Agnelli via, Elkann disinteressati: la Juventus non tiene più famiglia

Pippo Russo
27/05/2023

L'ingloriosa uscita di scena di Andrea Agnelli e il distacco di John Elkann segnano la fine del capitalismo familiare nel calcio. La Juve non sembra più avere una proprietà con un progetto di sviluppo sportivo. Resta solo la gestione dell'emergenza. Ci guadagna il disastroso Allegri, ci rimettono i tifosi.

Agnelli via, Elkann disinteressati: la Juventus non tiene più famiglia

Il chiasso di queste settimane intorno alla Juventus genera un forte contrasto rispetto al silenzio della famiglia. Che è sempre più indifferente, sempre più distante e francamente non si capisce nemmeno più da chi sia costituita. Gli Agnelli? I nipoti Elkann? Vari e eventuali? E che tutto ciò avvenga nel centenario dall’inizio del legame fra gli Agnelli e la società bianconera è molto più che una coincidenza. Risale infatti al 1923 l’investimento da parte di Edoardo Agnelli, col quale venne avviato il sodalizio fra la famiglia (e la Fiat) e la società bianconera. E si giunge al 2023 con l’evanescenza degli Elkann, dopo che l’ultimo Agnelli è uscito di scena nel modo più inglorioso.

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Maurizio Arrivabene, Andrea Agnelli, Federico Cherubini e Pavel Nedved. (Getty Images)

La Juventus e gli Agnelli erano l’ultima anomalia nel calcio

In mezzo a questo guado si ritrovano una società e una squadra che devono ancora capire cosa ne sarà di loro, quali possano essere gli obiettivi realistici a breve e medio termine, e soprattutto quanto dovrà durare l’indispensabile processo di ricostruzione. La sola cosa certa è che in questo anno del centenario una storia si chiuda definitivamente: quella del capitalismo familiare nel calcio italiano. Rispetto alla quale il legame fra la Juventus e gli Agnelli ha rappresentato in questo scorcio di XXI secolo una persistenza del tutto anomala. Fatale che questa vicenda dovesse concludersi, prima o poi. È il modo che offende.

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Murale contro Andrea Agnelli e la Superlega. (Getty Images)

Tutto è crollato con lo scatto di hybris che portò all’acquisto di Ronaldo

Il tema è fondamentale e richiederebbe anche di essere affrontato rapidamente. La Juventus non è una società qualsiasi nel calcio italiano e europeo, è sempre stata un esempio di organizzazione e programmazione. E rispetto a questo dato di fatto non si può certo cambiare idea in seguito alla lettura delle intercettazioni contenute nella documentazione probatoria raccolta dalla Procura della Repubblica di Torino nel quadro dell’inchiesta Prisma. Una documentazione dalla quale emergono metodi sconcertanti in materia di decisione della spesa (con particolare riferimento al mercato dei trasferimenti di calciatori) e ben descrive il caos crescente che ha dominato la società dopo lo scatto di hybris che portò Andrea Agnelli a acquisire Cristiano Ronaldo nell’estate 2018. Ma che è lo specchio di una parentesi di follia rispetto a una tradizione gestionale che storicamente i club del calcio italiano hanno assunto come rifermento.

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Cristiano Ronaldo. (Getty Images)

L’emergenza del presente come alibi: ma chi pensa al futuro?

Di quella tradizione, per il momento, non si vede traccia. E certo, la cosa trova una giustificazione nello stato di piena emergenza che la società bianconera affronta da mesi, sommersa dalle inchieste penali e sportive e con un ex consiglio di amministrazione costretto all’auto-ghigliottina pur di evitare il peggio. Ma c’è il rischio che questa situazione di stasi si strutturi e si trasformi in un alibi, utile a programmare sul corto respiro. In questa fase la Juventus è retta da una squadra di avvocato e commercialisti, un cda “di guerra” cui tocca affrontare la stagione dei tribunali. La parte sportiva è affidata a Francesco Calvo, il cui ritorno nei ranghi della società bianconera è stato il più brutale segno di discontinuità inviato a Andrea Agnelli (è, tra le altre cose, l’uomo a cui l’ex presidente ha “soffiato” la compagna), e che dopo essersi occupato di finanza sta disimpegnando non male in un’altra area. Il sempre più probabile arrivo di Cristiano Giuntoli, direttore sportivo del Napoli, sarebbe anche un netto segnale di ricostruzione. Senza che però venga risolto l’interrogativo di fondo: al di là della gestione dell’esistente e della visione di brevissimo periodo, quali sono le intenzioni della proprietà sulla Juventus? E soprattutto: c’è ancora una proprietà che abbia intenzione di portare avanti un progetto di sviluppo sportivo?

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Cristiano Giuntoli, direttore sportivo del Napoli. (Getty)

Allegri, un fallimento da 7 milioni di euro netti l’anno

In tutto ciò rimane da risolvere la questione di colui che in questi mesi si è ritrovato a gestire la situazione assumendosi una leadership dai contenuti esorbitanti rispetto al ruolo: il tecnico Massimiliano Allegri. Che sin dal momento del suo ritorno è stato la figura più divisiva del mondo juventino. Già nelle annate degli scudetti in serie il suo pragmatismo nello stile di gioco era poco tollerato da buona parte della tifoseria bianconera. Con lo svanire dei risultati sportivi dopo il ritorno in panchina dell’estate 2021, il dissenso s’è allargato a dismisura. Ma ciò non è bastato a rimettere in discussione la sua panchina, soprattutto in ragione di un pesante contratto: 7 milioni di euro netti all’anno fino al 30 giugno 2025.

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Massimiliano Allegri. (Getty)

Chi dice agli azionisti che potrebbe diventare un disoccupato d’oro?

Nella fase più dura della stagione, quella successiva alla penalizzazione da 15 punti comminata a gennaio 2023, il pragmatismo di Allegri è stato una risorsa per far collezionare risultati alla squadra e tenerne su il morale. Inoltre i vasti problemi con cui la società bianconera si è dovuta confrontare sono stati un salvacondotto per l’allenatore, che dal punto di vista dei dirigenti era uno degli impicci di minore portata. Ma gli ultimi esiti del campo, con le eliminazioni in semifinale da Coppa Italia ed Europa League, uniti allo scadimento ulteriore di gioco, hanno rimesso in discussione una posizione che sembrava inattaccabile. L’allenatore livornese torna a essere in bilico, ma chi decide? E chi spiega agli azionisti che c’è il rischio di pagargli due anni da disoccupato d’oro, facendo l’indesiderato bis del 2019-21? Perseverare sarebbe diabolico e davanti a una prospettiva del genere servirebbe più che mai un’indicazione dalla proprietà. Ossia dalla famiglia o da ciò che ne resta. Appunto. Allegri stia sereno. Comunque vada lui stravince sicuro.