Non Mollaei mai

Giovanni Sofia
29/07/2021

Il judoka nato in Iran al mondiale del 2019 fu costretto a perdere un incontro per non affrontare l'israeliano Muki. Medaglia d'argento a Tokyo nel dopogara ha dedicato il successo alla comunità ebraica.

Non Mollaei mai

La sua rivincita se l’è presa a distanza di due anni. Avvolto nella bandiera della Mongolia, con la medaglia d’argento al collo, ha ringraziato in diretta tv lo stato d’Israele per il supporto ricevuto nel momento più difficile della carriera. Saeid Mollaei, secondo classificato nella categoria 81 chilogrammi, sul tatami di Tokyo si è piegato soltanto al giapponese padrone di casa Takanori Nagase. Nato a Teheran, Iran, classe 1992, il judoka nel 2019 fu costretto dal governo a perdere la semifinale mondiale per evitare di affrontare l’israeliano Sagi Muki. Un copione sempre più frequente e ripetutosi anche ai Giochi in corso, dove ad alzare bandiera bianca sono stati prima l’algerino Fethi Nourine, poi il sudanese sudanese Mohamed Abdalrasool. Su entrambi, ritiratisi dalla categoria 73 chilogrammi per non affrontare Tohar Butbul, è in corso un’indagine del Cio. «Se registreremo clamorose violazioni della carta olimpica agiremo di conseguenza», ha dichiarato James Macleod direttore per le questioni di solidarietà del comitato olimpico internazionale. «L’organizzazione è stata chiara sui principi di non discriminazione e sulla necessità di garantire l’autonomia degli atleti. Si tratta di situazioni rispetto. Non ci tireremo indietro e adotteremo una posizione rigorosa».

Mollaei, nel 2019 costretto ad abbandonare la semifinale mondiale

Anche Mollaei, ai mondiali del 2019, non piegò passivamente la testa. Per questo di fronte all’inziale rifiuto del boicottaggio le pressioni crebbero al punto di minacciare l’invio di funzionari statali a casa dei genitori. Fu proprio la paura di mettere a rischio l’incolumità dei propri cari a convincerlo a desistere. Mollaei perse la semifinale contro il belga Mathias Casse, ma fu l’ultimo match combattuto per l’Iran. Da quell’episodio seguiranno il trasferimento in Germania, la partecipazione a diverse competizioni con la squadra dei rifugiati e, infine, la decisione di prendere la cittadinanza mongola. Alla scelta farà seguito la resurrezione sportiva e la nascita di una solida amicizia con l’israeliano Muki, oggi primo tifoso del vecchio rivale. «Sono super felice per lui. So cosa ha passato e quanto ci tenesse. Sono contento sia riuscito a realizzare un sogno. Il suo esempio è incredibilmente stimolante».

Il rapporto di Mollaei con lo Stato di Israele

Un affiatamento specchio del rapporto che Mollaei ha con l’intera comunità ebraica. Non è un caso che, conquistato l’argento, abbia rivolto al Paese un messaggio accorato: «Grazie per l’energia trasmessa. Questa medaglia è anche per Israele, spero siano contenti». Quindi il saluto, scandito dall’espressione ebraica «Todah» (Grazie). Lì, d’altronde, Mollaei è praticamente una star, merito della scelta di partecipare, lo scorso febbraio al Grand Slam di Tel Aviv. «Con me sono stati tutti gentili. Non lo dimenticherò mai», disse Mollaei nell’occasione, ribadendo implicitamente una distanza ormai siderale con l’Iran. Un distacco non privo di strascichi. Teheran, infatti, continua a pagare il conto per le pressioni esercitate sull’atleta e in seguito all’episodio del 2019 sconta una squalifica di quattro anni che impedisce ai judoka iraniani di prendere parte a qualsiasi competizione internazionale.

La vita di Mollaei, il suo coraggio e l’amicizia con Sagi Muki invece, diventeranno presto una serie tv, prodotta dalla casa di produzione Mgm/Ua e dalla compagnia israeliana Tadmor Entertainment. Ennesima testimonianza di barriere abbattute attraverso il potere aggregante dello sport.