condizione delle donne afghane lei avrebbe dovuto essere al centro di una campagna mediatica dalle tinte decise. E, invece, nulla. Prendere parte alla lotta difesa dei diritti delle donne alle prese con il regime talebano avrebbe ricevuto il plauso incondizionato della base dem, ma niente ha detto e e tanto meno fatto. Una macchia politica che sarà difficile cancellare dalla memoria dell’elettorato democratico in vista delle elezioni di middle term del prossimo anno.